Gaudì, architetto di Dio

Gennaio 22, 2003 in Medley da Sonia Gallesio

Gaudì […] strappa l’architettura dalla cornice collettiva e la trasforma in un mezzo d’espressione assolutamente personale…

[Edward Lucie-Smith, da Arti visive del XX secolo]

La fantasia di Gaudì […] scaglia materia informe contro la sua struttura, la fa esplodere e ricadere su se stessa, per giacere, bestia immane, nel letto infuocato di lapilli, accecata dai giochi pirotecnici dei castelli incantati sorti dalle ceneri…

[Lara-Vinca Masini, da L’arte del novecento, volume I]

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Il 2002 è stato l’anno di Antoni Gaudì, il più celebre architetto del Modernismo catalano. In ragione del 150° anniversario della sua nascita (25 giugno 1852), negli ultimi dodici mesi, difatti, la città di Barcellona ha celebrato il suo grande maestro per mezzo di una ventina di mostre, svariati convegni, pubblicazioni e cerimonie. Nato a Reus vicino a Tarragona, dal 1873 al 1877 Antoni Gaudì i Cornet frequentò la Scuola Provinciale d’Architettura di Barcellona, città nella quale si trasferì presto. Qui, nel 1878 ottenne il suo primo contratto pubblico, dalla Municipalidad, in merito alla realizzazione dei lampioni di Plaça Reial, situati nel centro storico. La sua arte visionaria e profetica venne influenzata dalle suggestioni del nazionalismo catalano, dall’Arts and Crafts di William Morris, dai preraffaelliti inglesi e, in parte, anche dalla produzione moresca. Ma soprattutto, come dimostrano i suoi primi lavori, dalla concezione dello stile gotico di Eugène-Emmanuel Viollet-le-Duc (1814-1879), architetto e teorico francese che fu insegnante anche del belga Victor Horta. Lavorando per ricchi commercianti, Gaudì ebbe via via la possibilità di concretizzare progetti piuttosto arditi, la maggior parte dei quali realizzati a Barcellona. Sottovalutato per molto tempo dalla critica ufficiale, venne invece ampiamente apprezzato dalla borghesia catalana. Addirittura Le Corbusier rimase favorevolmente colpito dal suo modus operandi, diventando un suo affezionato estimatore. Durante la sua lunga carriera, Gaudì riuscì a produrre un discreto numero di opere: ad esempio, tra il 1883 e il 1888 innalzò Casa Vicens, la sua prima creazione di una certa rilevanza, nel 1893 disegnò il carro funebre per il defunto Vescovo di Astorga, e tra il 1898 e il 1900 costruì Casa Calvet, premiata poco dopo quale edificio dell’anno.

33286Sempre nel 1900 iniziò a lavorare ad un’ambiziosa idea di Eusebi Guell, ovvero a ciò che in principio sarebbe dovuto diventare un centro residenziale ideale, ma che poi rimase unicamente un meraviglioso giardino. Uno dei suoi più grandi capolavori, in effetti, dichiarato nel 1984 Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco ed oggi sede della Casa Museo Gaudì. Il Parc Guell, è innegabile, possiede una marcata impronta ludica: le sue costruzioni si presentano volutamente vacillanti e sghembe, così come alcune forme paiono agglomerati di materia molle e deformabile, quasi in procinto di liquefarsi. Ancora impegnato nella ristrutturazione di Casa Battlò, iniziata nel 1904, nel 1906 Gaudì avviò l’edificazione di Casa Milà (detta anche Pedrera, cava di pietra), la sua più significativa creazione in ambito di architettura civile. Entrambe queste ultime strutture, in verità, rappresentarono due diverse e stupefacenti versioni anticonvenzionali dei cosiddetti stabili ad appartamenti. Casa Milà possiede una sconfinata facciata lapidea, come fosse un’enorme scultura la cui superficie è stata modellata dal vento, o ancora un gigantesco scenario naturale formato da nicchie e grotte. La Pedrera fu l’ultimo importante lascito di Gaudì prima che egli si occupasse interamente della Sagrada Familia, a partire dal 1914. Il Tempio che divenne la missione della sua vita, al quale in tutto si dedicò per più di quarant’anni, in realtà non venne mai ultimato: la straordinaria chiesa – intricato dedalo dell’anima – satura di particolari, simboli ed allegorie, se invece fosse stata completata, oggi sarebbe di proporzioni immense…

33287Antoni Gaudì fu un formidabile innovatore; la sua attività elargì magico nutrimento per il Surrealismo, si pensi a Man Ray e Brassai, e l’Espressionismo (come non ricordare, in merito ai primi anni del novecento, le tensioni tipiche di una certa architettura?). Le maschere occhieggianti dei suoi comignoli, le ondulazioni dei muri di cinta (Finca Miralles), la cresta azzurro-verde che sovrasta Casa Battlò, anticiparono i movimenti d’avanguardia, dal Cubismo all’Art Brut, dal Dadaismo all’Astrattismo Informale. Ciò che più di tutto contraddistinse l’opera di Gaudì, fu una notevole originalità metodologica ed espressiva, derivata dal suo bisogno di comunicare superando i canoni convenzionali. Necessità che lo portò ad anticipare i tempi e a servirsi di soluzioni ed espedienti tecnici di considerevole efficacia. Ciò che era importante, proprio come lo è nei sogni, era liberare la fantasia, valicare i confini ed abbattere ogni limitazione possibile. Partendo da un piano, ad esempio, la sua curva iperbolica tende ad estendersi nello spazio, mutando continuamente direzione come fosse un elemento naturale, dotato di vita propria. Cresce, si contorce e si contrae, si spezza, e poi si espande ancora. Colonne tortili che si trasformano in volta (Parc Guell), edifici che paiono nati da un unico blocco modellato e successivamente fuso (Casa Milà): l’architettura diviene un organismo plastico le cui parti costituiscono un tutt’uno in evoluzione. Tipica dell’eccelso maestro fu l’immedesimazione con il progetto e gli oggetti creati, ma anche un’abilità spiccata nell’utilizzare i materiali più disparati mescolandoli insieme, proprio come per le combinazioni degli elementi architettonici o delle forme d’arte più diverse. Ad esempio, i rivestimenti di quasi tutte le superfici del Parc Guell furono ottenuti mediante un’interessante tecnica, elaborata dallo stesso architetto, che sfruttò la mescolanza di svariati tipi di ceramica, da quella ricavata da resti di ricoperture murarie a quella per piastrelle, passando per i frammenti di articoli di uso comune o d’arredo.

Gaudì non fu soltanto un costruttore, dunque, ma un illuminato artista che riunì in sé le qualità dello scultore, dell’artigiano, del mosaicista. Predominanti nel suo lavoro furono, inoltre, l’utilizzo di motivi fiabeschi, floreali e zoomorfici, e l’impiego di una nutrita simbologia, prevalentemente di tipo religioso. Egli riuscì a far coesistere suggestive atmosfere ataviche e raffinati regni artificiali, dando vita a luoghi avviluppati da un’intensa energia, intrisi di rimandi riecheggianti, forme allusive e talvolta misteriose. Proprio per questo Salvator Dalì descrisse la sua opera con termini viscerali, paragonandone alcune parti a tenere porte di fegato di vitello. Lara-Vinca Masini scrive, a tal proposito (L’Arte del novecento, volume I): Il riferimento zoomorfico, in Gaudì, è sempre di tipo preistorico; si può pensare a specie defunte di enormi mostri antidiluviani, le cui carni si siano ridotte a spessi ammassi coriacei di pelli raggrinzite e mummificate, tutt’altro che tenere, a creste e a scaglie squamose di materiale corneo, luminoso e perlaceo, a montagne trasformate in draghi e ridotte in condizioni di vita apparente, a strutture ossee di dinosauri ipnotizzati…. Del resto, proprio Casa Battlò (stupendi i balconi a forma di mascherina carnevalesca!), uno dei palazzi più belli e fantastici di tutta Barcellona, possiede una particolare copertura del tetto ispirata alla le
ggenda di San Giorgio, e più precisamente alla scena della morte del drago. In solitudine e trascuratezza, Antoni Gaudì visse gli ultimi anni della sua vita all’interno della Sagrada Familia in costruzione. Quando morì, travolto da un mezzo pubblico, l’intera città gli rese omaggio proclamandolo Architetto di Dio. Luogo che oggi ne conserva le spoglie, fu proprio la Sagrada Familia a provocare la sua ‘illuminazione mistica’. In ragione della solida fede che lo accompagnò, pertanto, grazie alla volontà del Cardinale Ricard Maria Carles Gordò, è dal 1999 che si sta pensando ad una sua possibile beatificazione: nell’eventualità che ciò accada, Antoni Gaudì sarà il primo architetto della storia a ricevere questo onore…

Gaudì a Torino

di Sonia Gallesio