Il cinema e le donne

Gennaio 7, 2005 in il Traspiratore da Redazione

Un lungo sabato davanti, tra i primi uggiosi della stagione, per cui:

a) impossibile recarsi al mare come abbiamo fatto finora io e Stefania, ma

b) non ancora pronte a rinchiudersi in casa per cene tra amici, quindi,

c) come sta meditando Simona, serve qualcosa per scrollarsi questa tristezza di transizione dell’autunno.

L’innesco viene gentilmente fornito da un opuscolo trovato nella sala d’aspetto di una dottoressa e da due amiche di Simona, compagne di scuola alla Holden, che intendono recarsi al Festival Internazionale “Cinema delle Donne”, presso il Multisala Teatro Nuovo di Torino. Abbiamo sottomano il programma: occhio critico e mente concentrata, siamo lì a sfogliare il calendario degli eventi. Di pellicole ve ne sono tante, le provenienze tra le più diverse, dalla Norvegia al Pakistan, dall’America alla Corea del Nord, ma i temi non sono tutti rose e fiori: infibulazione, violenza domestica, oppressione religiosa, oppressione politica… Ma noi oggi siamo in pausa: stiamo cercando un film d’evasione! Tra tutti, ne scegliamo due che sembrano venirci incontro.

Festival al femminile

Leggerezza, vedete, ma per una volta… premiata! Infatti, grazie a questo compromesso, abbiamo partecipato alla manifestazione e siamo rimaste molto colpite dall’organizzazione (vi erano coinvolte la Regione Piemonte, la Provincia di Torino, molte ambasciate dei Paesi stranieri rappresentati ed un bel numero di Ministeri italiani). Dopo la prima proiezione, inoltre, è stato piacevolissimo accorgersi della consuetudine che in sala intervengano le registe e, talvolta, gli attori, con gran disponibilità alle interviste, dirette o con l’ausilio dell’interprete.

Infine, “last but not least”, siamo rimaste entusiaste dei film stessi! Dal cortometraggio “Buona fortuna, Mr. Gorsky” al film di Trish Dolan, e all’imprevisto finale, la nostra giornata al festival è stata tutta una sorpresa.

Il primo film, “School of seduction”, visto nel pomeriggio (ne trovate un sagace commento su www.traspi.net nella rubrica Egg Head di Simona), ha veramente coinvolto ed entusiasmato tutte noi tre. Siamo uscite nell’aria già grigia e scura della sera ridendo e ripetendo il mantra che ci ha voluto trasferire la regista “Grace, posture and confidence”.

Seduzione per tutte?

Il film, leggero e divertente in superficie -l’idea di aprire a Newcastle (Inghilterra) una scuola di seduzione per le donne che hanno disimparato tale arte- ha toccato però corde delicate. Nel film viene dato grande spazio al supporto e all’aiuto reciproco tra donne, la mancanza dei quali ancora tante volte, per invidia, ci penalizza. Un tema soprattutto mi ha fatto riflettere. Ok, le donne non devono avere paura della loro dimensione seduttiva, devono recuperare la fiducia in loro stesse e non temere di reclamare il loro posto nella società, ma è anche vero che molto spesso, a queste legittime aspirazioni, si oppone una forma molto nera e primitiva di reazione: la violenza.

Anche nel film, in due momenti chiave, si sfiora la discesa nella violenza e nella cronaca di questi tempi non mancano testimonianze a tale riguardo. Che si tratti di donne picchiate a sangue e poi bruciate vive in Africa, colpevoli di volersi scegliere da sole il fidanzato, o degli stupri collettivi in Pakistan per le spose bambine che rifiutano il matrimonio troppo prematuro, o della percentuale di donne che ci rimettono la pelle dopo un divorzio perché il marito tutto sommato non era d’accordo (in Italia il totale di vittime provenienti da omicidi in seguito a divorzi si divide in: donne 40%, bambini nati dal matrimonio spezzato 38%, uomini il restante), il problema è presente in tutto il mondo.

La regista per il Traspi

Nell’intervista concessaci dalla giovanissima regista inglese Sue Heel (interprete la nostra bravissima Simona!), ho pertanto voluto sollevare la questione e mi è piaciuta molto la sua risposta. Ha parlato di “mental control”, ossia del rifiuto netto dei compromessi nel far comprendere il proprio diritto ad esistere e a decidere, davanti al quale, anche il più arrabbiato degli uomini, si arrende. In altre parole, l’affermazione decisa di sé è un messaggio che arriva diretto all’altro e taglia di netto le reazioni, anche brutali, che possono insorgere. Spesso, purtroppo, questa sicurezza di sé viene raggiunta solo in parte, presenta bordi sfumati ed offre appiglio ai malintesi.

Infatti, le donne troppo abituate a sentirsi “cattive” o “strane”, quando accettano di ribellarsi alle ingiustizie nei loro confronti, solo impropriamente raggiungono questo “control”, soprattutto se completamente soggiogate a morali che arrivano addirittura a minorazioni fisiche per renderle degne di partecipare alla vita sociale o se influenzate dall’idea che è un delitto amare il proprio lavoro e desiderare di imporsi nella carriera, perché “così si rovinano le famiglie”, così come essere troppo importanti nella coppia, “perché poi gli uomini hanno paura di loro”.

Abbiamo imparato la parte?

Ringraziamo la regista (sembra proprio una nostra coetanea!) non prima di farci spiegare che ci ha messo ben sette anni a trovare i finanziamenti per il film, “perché mi vedevano con top, magliettine colorate e con il lucidalabbra e non credevano potessi essere una buona regista”, ed è ora di pensare al nostro stomaco, che per l’entusiasmo ha preso a gorgogliare anche lui. Stefania scova un cinese nei paraggi e ci concediamo una gustosa pausa.

Metto subito in pratica le lezioni del film quando, presa dall’urgenza, sbaglio completamente la strada per le toilette: il ritorno sui miei passi viene fatto con molta grazia, aria indifferente e spalle ben dritte… Il nostro vicino di tavola, un signore magrolino dall’aria piuttosto attempata, che all’inizio ha guardato con grande favore l’arrivo di tre belle ragazze, dopo un dieci minuti di nostri commenti sul film, non fosse per il vitello alla piastra appena arrivatogli, cambierebbe volentieri posto e ha l’aria spaventata di chi sta pensando “Aiuto! Le streghe son tornate!”. Tuttavia, riesce a mantenere un contegno ed alla fine, si direbbe, pare quasi interessato. Quando paghiamo il conto, osservo invece la graziosa cassiera cinese, sorridente e serena, e penso che, per fortuna, qualche cambiamento c’è stato anche da loro e le donne possono stare su due piedi normali e non fasciati.

Film, film, ancora film

Ed eccoci di ritorno al cinema, questa volta pienamente consapevoli e presenti, per il film scelto per la serata: “April’s shower”. Adesso la platea è piena: entriamo quatte quatte perché stanno finendo di proiettare “Flamingo”, un film svedese, girato molto bene, sulla scoperta dell’omosessualità da parte di una giovane donna.

Noto con sollievo che nella platea non vi sono solo donne. Credo infatti che il rischio più grosso in cui incorrono le rassegne tematiche sia proprio di mettere in evidenza un solo aspetto della realtà, col pericolo di attirare il solo tipo di pubblico coinvolto dalla problematica stessa, mancando così di portare all’attenzione generale lo studio e le novità prodotte. Questo festival, invece, mi pare molto equilibrato: i film, anche se visti dall’ottica femminile, toccano i temi più diversi, ridendo, piangendo, infervorandosi, abbandonandosi. E direi che quello scelto per la serata ne è un buon esempio.

April’s shower

Anche qui il tema di partenza è lieve: un addio al nubilato, cui partecipano per tradizione solo donne… ed i loro amici gay. Sono persone di ceto medio-alto, una bella villa in California, ma… sorpresa! Si scopre che la futura sposina, April per l’appunto, ha avuto una storia di cinque anni con l’amica del cuore che ora ospita la festa, Alex, e l’ha poi lasciata per abbracciare un matrimonio più