Grazia Deledda al Teatro Erba

Marzo 21, 2008 in Spettacoli da Redazione

Intervista ad Eva Mesturino e Enrico Fasella per lo spettacolo in scena dal 26 al 30 marzo.

Grazia Deledda La poesia, la bellezza di ciò che ci circonda ha emozionato nei secoli, spesso in modi differenti e inaspettati. Lo sguardo di un’artista è talvolta come quello di un testimone, che raccoglie segni sparsi e ne riformula una coerenza, secondo il suo modo di vedere. Qualche volta la distanza fra ciò che ha visto e ciò cha ha espresso è notevole, altre volte è così vicina e sottile che è difficile distinguere fra i due. Sincerità, si potrebbe chiamarla, o fedeltà alla natura, in ogni caso gli esiti non sono sempre quelli che ci possiamo aspettare.

Quando si parla di Grazia Deledda bisogna tenerne conto. La sua capacità di descrivere la Sardegna, di impersonarla, ha diviso le coscienze. O piace o non piace, ma è indubbio che occorre conoscerla. La sua Sardegna non è quella delle calette e dei ristoranti sul mare, non è nemmeno quella della notte che non finisce mai. È invece l’isola del vento, fatta di paesaggi bruciati e immobili, di pietra rossa, di nuraghi che attestano continuamente la presenza degli Antichi, della durezza che è anche quella dei suoi abitanti. Pochi anche i suoni, ripetitivi, ipnotici. Gli stessi suoni che i “cantadores” riprendono nelle loro ballate e che rendono i canti sardi così unici ed esotici.

Ora, il progetto affascinante e coraggioso nelle stesso tempo, del Teatro Erba, di mettere in scena uno spettacolo su Grazia Deledda non può che essere salutato con affetto e riconoscenza. Su testi di Eva Mesturino e per la regia di Enrico Fasella, professionisti di robusto mestiere, la piéce ha lo scopo di restituire quella forte genuinità dell’autrice e della sua isola, che tanti libri hanno ispirato.

Li abbiamo intervistati entrambi pochi giorni prima del lancio dello spettacolo.

E dunque… come è nato il progetto teatrale di Grazia Deledda?

È presto detto. Il progetto teatrale di Grazia Deledda è nato nell’ambito degli incontri con i grandi autori (e con gli autori di oggi) che il Teatro Stabile Privato “Torino Spettacoli” propone al suo pubblico per la rassegna Mezzogiorno a Teatro. L’idea è di proporre in modo informale e piacevole l’opera di alcune grandi voci del teatro e della letteratura, nell’interpretazione degli attori e dei registi di oggi.

Dalla versione solo testuale di Grazia Deledda, l’ultima moda è il Nobel, proposta inizialmente senza allestimento, la rappresentazione è cresciuta, migliorata anche grazie al monitoraggio e al confronto con il pubblico. Così è nata l’omonima nuova produzione, di forte suggestione interdisciplinare, presentata in prima assoluta il 26 marzo.

Perché avete scelto proprio questo personaggio?

La scelta è stata dettata dal grande fascino che suscita un personaggio così contraddittorio nelle opinioni degli studiosi e dei lettori. Una figura letteraria ancora assolutamente da scoprire, senza sovrastrutture critiche ma con un intento di riproposizione “nuda”.

Vi siete ispirati a qualche opera in particolare?

Tra le opere citate: Anime oneste, Cenere, Marianna Sirca, Canne al vento, La chiesa della solitudine, Cosima, Fior di Sardegna…

Lo spettacolo, che non ha intenti esaustivi ma unicamente di suggestione, attinge alla narrativa di Grazia Deledda, proponendo anche le atmosfere della tradizione sarda grazie alla voce di Giuseppe Tiberi, con qualche piacevole sguardo alla cronaca dell’epoca, per esempio, in merito al ritiro del Nobel da parte della Deledda.

La figura di Grazia Deledda, oggi, può insegnare anche un modo diverso di avvicinarsi al successo letterario e artistico. In lei sicuramente non emergeva l’esaltazione interiore, tanto che la sua reazione alla notizia del Nobel fu piuttosto fredda, quasi ironica. Quanta differenza ci può essere con il contesto attuale, laddove si fa di tutto pur di emergere individualmente?

È una figura in effetti molto distante dal clamore dell’affollato panorama paradivistico di oggi… ed è peraltro proposta da un gruppo di attori, la Compagnia Torino Spettacoli, che tende a lavorare in equipe e non punta sul singolo nome dell’interprete. Tutto questo nell’ottica di una resa corale del personaggio e della proposta nel suo insieme.

Rimaniamo per un attimo nel contesto attuale. Quali collegamenti possono esserci fra uno scrittore contemporaneo come Terzani e Grazia Deledda?

Il paragone non è il frutto di una riflessione intellettualistica ma di testi che si sono sovrapposti e integrati, in una autonomia quasi magica: La chiesa della solitudine di Grazia Deledda e Un altro giro di giostra di Tiziano Terzani. Entrambi raccontano il dolore e il percorso della malattia ed entrambi hanno espresso la rinascita e la sintesi di un’esistenza attraverso un libro. Per Grazia è Cosima e per Terzani è La fine è il mio inizio, in cui racconta a suo figlio il “viaggio della vita”.

Enrico Fasella “Canne al vento” è considerata l’opera maggiore della Deledda e, in effetti, contiene una splendida poetica. Da un lato l’instabilità della condizione umana, soggetta all’alea degli eventi (il vento), e dall’altra l’espressione di una società come quella sarda che si fonda su leggi morali immutabili ed eterne. Cosa ne pensate?

Nel rispetto dell’ottica che ha caratterizzato l’intero lavoro di riscoperta della Deledda, senza interventi critici, affidiamo la risposta a un passaggio dello spettacolo in cui Grazia afferma: “Adoro l’arte, e il mio ideale è di sollevare in alto il nome del mio paese così mal conosciuto e denigrato, al di là dei nostri malinconici mari, nelle terre “civili”. E lavoro, lavoro tanto, come un uomo, per la mia Idea, e riuscirò, benché sia una piccola personcina pallida ed umile, che ha però lo spirito grande e ardente come gli oscuri occhi andalusi”.

Grazia Deledda di solito viene ricordata per i suoi romanzi, ma una parte non indifferente è occupata dai suoi studi sulla tradizione popolare barbaricina. In questi studi emerge una Deledda quasi timida nel rivelare gli aspetti culturali della sua terra, come fossero cose di trascurabile importanza, o troppo “barbare” per avere dignità letteraria…

Premesso che la cultura barbaricina, manteneva rigidamente divisi i ruoli tra maschi e femmine nella società agro-pastorale che caratterizzava la vita dei sardi, soprattutto di quelli dell’interno dell’Isola, Grazia ci rivela che “La donna aveva il dominio, per così dire, delle faccende private mentre l’uomo, quando tornava in paese dal pascolo o dalla campagna, gestiva le questioni sociali. Anche io fui educata ai “lavori donneschi”, come cucinare e soprattutto cucire. L’abito da sposa era l’opera grande cui ogni ragazza sarda dedicava mesi ed anni della propria vita! Ma la mia vera vocazione era la scrittura. Se vostro figlio vuole fare lo scrittore o il poeta sconsigliatelo fermamente. Se continua minacciatelo di diseredarlo. Oltre queste prove, se resiste, cominciate a ringraziare Dio di avervi dato un figlio ispirato”.

Quanto fu veramente sarda? In fondo la Deledda visse per lungo tempo a Roma, in ben altro contesto da quello rustico e conservatore del nuorese. La sua capacità di osservare in modo così lucido la sua terra può dipendere da questa distanza che nel frattempo aveva acquisito? Cosa può essersi portata dentro, cosa può avere modificato?

Quando la Sardegna è cantata, nella maggior parte dei casi è già poesia. Quando, poi, a cantarla è una scrittrice che ha potuto descrivere la brezza che passa tra i canneti e i prati, allora è magia…

Nell
e opere di Grazia Deledda si trovano panorami psicologici di intensa forza e di grande profondità, che la collocano tra i più grandi narratori italiani. Amava la Sardegna e tuttavia voleva fuggire da essa: “Il mio più bel sogno è sempre di poter venire a Roma per conoscere un po’ di questo mondo che tutti vogliono farmi credere brutto, mentre a me invece pare bellissimo…

A proposito dell’influenza della componente “Sardegna” nella sua opera, Grazia rivela “Il destino mi ha fatto nascere nel cuore della solitaria Sardegna. Ma anche se fossi nata a Roma o Stoccolma, credo che non avrei cambiato natura e sarei sempre stata quella che sono: un’anima che si appassiona ai problemi della vita e che lucidamente vede gli uomini tali quali sono, pur credendo che potrebbero essere migliori, e che nessun altro, all’infuori di essi medesimi, mette ostacolo all’avvento del regno di Dio sulla terra”.

Grazia Deledda. L’ultima moda è il Nobel

di Eva Mesturino

Una nuova produzione di Torino Spettacoli

Regia: Enrico Fasella.

Con:

Enrico Fasella

Stella Bevilacqua

Giuseppe Tiberi

Mario Acampa

Valentina Battistone

Roberta Belforte

Musiche dal vivo: Enrico Messina

Repliche di GRAZIA DELEDDA : dal 26 al 30 marzo

dal mercoledì al sabato ore 21, domenica ore 16 – al Teatro Erba (Torino, c. Moncalieri 241).

Venerdì 28 marzo ore 10 scolastica (posto unico € 7).

Prezzi biglietti GRAZIA DELEDDA:

Pposto unico € 21 – ridotto (under 26, over 60) € 15

Speciale (abbonati e convenzionati T. Spettacoli) € 11

Informazioni e prenotazioni:

Biglietterie Torino Spettacoli

TEATRO ERBA, c. Moncalieri 241 – tel 011/6615447 – T. GIOIELLO, v. Colombo 31 Torino – tel 011/5805768

TEATRO ALFIERI, P.za Solferino, 4 – tel. 011/562.38.00

www.torinospettacoli.it

di Davide Greco