Il gambero nero
Novembre 21, 2006 in Libri da Gustare da Claris
Titolo: | Il gambero nero |
Autore: | Davide Dutto; Michele Marziani |
Casa editrice: | Editore DeriveApprodi |
Prezzo: | 19.00 |
Pagine: | 139 |
Il modo migliore per fare gruppo, da sempre, è mangiare in compagnia, in ogni habitat, al lavoro, a scuola, tra conoscenti e quindi anche… in carcere. Dove la solidarietà tra compagni, il mutuo soccorso sono fondamentali per poter resistere in un ambiente generalmente difficile, pieno di dubbi e incertezze in chi lo vive.
Ora, è ovvio che in ogni carcere esiste la mensa, per il pranzo e la cena, con i suoi cibi freschi o precotti, con la standardizzazione e la poca fantasia che una mensa (di scuola, ospedale o carcere) generalmente ha. Per sentirsi attivi (in un mondo dove il tempo scorre lentissimo) ed anche per avvicinarsi almeno mentalmente all’ambiente famigliare, ai detenuti è però concesso di cucinare. Ovviamente con mezzi (fornellini portatili a valanga…) e cibi (niente alcool, tutti alimenti non costosi) di fortuna. In tanti si sono occupati dei lavori in carcere, del tempo libero (recital teatrali e spettacoli vari), ma forse nessuno prima di Michele Marziano e Davide Dutto della cucina self made fatta tra le sbarre.
Invece Davide, fotografo, e Michele, giornalista, hanno svolto un lavoro straordinario di documentazione: per un anno sono entrati nel carcere di Fossano (Cn) “a dividere il cibo, a dividere i sapori e i gesti della preparazione quotidiana e rituale del pasto”. Ne è uscito un libro forte e snello, strutturato con un capitolo introduttivo, una collezione di fotografie e un ricettario del carcere.
La parte scritta è molto incisiva. Spiega in breve l’educazione forzata e le regole dei detenuti, regala uno spaccato della vita dietro le sbarre e del modo di trascorrere le giornate in attesa della cena preparata da sé, per sé e per i propri compagni di cella. Spiega come sia importante il cibo per sentirsi legati al proprio mondo, ed ecco che quindi nelle ricette troveremo piatti magrebini, cinesi, sud-amercani, serbi e croati, a seconda della provenienza dei cuochi. Vengono raccontati i problemi d non trovare o di non poter avere gli ingredienti giusti (tanta margarina, ma poco burro) e i piacere di poter offrire qualcosa fatto con le proprie mani…
La parte fotografica, in bianco-nero, rende molto bene l’essenza di una vita, quella carceraria, con pochissime occasioni di colore, dove, anzi, la fotografia, è una delle arti più bramate, nel senso che essere fotografati, per poter mandare ai parenti una propria immagine, è uno dei desideri più comuni e diffusi tra i reclusi.
E così vediamo la pizza squisita di Ciro, i coltelli di fortuna, il momento di buttare la pasta, le pentole avute come stecca, le braccia “non proprio da massaia”, Bruno all’opera con la sua pasta al forno calabrese ottenuta con la preziosa carta stagnola, Ruiz e Alvarado per il tocco latino, il risotto alle seppie di Raffaele e la pasta alla Carrettera di Pino, Aziz e il cous-cous. Ed infine, il rito, immancabile, del caffè.
Fotografie e ricette “galeotte” documentano la fantasia spesa nell’inventarsi cuochi in un posto che non può essere amato. “Il gambero nero – Ricette dal carcere” è la prova della capacità di inventare, del desiderio di mangiare ingredienti e cibi di casa, magari col basilico e la salvia coltivati sui davanzali delle celle… Davide, “secondino” durante il servizio militare, e Michele, giornalista molto impegnato sul sociale, si sono interessati di carcere e di carcerati in modo originale e attento, portandoci alla scoperta di uno spaccato di vita intimo e non facile da rappresentarsi e tanto meno da desiderare!
di Claris