Il Grinzane XXVII a Mari e Atxaga
Giugno 16, 2008 in Attualità da Stefano Mola
Il vento tira sulle colline, fa fresco, qualche nuvola, forse il grigio riempirà tutto. Uomini e donne sciamano e riempiono l’aria di chiacchiericcio, come api. Poi si fa finalmente silenzio e sullo schermo alle spalle del presidente del Premio Grinzane Cavour, Giuliano Soria, compare Sean Connery. Scivolano sequenze di Sognando Forrester. Sean Connery, il vecchio e scontroso scrittore, ammassa furiosamente parole, con la voce e sui tasti della macchina da scrivere, sotto lo sguardo allibito di Rob Brown, il giovane talentuoso che sogna a sua volta di diventare scrittore.
Così, all’insegna del contatto tra le generazioni (che una delle mille cose che i libri fanno, ovvero metterci a contatto con chi è vissuto anni e anni prima di noi) si è aperta la cerimonia di premiazione della XVII edizione del Premio Grinzane Cavour. Poi è iniziata la musica, fisarmonica e sax, quelli di Luca Zanetti e Diego Mascherpa, e sopra la musica le voci di Marina Tagliaferri e Massimo Cinque hanno letto parole di Hornby, Hemingway, Oz, Naipaul, Eugenides, Pavese.
Giuliano Soria nel suo intervento iniziale ha rivendicato l’importanza della letteratura in un momento, come quello attuale, in cui domina la paura. E mettersi per un attimo nelle scarpe di un altro, come facciamo ogni volta che leggiamo un libro, aiuta a tenere i nostri occhi aperti all’integrazione, all’altro. Un esempio concreto la stretta di mano tra il presidente della giuria, il marocchino Tahar Ben Jelloun e l’israeliano Aaron Appelfeld, premio Dialogo tra i continenti.
Molte le personalità presenti, a cominciare dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali Sandro Bondi, per continuare con il Sindaco di Torino Sergio Chiamparino, la Presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso, il Sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto. Impossibile citarli tutti: come ha sottolineato la Bresso, le presenze e gli sponsor del Grinzane sono così numerosi che i premianti salivano sul palco a grappoli (e questo ci sembra comunque un segno importante di attenzione).
La cerimonia è stata presentata da una Livia Azzariti in abito lungo nero con spalle scoperte. Una performance la sua meno convincente rispetto allo scorso anno: talora ha dato la sensazione di non aver ben chiaro di che cosa parlassero i libri premiati. Decisamente fuori luogo due sue domande. La prima allo scrittore americano Don De Lillo, Premio Internazionale Una vita per la letteratura, cui ha chiesto un parere sulle prossime elezioni americane. De Lillo se l’è cavata egregiamente rispondendo: non sarò il prossimo presidente degli USA. Ad Appelfeld ha invece posto un quesito semplice semplice: è vicina la pace tra gli israeliani e i palestinesi? Diffusi mormorii in platea.
Ma veniamo infine ai supervincitori. Le giurie scolastiche hanno decretato un trionfo della casa editrice Einaudi. Nella sezione narrativa italiana, superpremio per Michele Mari, per Verderame, davanti a Elisabetta Rasy e Serena Vitale. Nella seziona narrativa straniera, al primo posto il basco Bernardo Atxaga con Il libro di mio fratello (a mio giudizio senz’altro il miglior libro tra i sei finalisti di quest’anno) che ha superato Ljudmila Ulickaja e Ingo Schulze.
Rinfresco e brindisi per tutti, mentre le nuvole lasciavano spazio a uno stupendo tramonto sulle colline.
di Stefano Mola