Emozioni piemontesi

Gennaio 1, 2008 in Libri da Adriana Cesarò

Titolo: Emozioni piemontesi
Autore: AA VV
Casa editrice: Allemandi
Prezzo: € 25,00
Pagine: 140

emozioni piemontesiUn libro che è speranza, gioia per immaginare un Piemonte attraverso un’idea di scrittori italiani e stranieri che testimoniano un territorio dove si incontrano le diverse realtà, dalla vendemmia ai monumenti, dai fiumi alle montagne. Un libro che va oltre alla testimonianza letteraria. Queste le parole di apertura di Giuliano Soria, Presidente Premio Grinzane Cavour, alla presentazione del volume “Emozioni piemontesi”, avvenuta mercoledì 19 dicembre presso il Circolo dei Lettori.

L’iniziativa editoriale è il risultato di un progetto voluto dall’Assessorato alle Politiche Territoriali della Regione Piemonte e realizzato con la collaborazione del Premio Grinzane Cavour, ideato per promuovere a livello nazionale e internazionale il ricco patrimonio di storia, cultura e natura della regione. Storie di fantasia o narrazioni di ispirazione autobiografica, racconti di emozioni vissute o riflessioni scaturite da incontri, firmati da quattro autori italiani e undici scrittori stranieri invitati in Piemonte dal Premio Grinzane Cavour.

E’ molto difficile parlare del proprio territorio e lo abbiamo chiesto ai vari scrittori che, raccontano il Piemonte – ha detto Sergio Conti (Assessore alle Politiche Territoriali Regione Piemonte)- alcuni di questi racconti, possono incantare i lettori. I racconti sono coniugati alle foto, istanti che narrano, spazi e momenti vissuti che vengono riconsegnati alla mente, attraverso colori, visioni e storie che ricordano il Piemonte, grazie agli scrittori e alle suggestive foto.

Il libro “Emozioni piemontesi”, è appena stato pubblicato da Umberto Allemandi (Direttore Comunicazione Umberto Allemandi & C.), consta di 140 pagine con prezzo di copertina di 25 euro, ricco di una cinquantina di scatti in bianco e nero. La poesia classica delle fotografie, sono il risultato di una minuziosa ricerca, ricca delle emozioni di Enzo Obiso, oggi, coordinatore del Dipartimento di Fotografia dell’Istituto Europeo di Design di Torino, dà unicità alle immagini e richiama gli elementi centrali della sua ricerca: l’uomo, raffigurato attraverso il paesaggio, la città, gli oggetti, il corpo, nucleo del suo lavoro basato sui ritratti e sulle fotografie di montagna.

Sono contento di aver contribuito a questa pubblicazione che oggi si trova nelle più importanti librerie di Torino – ha detto Umberto Allemandi – e le foto del libro, prossimamente faranno parte di una mostra. I racconti ci portano a percorrere idealmente sentieri, stradine che portano verso storie che non finiscono mai, ed è un modo per conoscere il Piemonte.

Racconti sul Piemonte (le persone, le colline, le chiese, i sogni, gli incontri, le montagne, i cibi, i fiumi), racconti di emozioni vissute viaggiando per questa regione e incontrando la sua gente. Persone e luoghi che normalmente non vengono raccontati e nemmeno fotografati. Emozioni che prendono forma in rapporto all’ambiente, a volte regalandoci geografie immediate, altre volte aprendoci la porta di una stanza delle meraviglie. Se Torino è al centro dei racconti di Silvana Grasso, Miljenko Jergović (Croazia), Alberto Manguel (Argentina), Predrag Matvejević (Croazia), Senel Paz (Cuba) e Francesca Sanvitale, le zone del cuneese sono protagoniste nelle storie di Tahar Ben Jelloun (Marocco), Nadine Gordimer (Sudafrica), Gianni D’Elia, Björn Larsson (Svezia), Niyi Osundare (Nigeria) e Vassilis Vassilikos (Grecia); il viaggio dalle Langhe alla provincia alessandrina permea le riflessioni di Milton Fornaro (Uruguay), mentre il territorio astigiano e il Lago Maggiore si ritrovano rispettivamente nelle narrazioni di Arnaldo Colasanti e Mario Delgado Aparaín (Uruguay).

Sono storie nate viaggiando per la regione in occasioni diverse e per motivi differenti. Percorsi che hanno aperto agli scrittori lo scrigno delle ricchezze piemontesi, dal paesaggio all’enogastronomia, dalle persone alle tradizioni. Dobbiamo andare in giro, nei luoghi per poter verificare, indagare e quindi nel nostro girovagare ricerchiamo l’ispirazione – cosi ha spiegato lo scrittore Gianni Farinetti – luoghi giusti che portano a sentimenti lontani e arricchiscono la mente. L’idea e il luogo possono mettere insieme tutti gli ingredienti per poter trovare lo spunto e raccontare se stessi e i luoghi che ti appartengono come il Piemonte.

I racconti sono di Tahar Ben Jelloun, Arnaldo Colasanti, Mario Delgado Aparaín, Gianni D’Elia, Milton Fornaro, Nadine Gordimer, Silvana Grasso, Miljenko Jergović, Björn Larsson, Alberto Manguel, Predrag Matvejević, Niyi Osundare, Senel Paz, Francesca Sanvitale, Vassilis Vassilikos.

Di seguito, alcuni accenni:

Mi sembra di vedere mia madre che, lasciandosi portare dal vento, attraversa con una leggera corsa involontaria la piazza di Mosquitos e viene verso di me con l’aria di chi ha preso una decisione molto importante. Stavo uscendo da scuola e mi disse che avevamo solo quattro ore per tornare a casa, mettermi le scarpe di vernice, i pantaloni lunghi, pettinarmi per bene e andare a prendere l’autobus davanti al bar del vecchio Euskalduna, perché alle cinque, quel pomeriggio, dovevamo essere al porto di Montevideo ad aspettare mio padre.

Quel barbuto pirata del Piemonte di Mario Delgado Aparaín

Facevamo la vendemmia e le nostre menti avevano odore di terra e sprizzavano di gioia perché avevamo contribuito a fare un vino eccezionale. Questo vino è l’emblema del Piemonte. Il Premio Grinzane Cavour ha restituito a questo vino il suo splendore, la sua bellezza e il suo colore così ricco, così sottile. Ma direi anche che il vino ha contribuito a fare di questo premio letterario un premio che si dà e si riceve, un premio che si beve con la stessa delizia.

Un villaggio sulla collina di Tahar Ben Jelloun

Vorrei piangere, ma non ce la faccio più di piangere. Tutta la mia vita si confonde in quel ballo di nozze a Vezzolano. Una donna sta tornando, sento i suoi passi. È dietro all’altare, lungo la navata, non so se viene o se va via. Fa un suono da bambina, anche se è leggera e attenta come le donne innamorate.

Vezzolano, una notte di Arnaldo Colasanti

Le rosette meneghine, ripiene di sala
me, gommose e calde di vettura, scricchiolavano sotto ai denti di fame. Seduti su panchina, coi nostri cartocci macri, con le poche sillabe dei pasti, moriamo di sete. Tutto ci ricordava di essere disgustosamente umani. Chiedemmo di qualche osteria. Un ragazzo con la camicia bianca di madre, le maniche arrotolate come un uomo, ci rise forte. – Non ce ne sono, a quest’ora, ma aspettate. Scappò e tornò in un lampo. Stringeva una bottiglia di bel verde, di quelle d’un vetro spesso, col culo in fondo. Ridendo ce la porse, tutto contento come un bambino matto. – È di cantina propria, bianco che frizza, delle Langhe. L’abbracciammo. Bevemmo di buono. Lei rideva, e la baciavo.

Gli anni giovani di Gianni D’Elia

“Peccati di giovinezza”, esclama Mario, parodiando il tema del Grinzane Festival, che è la ragione per la quale ora stiamo viaggiando attraverso il Piemonte. “Peccati di gola, peccati d’amore, peccati di giovinezza”, replica il mio compagno che poi canticchia “Ho capito che ti amo”. Poi dice il titolo della canzone e chiede affermando: “No?”. Senza aspettare risposta, così come il nero Johnny Sosa conosceva vita e miracoli del cantante nordamericano Lou Brakley, Mario ricorda che Luigi Tenco era nato a Cassine, proprio in questa provincia di Alessandria che stavamo attraversando.

Vibrazioni dell’anima di Milton Fornaro

Continuò a dedicarsi al lavoro: finì le tende e sistemò le fodere delle sedie e venne il giorno in cui si sentì liberata da ciò che l’aveva oppressa e andò dalla moglie di Detto per imparare a friggere i fiori di zucca in pastella. Un cane randagio, che aveva adottato lei e Peter, l’accompagnava gioioso nelle sue passeggiate. Era inutile cercare di convincere Peter ad accompagnarla: lui se ne stava in casa, mentre un operaio riparava il tetto, ad ascoltare le storie di Detto, che intanto piantava le nuove viti e curava l’orto. Andavano però in città insieme a far la spesa e a volte, nelle sere d’estate, se ne stavano seduti in piazza finché il moro non batteva le nove.

Peccati della terza età di Nadine Gordimer

“Niente, lingua di poveri… non perdere tempo” risponde la madre, una signora elegante con borsa cartier e grandi occhiali da sole. Riconosce immediatamente quella lingua di poveri, è quella dei suoi nonni, emigrati nel Cinquanta a Torino, è quella che lei, professore universitario di diritto internazionale, non ha parlato mai. Di fronte al foglietto a quadri prova fastidio, forse è vergogna o forse rimorso, una minima vertigine della coscienza. Ma è tardi per perdersi dietro a inutili eziologie emotive, è tardi, è giorno di sedute di laurea in Facoltà, bisogna andare, bisogna far presto.

Scarpe nere di Silvana Grasso

Appena giunti a Torino, nel pomeriggio dello stesso giorno, arrivò la comunicazione che ero tra i finalisti del Premio Grinzane Cavour. Condivisi la mia gioia con Ljiljana, ci siamo scambiati i baci, come gli slavi fanno di solito non appena sono contenti per qualcosa, e a me pareva di essere diventato con quel premio in un certo modo più vecchio di quanto lo fossi la mattina dello stesso giorno. Letteralmente più vecchio. Ero stanco dal viaggio, sentivo dolore mentre salivo le scale per arrivare nella stanza, e già ricordavo con nostalgia quei tempi in cui ero in grado di salire al quinto piano di un palazzo nel quale abitavo a Zagabria, senza nemmeno sentire il fiatone.

Varicella a Torino di Miljenko Jergović

Restare sulle proprie posizioni non porta da nessuna parte. Invitare venti scrittrici del mondo arabo in Piemonte, come ha fatto il Grinzane Cavour, farà molto meglio al Piemonte che non mandare una delegazione piemontese a Parigi o altrove per dire agli altri cosa vuol dire essere piemontesi. Se si parla troppo di sé, arriva un momento in cui gli altri non ascoltano più. Non basta essere cortesi, bisogna anche voler ascoltare sinceramente l’altro. Se dunque, il Piemonte e i Piemontesi volessero davvero ascoltare il mondo, non avrei nessuna difficoltà ad essere considerato “uno di loro”.

Al contrario.

Come essere piemontesi? di Björn Larsson

Nella mia prima adolescenza, Torino era un bar vicino a Puente Pacífico a Buenos Aires, dove un chiosco vendeva riviste color seppia con nomi come Rico Tipo e Tutti Frutti, con in mostra leziose signore nude e piuttosto in carne, allettanti solo perché proibite. Non osai mai entrare in quel bar che, così sentivo, completava e moltiplicava quelle immagini ammaliatrici. Intorno, fuori e dentro il bar Torino, c’erano gli annunci di ciò che con grandi turbamenti stava lentamente e confusamente crescendo dentro di me. Torino era una promessa di cose non dette, scure e odorose di vino e caffè.

Perfetti cubetti di cioccolato di Alberto Manguel

Sognavo il Piemonte ancor prima di vederlo. Abitavo la piccola città di Mostar, che andava orgogliosa del suo grande Ponte Vecchio, distrutto nell’ultima guerra balcanica. Nella scuola frequentata da scolari delle diverse nazionalità – croati, serbi, bosniaci di fede musulmana – avevamo uno straordinario professore di storia – capace appunto di concepire e insegnare la storia nazionale senza farne un’ideologia della nazione. Parlando dell’unificazione degli slavi del sud, si fermava e faceva riferimento al Piemonte: “Il Piemonte è stato il modello sul quale ci siamo unificati nella Jugoslavia dopo la prima guerra mondiale. Gli italiani sono stati più fortunati di noi.”

I miei Piemonti di Predrag Matvejević

Con una fama ferma come la FIAT di Torino

Il Gran Paradiso giustifica ogni sillaba

Del proprio nome con sfarzo e maestoso splendore

Tutta la sua magia mediterranea

Un rinascimento di rose, risate di gigli, e viticci

Attorcigliati attorno al sole come un covo d’amanti

Fiuto le orme della Montagna

Nel fruscio di foglie cadute

Il gran piede della montagna di Niyi Osundare

Il treno andava ad una velocità incredibile ma si muoveva appena, non si scuoteva né dondolava sulle rotaie come i treni cubani o quelli dei film, questo toglieva qualcosa al gusto dell’avventura. Quel paesaggio apparteneva al Piemonte, lo sapeva perché si era informato, ma nessun dépliant, foto o reportage ti possono avvertire della bellezza sconvolgente quasi scandalosa, di un luogo. Erano verdi diversi da tutti quelli che conosceva, vedeva alberi sconosciuti e montagne in lontananza e acqua, anche se non pioveva.

Conversazioni con il fiume di Senel Paz

Questo mio primo viaggio torinese fu contrassegnato, contro ogni previsione, non dal rapporto con la città, ma dal rapporto con un ambiente lavorativo, con particolari persone che facevano lavori diversi. Insomma cominciavo a scoprire alcune singolarità del carattere torinese e piemontese. I principali centri televisivi italiani, adducendo ragioni diverse e forse valide, si erano rifiutati di mettere in opera una simile pazzia. È stato invece lo spirito di avventura, e l’attrazione per ciò che può essere fatto e ancora non esiste, a presiedere all’adesione entusiasta degli studi RAI di Torino.

Variazioni su Torino di Francesca Sanvitale

…il Piemonte è stato e rimane la culla della storia contemporanea dell’intera Europa. È qui che sono state combattute le più grandi battaglie, non solo da Napoleone, ma anche da quelli che sono venuti dopo. È qui che si è giocato il destino dell’Impero austro-ungarico ed è qui che sono fioriti gli spiriti liberi del Risorgimento italiano.

Un sogno con Cavour e Mussolini di Vassilis Vassilikos

di Adriana Cesarò