In metropolitana
Agosto 17, 2006 in il Traspiratore da Barbara Novarese
Cosa mancava a Torino perché si potesse sentire una vera metropoli?
Una metropolitana, è ovvio.
Adesso c’è.
Dopo anni di polemiche, chiacchiere e pettegolezzi, la fiamma olimpionica ha illuminato la via che conduce questa città verso il futuro.
Attualmente è stata costruita soltanto una linea, ma ne seguiranno altre… due, forse tre. Finalmente cesseranno le interminabili attese davanti alla palina degli autobus. Finalmente ci sarà più spazio per sedersi e, nelle ore di punta, smetteremo di sentirci sardine.
La nostra vita, in un certo senso, sta cambiando…
Si sente il ruggito del treno che rimbomba nelle gallerie sotterranee, come un drago pronto ad uscire dal suo nascondiglio.
Passa ogni 3 minuti: è consueto sentirlo.
Una ragazza, con la valigia, si dirige verso la banchina.
E’ seguita da un’anziana signora, con due enormi borse della spesa, e da un ragazzino con lo zaino in spalle.
La ragazza sale.
L’anziana signora ed il ragazzino, anche.
Dietro di loro, un giovane dall’aria professionale, con una cartella di “The Bridge®” e la tracolla del pc portatile, scende le scale della stazione a tutta velocità, rischiando di inciampare durante la sua folle e spericolata corsa. Le porte si chiudono davanti a lui. Il metro parte. Lui borbotta qualcosa con espressione infastidita e pensa tra sè: “Tutta colpa del semaforo”. Poi incomincia a passeggiare nervosamente.
Il display indica: attesa minuti 4.
Quattro lunghissimi minuti. 240 secondi d’eternità. Un’attesa estenuante…
Arriva un signore, guarda il display: attesa minuti 3 ½.
Sbuffa: “E’ appena passato”.
Si guarda intorno e vede il giovane che passeggia impaziente. “Poveretto, lui non l’avrà preso per un soffio”.
Attesa minuti 3.
Il signore si siede e sfoglia il quotidiano che porta con sé dalla mattina.
Dalle scale, il rumore di tacchi richiama l’attenzione del giovane. Una ragazza, con il cappotto verde mela, raggiunge le panche e siede accanto al signore. Attesa 2 ½.
“E’ parecchio che aspetta?”
“Abbastanza” risponde lui.
Il giovane sta diventando nervoso. Guarda l’orologio appeso alla parete. Fa un giro su stesso, poi scruta l’orologio che porta sul polso: una differenza di 2 minuti. “Quale sarà il più preciso?”
Attesa minuti 1.
Giungono altre persone. Alcune hanno un ombrello.
“Quel maledetto semaforo…” pensa il giovane “si è messo anche a piovere”.
Si sente il ruggito del treno.
Arriva il treno.
Il giovane sale.
Nella carrozza c’è un solo posto libero, lo occupa la ragazza: “Il treno precedente era vuoto, avrei potuto sedermi”.
Si libera un altro posto, accanto ad una donna con alcuni sacchetti della spesa. Il giovane vorrebbe sedersi, ma la borsa con la verdura sovrasta il passaggio. “Hanno tempo tutto il giorno per andare al supermercato; proprio l’ora di punta devono scegliere?”
La donna ha lavorato tutta la notte. E’ rientrata verso le 7. Ha svegliato marito e figli e preparato la colazione. Si è sdraiata sul letto per dormire un po’. Ha sistemato le camere dei bambini. E’ uscita a fare la spesa. E’ troppo stanca per notare che i suoi sacchetti intralciano il giovane appena uscito dall’ufficio.
Si libera un altro posto.
Il giovane, finalmente, riesce a sedersi. Posa la cartella sul pavimento e tiene la tracolla sulle ginocchia.
Un attimo di riflessione, poi i dubbi svaniscono: è una questione di priorità. Sul pc sono salvati documenti fondamentali… la cartella, che gli ha regalato la fidanzata l’anno scorso, è certamente meno importante lei capirebbe.
Il treno si ferma.
Sale un uomo anziano sorretto dal bastone.
Il giovane è infastidito: “No, mi sono appena seduto”. Con indifferenza fruga nelle tasche, fingendo di cercare qualcosa.
Si alza, con un sorriso, la signora con la spesa.
Il vecchietto ringrazia più volte.
Alla fermata successiva, il giovane scende.
di B. Novarese