Iggy & The Stooges
Ottobre 3, 2004 in Musica da Redazione
Iggy, l’iguana. Brutto, sporco, e cattivo. Un ca@@o di junkie, che ha passato più di metà della sua vita a bucare e sniffare, tra ero, coca, e tutto quello che riusciva a trovare.
Un demente, che per attirare l’attenzione non trovava niente di meglio che tuffarsi sul pubblico a petto nudo con il corpo spalmato di burro di noccioline, e ferirsi a sangue con bottiglie, cocci di vetro, o direttamente con un coltello.
Cantante mediocre, compositore pessimo. Pure qualunquista: mentre gli MC5 cantavano di rivoluzione, lui cantava testi del tipo “beh, è il 1969, ok, in tutti gli USA; un altro anno per me e per te, un altro anno con niente da fare” oppure “penetratemi, penetratemi, così bello così bene, sono eccitato, sono eccitato, penetrazione, penetrazione”. Il suo inno? “Voglio solo essere il tuo cane”.
Iggy, che da trentacinque anni non fa altro che portare in giro la sua minestra riscaldata. Iggy, che arriva al concerto in limousine, e possiede due Rolls Royce, ma che è uscito dalla povertà più nera solo da quando le sue canzoni sono state inserite nella colonna sonora di Trainspotting. Chi se lo filava, prima?
Iggy… nato James Osterberg (Pfui!! Hai voglia di gettarti sul pubblico… bastasse questo, a far diventare famoso uno con un nome così). Inizia nella Detroit del 1967, Motor City, città industriale, operaia, in cui si fanno notare gli MC5, durissimi, cattivissimi, che cantano la famosissima “Kick out the Jams, motherfuckers” inventando di fatto il punk e il metal nello spazio di una canzone. Iggy invece cerca di farsi notare con la sua band, gli “Stooges”. In comune con gli MC5 i suoni durissimi, la grandissima energia, il gran numero di concerti, ma tutti solo nei dintorni di Detroit.
Nel 1969 esce il loro primo album, “1969” (che fantasia!!), che attira l’attenzione di una parte della critica, soprattutto grazie alla produzione di John Cale dei Velvet Underground, ma che non vende una beata cippa. Stessa sorte per il lavoro successivo, “Fun House” (1970).
Le canzoni? Tutte uguali; Ron Asheton si inventa un riff alla chitarra, massimo quattro accordi compreso il ritornello, basso (Dave Alexander) e batteria (John Asheton) picchiano come fabbri, e Iggy che urlacchia qualcosa nel microfono, spesso senza avere una melodia che non sia quella del riff.
Dopo due anni di concerti, salti tra il pubblico, sangue, sputi, ferite, e soprattutto eroina, gli Stooges si sciolgono.
E qui avviene il primo miracolo: un fighettino inglese, bisessuale (sua la famosa frase: io e mia moglie ci siamo conosciuti perché andavamo a letto con lo stesso ragazzo), re del pop e della musica per teenagers, tale David Jones, noto ai più con il nome d’arte di David Bowie, vola in America. Vuole conoscere quel perdente nato di Iggy Pop, la cui energia animalesca sembra affascinare parecchio il reuccio, a quel tempo in cima alle classifiche di tutto il mondo con “The rise and fall of Ziggy Stardust & the Spiders from Mars”. Bowie ha una idea: è convinto che a Londra ci sia spazio per Iggy, e vuole costruirgli una band con tre musicisti inglesi.
Ovviamente, Iggy fa di testa sua: prende i soldi dell’anticipo del contratto, comincia a lavorare con un nuovo chitarrista, James Williamson, ma poco dopo richiama i fratelli Asheton. Il chitarrista c’è già, per cui Ron Asheton passa al basso, che sa suonare forse ancora meno della chitarra. I quattro volano in Inghilterra, dove incidono il terzo lavoro degli Stooges, “Raw Power” (1973). La casa discografica non è per nulla contenta del materiale fornito dalla band, e Bowie in persona viene chiamato a remixare, cercando di sgrezzare il tutto. Risultato: un disco che vende zero, e che non piace nemmeno a quei pochi fans che avevano apprezzato i primi due lavori. La Band si scoglie.
Iggy continua la sua full immersion nelle droghe, ma David Bowie non accetta il fallimento, e tre anni dopo ci riprova. Scrive e produce per l’iguana due album nello spazio di pochi mesi: sono “Lust for Life” e “The Idiot”. E’ ormai il 1977, e il punk sta spazzando via in un batter di ciglia una intera generazione di musicisti soporiferi (ELP, Yes, etc etc), creando un suono diretto, duro, con poca tecnica e tanta energia (creando ? beh beh beh…).
Ecco che i critici cominciano a ricordare, ed il pubblico ad apprezzare, l’iguana. Tra l’altro “Lust for Life” è un disco splendido, in cui l’energia di Iggy Pop è incanalata nella giusta direzione, grazie anche al contributo del Duca Bianco David Bowie, che attraversa un momento di grazia straordinario per quanto riguarda l’ispirazione: pochi mesi dopo essere stato oscuro pianista di Iggy Pop in tour, si trasferirà a Berlino dove insieme a Brian Eno e Robert Fripp inciderà il suo capolavoro assoluto, “Heroes”.
Iggy diventa così un eroe in Francia, e da allora per quasi venti anni fa uscire un album dietro l’altro, e gira il mondo suonando, cantando, e continuando a tuffarsi sul pubblico.
L’ispirazione e l’energia sono ovviamente in calando, ma ora tutti lo riconoscono come il Padrino del Punk, e sebbene i suoi dischi continuino a non vendere, i suoi concerti gli permettono di campare. Alla fine degli anni ‘80 giunge anche la disintossicazione dalle droghe…
Il resto è storia recente: Trainspotting lo fa conoscere ai giovanissimi, “Lust for Life” viene inserita nella colonna sonora del fortunatissimo film e in decine di compilation, e il buon Iggy si ritrova improvvisamente ricco. Ricco, ma non domo: MTV lo chiama per cantare agli European Music Awards, e lui apre lo show con una versione di oltre 7 minuti di “Lust for life”, facendo impazzire di gioia i suoi fans, e di rabbia il manager dello show che gli aveva fatto giurare di non superare i 3 minuti e mezzo.
Nel 2003 Iggy chiama i fratelli Asheton a lavorare con lui in studio su quattro brani, e…. ed è subito Stooges!! Viene reclutato Mike Watt al basso, e si parte per un tour americano e poi per uno europeo. Ancora una volta, nessun compromesso: non solo la band non suona nessun successo solista di Iggy Pop, ma addirittura si limita ai primi due album, quelli in cui Ron Asheton suonava la chitarra.
Ed allora tutti a Torino, al Traffic free Festival: si parla di oltre 30.000 spettatori arrivati da tutta Italia. Fa un caldo che più caldo non si può, e l’aspettativa è enorme: sarà un bel concerto, come la reunion dei Velvet Underground, o sarà una vera schifezza come il Filthy Lucre tour dei Sex Pistols?
Eccoli finalmente: Iggy è come sempre seminudo, canta e si dimena come se avesse ancora 20 anni. Io invece ho ormai superato i 40, per cui seguo il concerto da metà prato, saranno trenta metri dal palco. Parte “1969”, ed è una grande esecuzione. Dannazione, non sono abituato a vedere i concerti da così lontano… Il quarto pezzo è inconfondibile: “I wanna be your dog”. Comincia un pogo generale che mi consente, saltando spingendo e sfruttando la mole non indifferente, di arrivare fino a sotto il palco. Non posso credere a quello che sto facendo: sono più di dieci anni, dal mitico concerto dei Ramones al Big, che non pogavo più. E invece eccomi qui, a saltare insieme al pubblico più eterogeneo che abbia mai visto: dai sedicenni punkabbestia ai ventenni new-freak ai trentenni con la fascia in testa ai cinquantenni con gli occhialini. Subito dopo parte “TV Eye”, il pogo si fa più cattivo, e arrivo a “saltare” in seconda fila. Iggy lassù sta facendo il suo solito show: si infila il microfono nei pantaloni, inarca la schiena facendo lo scimmione, si arrampica sugli amplificatori, continua ad urlare “motherfuckers” e “cocksuckers” al pu
bblico, e ci fa saltare e ballare senza sosta. Finita “TV Eye” ahimè, il vostro cronista non ce la fa più, e poco eroicamente arretra di una decina di metri. Iggy invece continua a saltare e ballare ininterrottamente… ma porca putt…!!! Sarà anche stato un junkie per venti anni, ma di sicuro non ha mai lavorato un giorno nella sua vita, e guarda come salta! Mi sa che a fine serata, con calma, dovrò riconsiderare alcune scelte di vita….
Il concerto va avanti, alla grande; Ron Asheton attacca un riff dei Sex Pistols e… ehm ehm, no, in realtà attacca “No Fun”, ma i Sex Pistols la suonavano anche con una altro titolo…. E qui il vostro cronista quasi si commuove: Iggy lascia salire sul palco una ventina di ragazzi, che lo abbracciano, lo stringono, cantano nel microfono insieme a lui, e pogano sul palco senza che nessuno della sicurezza intervenga. E Iggy è completamente padrone dello stage e dei nostri cuori: quante volta ho visto la rockstar di turno tendere le mani al pubblico, salvo tirarsi indietro spaventata appena il pubblico si avvicina. Quante volte ho visto la security ammazzare di botte i ragazzi che erano riusciti a salire sul palco, magari solo per abbracciare il loro idolo. Iggy no: lascia tutti i kids sullo stage, e canta “No Fun” insieme a loro, abbattendo totalmente la distanza che sempre c’è tra il pubblico e la rockstar. Ve lo devo ripetere? Una delle cose più belle che abbia mai vissuto durante un concerto, e li frequento dal 1977…
C’è ancora tempo per “1970”, “Funhouse”, e un bis di “I wanna be your dog”. Poi il concerto finisce; breve, ma di una intensità spaventosa.
Grazie Iggy. Torna pure sulla tua Rolls, ma se ti capita ripassa a trovarci. Ci farà piacere!!!
Discografia consigliata:
“Raw Power”, 1973, versione remixata nel 1997
“Lust for Life” 1977
“New Values” 1979
o per i più pigri “Nude & Rude – The best of Iggy Pop”
Links:
Sito ufficiale di Iggy Pop www.iggypop.com
Sito amatoriale su Iggy Pop http://home.online.no/~egon/iggy.htm
Altro sito amatoriale, francese http://www.iggy-pop.com/
di Mario Bertola