Don Giovanni

Gennaio 23, 2005 in Spettacoli da Stefano Mola

Don giovanniL’EVENTO

Da Martedì 25 Gennaio, giorno della prima, la scena del Teatro Regio ospiterà una delle più straordinarie incarnazioni di un personaggio che ha percorso nei secoli la letteratura, da Tirso de Molina, a Moliere, a Goldoni, fino a, per l’appunto, Mozart e Da Ponte. Ovvero, Don Giovanni.

Alla regia, un esordio di prestigio: Michele Placido, che nel nuovo allestimento realizzato dal Regio creerà un Don Giovanni mediterraneo legato a un certo tipo di sicilianità, non perché questo debba essere uno dei suoi tanti aspetti quanto perché io sono un meridionale di cultura mediterranea e ho bisogno di far vivere il personaggio a partire da pulsioni che si muovono soprattutto attraverso un ambiente culturale che conosco (leggete l’intera intervista nel sempre ottimo sistemamusica). Le scene sono di Maurizio Balò.

A conferma dell’evento, le 11 hanno già fatto registrare il tutto esaurito in prevendita. Potrete comunque entrare in lizza per 30 biglietti di ingresso in vendita un’ora prima di ogni spettacolo.

IL CAST

Di altissimo livello. Don Giovanni sarà il basso uruguayano Erwin Schrott, giovane, vincitore nel 1998, del prestigioso Concorso Internazionale Operalia, organizzato da mitico Placido Domingo. La bella e furiosa Donn’Anna sarà il soprano Mariella Devia, ospite dei più prestigiosi teatri italiani e internazionali, già apprezzatissima nel ruolo in occasione della storica esecuzione in forma di concerto dell’opera alle Settimane Musicali di Stresa. Donna Elvira avrà la voce di una delle più grandi interpreti dell’ultima generazione di cantanti d’opera, Barbara Frittoli, e non occorrono altri commenti. Leporello” sarà Nicola Ulivieri, mentre Massimo Giordano vestirà i panni di Don Ottavio. La frizzante Zerlina sarà invece Laura Chierici. Infine, presteranno voce a Masetto e al Commendatore, rispettivamente, Fabio Maria Capitanucci e Mario Luperi.

Sul palco, rigoroso e appassionato, Gianandrea Noseda. Maestro del coro, Claudio Marino Moretti.

CHE COS’È DON GIOVANNI?

Per capire che cos’è il Don Giovanni di Mozart è sufficiente la prima scena. Il sipario si apre e Leporello, il servo, parte con una lamentazione protosindacale sulla sua condizione di sfruttato Notte e giorno faticar/Per chi nulla sa gradir/Piova e vento sopportar/Mangiar male e mal dormir. Il marxismo è ancora lontano, visto che il proclama è: Voglio fare il gentiluomo/E non voglio più servir.

Le tracce (e la musica) sembrano condurci nel territorio dell’opera buffa. Ma cosa succede subito dopo? Entrano un’affannatissima e concitata Donna Anna, che cerca di capire chi sia l’uomo che ha tentato di violentarla, e Don Giovanni, che ovviamente si guarda bene dal mostrare la carta d’identità. Il problema è che arriva anche il padre della donna, il Commendatore. Duello tra i due. Rimane a terra, morto, il Commendatore. Tentativo di violenza, omicidio: siamo in piena tragedia. E la musica lo conferma (lo straordinario intrecciarsi delle voci di Leporello, Don Giovanni e del Commendatore morente). Poi, subito dopo, la commedia ritorna padrona della scena. Nel recitativo immediatamente seguente Leporello domanda infatti al padrone: chi è morto, voi, o il vecchio?.

Si potrebbe andare avanti così analizzando verso dopo verso, nota dopo nota, questo straordinario capolavoro della drammaturgia musicale (di cui potete leggere il libretto). Per affidare una sintesi (soprattutto per affidarla a qualcuno di autorevole, chiediamo a W. H. Auden

Non sbagliavano mai i Vecchi Maestri

quando si trattava di sofferenza: come capivano bene

la sua condizione umana; come essa càpiti

mentre qualcun altro sta mangiando o aprendo una finestra

o anche solo passeggiando indifferente

(potete leggere l’intera poesia qui).

Ovvero, si tratta della vita stessa, in cui continuamente, la tragedia e la commedia si inseguono, e a volte vanno spudoratamente a braccetto. Questo è sicuramente uno dei caratteri intriganti del Don Giovanni, la cui didascalia recita per l’appunto dramma giocoso.

Ma spendiamo due parole per il protagonista. Chi è il Don Giovanni di Mozart e Da Ponte? Massimo Mila ne ha dato una definizione sinteticamente perfetta: Don Giovanni è azione. […] Tra Don Giovanni e gli altri personaggi dell’opera […] non ci sono relazioni, non ci sono scambi se non a senso unico. C’è solo seduzione, una specie di attrazione per mezzo del vuoto (Massimo Mila, Lettura del Don Giovanni di Mozart, Piccola Biblioteca Einaudi, pag. 139, testo fondamentale per addentrarsi nell’analisi di questo capolavoro).

Che sia principalmente azione, lo conferma anche il modo in cui occupa la scena (tanto per dirne una, l’insostenibile Don Ottavio sicuramente gode di un minutaggio superiore). Da solo, lo vediamo cantare una serenata travestito da Leporello. E poi, più avanti, eccolo enunciare il suo programma: Finch’han dal vino/Calda la testa/Una gran festa/Fa preparar/Se trovi in piazza/Qualche ragazza/Teco ancor quella/Cerca menar/Senza alcun ordine/La danza sia/Chi’l minuetto/Chi la follia/Chi l’alemanna/Farai ballar/Ed io frattanto/Dall’altro canto/Con questa e quella/Vo’ amoreggiar/Ah! la mia lista/Doman mattina/D’una decina/Devi aumentar!. Il tutto sopra una musica velocissima, un’esplosione brevissima e trascinante. E poi basta. Tutto qui. Niente di statico. Il resto, è sempre interazione con gli altri personaggi.

In termini psicoanalitici, potremmo dire che il Don Giovanni personaggio esprime in musica il principio del piacere, ovvero la ricerca dell’appagamento immediato e incondizionato del desiderio mentre l’opera nel suo complesso è il trionfo del principio di realtà. Infatti, nessuno dei suoi progetti di seduzione riesce ad andare fino in fondo. Nonostante in Spagna le sue conquiste siano già millettré, come con malcelata ammirazione Leporello enumera nell’aria del catalogo, Don Giovanni è continuamente sconfitto dalle circostanze.

Ma prima che gli altri personaggi possano celebrare tutti insieme, con un sospiro di sollievo, la restaurazione dell’ordine nel concertato finale, Don Giovanni trova il suo momento di grandezza assoluta nella cena col Commendatore. Quando la statua lo raggiunge, egli riesce a mantenere (unico tra tutti i personaggi, a parte forse il sempre inconsistente Don Ottavio) una coerenza cristallina con se stesso anche di fronte alla prospettiva della dannazione eterna. In un mondo in cui tutti hanno uno scheletro dentro l’armadio, o perlomeno una debolezza, Don Giovanni affronta spavaldamente le fiamme dell’inferno, nonostante gli venga offerta la possibilità di pentirsi.

Da questo punto di vista, l’opera mantiene un velo di ambiguità. Non c’è piena ricomposizione. Ci sarebbe stata se Don Giovanni avesse per esempio accettato due anni di lavori socialmente utili come giardiniere di Donna Anna, magari agli ordini del quasi cornificato Masetto, e un matrimonio riparatore con l’innamoratissima Donna Elvira. La sua figura, pur scomparsa, incombe intatta su tutti gli altri, che provano a far finta di niente.

A pensarci bene, tutti gli altri personaggi sono moralmente puliti non per adamantina integrità, ma solo per una varia miscela
di inettitudine, mancanza di coraggio o di capacità, circostanze. E del resto, strisciante è il sospetto che sia meglio una dose breve e intesa di Don Giovanni che una vita accanto al microcefalico Masetto o all’affidabile ma insipido Don Ottavio, che non facciamo fatica a immaginarci in ciabatte.

Ma al di là di tante parole possibili, superflue rispetto alle tante che sono state già scritte e che si continueranno a scrivere, resta il fatto incontrovertibile che assistere al Don Giovanni è un’esperienza estetica eccezionale. Perché se uno si sforza, può scrivere mille pagine di profonda interpretazione su qualunque cosa, riuscendo a farla passare per un capolavoro. Per il Don Giovanni, non è necessario. Basta ascoltare, per convincersene. E pensare che Mozart terminò l’ouverture solo durante la notte precedente la prima, e che l’orchestra la esegui senza il conforto di una prova. Ma a Praga, nel 1787, fu un trionfo.

di Stefano Mola