Festa farina e miele

Dicembre 8, 2003 in Libri da Gustare da Claris

Oretta Zanini – Festa farina e miele – I dolci tipici della campagna romana – Edilibritalia – pag. 160, Euro 35.00

LDG 2003Possiamo girare il mondo e cercare le feste più strambe, possiamo pensare ai vecchi tempi raccontati dalle nonne o cavalcare l’onda delle feste del terzo millennio, possiamo giocare a fare i cuochi o cercare i piatti degli chef più raffinati, comunque e dovunque, quando la ricorrenza è importante, a prescindere dal contesto culturale delle persone e dalla geografia dei luoghi, ci sono degli elementi che non mancano mai. Degli ingredienti che permettono di percepire immediatamente l’aria di festa, che riportano a ricordi e suggestioni del passato, che ti trasportano in una dimensione di piacere assoluto del palato.

Di queste sensazioni ci parla Oretta Zanini De Vita nel suo libro “Festa farina e miele – I dolci tipici della campagna romana”. L’autrice, tra l’altro ottima cuoca, racconta scene di un mondo rustico e ruspante, dove si può ottenere tanto da poco, dove ci si può divertire con gli elementi base che la natura ci regala. Ecco quindi che la vasta gamma di dolci della tradizione “povera” nostrana, tutti a base di pane raffermo, sbriciolato e impastato con farine di farro e castagne oppure affettato e farcito con mele, ricotta e uva sultanina, e tutti a base di miele, sono il simbolo dell’unione della gente nei giorni di festa. Sono l’emblema di un mondo più semplice, caratterizzato da valori veri di solidarietà civile, non quella delle raccolte soldi televisive o mediatiche in genere, ma quella del reciproco aiuto e del reciproco conoscersi tra vicini di cascina in campagna.

L’autrice, partendo da questo presupposto, racconta storie nella storia, con descrizioni cronologiche puntuali, mai noiose, ricche di aneddoti e citazioni, semplici e, al tempo stesso, colte, come i vecchi saggi di paese, riferimento per tutti gli abitanti e detetori del carisma, ben più forte delle leggi del governo.

Poesia e cucina si mescolano, perché i ‘vecchi saggi’ emanano le loro regole con proverbi, che praticamente sono poesie di vita. Ma tanta serietà e severità si scioglie nelle feste, dove anche i più burberi, dopo qualche bicchiere di vino e un paio di dolci, dimostrano tutta la loro umanità.

Nelle campagne romane la pasticceria era il vessillo onnipresente di tutte le feste religiose di paese, simbolo di una tradizione creata in nome della Madonna e dei santi, nonché per celebrare gli avvenimenti di famiglia, uguali per tutti nell’arco di una vita.

Tra gli ingredienti immancabili, oltre all’olio, sempre decisivo, si trova il miele. Infatti lo zucchero, raro e prezioso, non lo sostituisce, se non molto dopo l’arrivo degli Arabi, soppiantandolo progressivamente dopo la seconda guerra mondiale, quando il miele era ancora in auge, a volte come dolcificante di ripiego. Così impariamo che, mentre la storia della pasticceria in tutta la penisola seguiva un corso evolutivo differente, i dolci popolari della campagna romana restavano eredità dei monasteri, che continuavano a sfornarli in forme propiziatorie e scaramantiche, inserendo tra i pochi ingredienti anche il grasso di maiale, animale allevato ovunque nel Lazio: solo nel Medioevo, per i giorni di vigilia, la Chiesa avrebbe autorizzato l’uso del burro. Le delizie dell’Agro sono semplici e profumano di cannella, chiodi di garofano, anice e vaniglia, spezie, appannaggio dei ricchi, entrate a far parte stabilmente di questa tradizione di ricette tramandate oralmente.

Il libro è corredato da un icastico reportage fotografico di Giampaolo Senzanonna che mostra i vari biscotti e dolci secchi, le ciambelle multiformi, “a cancellu” o “scutturate”, ben impresse nella mente delle massaie che le raccontano alle figlie, a loro volta depositarie di fantasie culinarie di un’estrosa nomenclatura, dalle ubriachelle profumate col vino cannellino dei Castelli Romani ai giglietti di Palestrina. Tutto per rendere viva la felicità della festa e regalare gioie mangerecce a grandi e piccini nei giorni consacrati alla Vergine e ai santi patroni della valle del Tevere, dell’Aniene o della Sabina.

La scoperta delle leccornie fa venire l’acquolina in bocca. Vicino a Roma non può esserci né festa né sagra senza le ciambelle della Madonna delle Grazie di Cerreto, i biscotti di Sant’Egidio profumati di Sambuca, la pizzella abburritata di Sant’Anatolia… che si completano con i liquori fatti in casa, tutti di vecchia tradizione e pienamente attuali.

di Claris