In 172.400 al Salone del Gusto di Torino 2006
Novembre 3, 2006 in Enogastronomia da Pierluigi Capra
L’edizione 2006 del Salone del Gusto, che si è svolta al Lingotto dal 26 al 30 ottobre, era all’insegna dei concetti-chiave di “buono, pulito e giusto” le parole con le quali si declina il concetto di “qualità” alimentare. Nelle intenzioni degli organizzatori la più mirabile sintesi tra il piacere della buona tavola (buono), la tutela della natura (pulito) e il commercio equo e solidale con il Terzo Mondo (giusto).
In effetti in queste parole, volendo allargare il campo, ci troviamo tutto.
L’amore per la genuinità, la considerazione per la tradizione gastronomica, l’attenzione per i processi produttivi, il rispetto per la biodiversità, la salvaguardia dell’equilibrio del pianeta, l’uso attento delle risorse della terra, la garanzia di condizioni di lavoro almeno decenti per uomini e animali.
Nato nel 1996 il Salone del Gusto si denominò Arca del Gusto, per poi diventare bandiera della Biodiversità nel 1998, intitolato ai Presìdi nel 2000, allarga il proprio orizzonte occupandosi di Presìdi internazionali e consapevolezza del consumatore nel 2002, mette l’accento invece sulle Comunità del Cibo nell’edizione di due anni fa. Torino e il suo territorio, infatti, hanno un legame strettissimo con il cibo, soprattutto con il buon cibo… basti pensare al cioccolato, ai grissini, ai tanti mercati alimentari, alla gastronomia torinese di eccellenza, ai suoi caffè storici…
Per noi torinesi il cibo è anche un fatto culturale siamo particolarmente gelosi delle nostre identità culturali legate alle tradizioni alimentari e gastronomiche, non per nulla Slow Food, l’associazione che coinvolge 40.000 persone in Italia e 80.000 nel mondo in 130 Paesi dei cinque continenti nata nel 1986 come risposta al dilagare del fast food e alla frenesia della vita veloce, è nata per iniziativa del piemontese Carlin Petrini e una Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, nata nel 2003 con l’obiettivo di creare un centro di formazione, ricerca e mantenimento della biodiversità, unica nel suo genere nel panorama mondiale, ha sede a Pollenzo in provincia di Cuneo.
Aggiungiamo ancora che in Piemonte le imprese artigiane alimentari che fino ad oggi hanno ottenuto il riconoscimento di Eccellenza (da parte di commissioni di esperti e rappresentanti delle organizzazioni di categoria) sono ben 590 distribuite in 8 settori. Sono 193 di pasticceria e gelato, 192 di pane, grissini, focacce e pizza, più altre nei settori del cioccolato caramelle e torrone, della pasta fresca, dei prodotti sottovetro, degli insaccati, dei distillati, liquori e prodotti di torrefazione. Il Piemonte vanta poi un patrimonio di oltre 120.000 aziende agricole, ricco, vario e complesso, con produzioni di qualità da difendere e da valorizzare di fronte al mondo.
Non è forse il New York Time che qualche settimana fa ha pubblicato la tesi del critico gastronomico Frank Bruni secondo cui i migliori cibi italiani e quelli più graditi dagli americani si trovano sulla tavola della Regione Piemonte che ha spodestato l’Emilia Romagna? Sarà l’effetto olimpico che si fa sentire?
Certo è che, come in occasione delle recenti Olimpiadi invernali, Torino ha dimostrato anche nel corso di questa manifestazione, solida tradizione di ospitalità, buona capacità di accoglienza e di organizzazione, grande abilità nell’evidenziare la nostra gastronomia oggi indiscutibilmente in crescita sul territorio. Un settore a cui il Salone del Gusto ha dato immagine, sostanza e vitalità.
Erano presenti quasi 300 Presìdi Slow Food, organizzati in cinque gruppi: uno per ogni continente.
C’erano i produttori in rappresentanza di tutto il pianeta, sono arrivati dagli angoli più sperduti del mondo per raccontare la loro storia e per far conoscere i loro prodotti.
Per cinque giorni in un unico luogo fisico, abbiamo letto la mappa della terra attraverso il cibo, abbiamo apprezzato le diversità gastronomiche in un clima cordiale, vivace, colorato e festoso. Abbiamo visto metaforicamente riunita la più grande “multinazionale del cibo” del mondo, una specie di no-global della tavola imbandita. “Una rete, costituita da uomini e donne, afferma Petrini, convinti del fatto che il riconoscimento del diritto al piacere passa attraverso un cibo più buono, ma anche più equo e sostenibile”.
Li abbiamo incontrati, abbiamo avuto modo di dialogare con loro in una babele i lingue e di gusti incredibile, abbiamo assaggiato e acquistato i loro prodotti: dalla bottarga della Mauritania al riso rosso del Madagascar, dalle patate colorate del Perù al cacao del Venezuela, dalla frutta secca
del Brasile al mandarino del Montenegro, dal riso affumicato del Minesota al formaggio tibetano, dallo stoccafisso norvegese al vino di Chiomonte, dal salume di capra di Cipro alla cipolla bionda di Andezeno, dal pecorino portoghese alle susine bianche di Monreale, dal tè del Quebec ai tortellini di Modena.
Elencare tutti i prodotti che c’erano è impossibile, ma rimanere entusiasmati per le varietà presenti è stato fatale.
Con questo Salone, abbiamo avuto la conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, che la gastronomia è una vera e propria scienza, multidisciplinare e complessa che, muovendo dalla necessità di nutrirsi delle persone, ha implicazioni in agricoltura, nelle politiche economiche, sociali e ambientali. Di essa ci si dovrà occupare sempre di più anche a livello politico oltre che culturale e sociale. Sarà la sfida del nostro secolo.
La piena coincidenza tra il Salone del Gusto e la seconda edizione di Terra Madre ha dimostrato che il percorso intrapreso da Slow Food è entrato in una dimensione adulta, più matura e consapevole.
Intellettuali della terra e del mare (contadini, pescatori, nomadi) insieme a cuochi ed esponenti delle università del mondo hanno dimostrato ai visitatori la loro volontà di dare maggior dignità e più ampio respiro al dibattito sul cibo e sulla mancanza di cibo per troppe persone (854 milioni
di individui secondo l’ultimo Rapporto FAO) che soffrono ancora la fame nel mondo.
Nei giorni del Salone si è arricchita la comunicazione e si è favorito l’interscambio. E tutto questo è avvenuto a Torino. Non è straordinario?
Anche sul piano quantitativo è stato un trionfo di cui ne gode per primo l’estroverso Carlo Petrini (considerato dall’autorevole Time uno dei 27 Eroi europei). Sono stati infatti 172.400 i visitatori al Salone del Lingotto che ha rischiato l’esplosione (contro i 140.000 della passata edizione del 2004) e se si tiene conto che il biglietto d’ingresso costava 20 Euro, non è poco!
Speriamo che le Presidente della nostra regione, Mercedes Bresso mantenga le promesse. Ha infatti dichiarato: “Per la prossima edizione tra due anni, allargheremo gli spazi, allestiremo un padiglione in più, intensificheremo i rapporti tra istituzioni e produttori invogliandoli a partecipare sempre più numerosi…”.
Si parla tanto di flessione della produzione industriale! Allora troviamo delle alternative, pensiamo in grande, tentiamo di intraprendere strade meno battute e più innovative. Chissà che anche il settore enogastronomico, ricco di attrattive e di valori, non diventi un fattore di crescita economica e di promozione turistica per il nostro territorio che, da quando sono cresciute le aspettative, ne ha maledettamente bisogno.
di Pierluigi Capra