Diario di Andrés Fava
Aprile 4, 2011 in Libri da Benedetta Gigli
Titolo: | Diario di Andrés Fava |
Autore: | Julio Cortázar |
Casa editrice: | Voland |
Prezzo: | € 12,00 |
Pagine: | 112 |
Ciò che mi converrebbe studiare è se, quando credo di aver trovato la buona strada, è stato perché ho smarrito tutte le altre
Julio Cortázar
Andrés Fava è uno dei protagonisti del romanzo El examen dello scrittore argentino Julio Cortázar, e il suo diario in origine faceva parte di questo romanzo, scritto nel 1950 (pubblicato postumo nel 1986), ma poi venne escluso dal corpus del testo, e conservato con cura dallo stesso autore, come tutti gli scritti che considera conclusi e degni di essere un giorno pubblicati. Quel giorno è arrivato, dandoci la possibilità di poterci immergere nel mondo fantastico e non sense dello scrittore argentino.
Forse questo diario è un’occupazione da argentino; come il caffè – diario orale di vita – collezionare donne, gli affari facili e la tristezza quieta. Quanto appare difficile qui una costruzione coerente, un ordine e uno stile. Questa frase sintetizza ciò che possiamo trovare in questo piccolo testo, in queste 90 pagine di puro stile cortázariano: senza percorrere una strada dritta e sfuggendo a qualsiasi tipo di classificazione, il testo si snoda attraverso elementi autobiografici e riflessioni a tutto tondo sugli argomenti più disparati.
Ci racconta, ad esempio, della sua famiglia, attraverso l’interessante e umoristica lista di idee che circolavano nella sua famiglia: un elenco di pensieri inculcati che vanno dall’arte (gli artisti, già si sa che vita fanno), alla politica (poveri re, stanno perdendo a uno a uno il loro trono), ai bambini (i bambini parlano quando le galline pisciano).
Molte sono i riferimenti e le citazioni letterarie, addirittura fa delle piccole recensioni, una delle quali riguarda il libro Demian di Hermann Hesse, capolavoro pubblicato nel 1919, che aveva commosso il pubblico giovanile, uscito fortemente scosso e disorientato dall’esperienza della prima guerra mondiale: secondo Cortázar Demian appare come la creatura più stupida genre superman che il romanzo tedesco abbia prodotto, e la verità è che in spagnolo suona come un testo del Flauto magico cantato sulla musica di Manon Lescaut.
Un linguaggio tagliente, a tratti comico, molto spesso malinconico, e che lascia quella sensazione scomoda di non essere riusciti bene a capire il fulcro del discorso, come se ci conducesse fino ad un certo punto e poi, improvvisamente, ci facesse cambiare strada, senza farci vedere la meta.
di Benedetta Gigli