Brigitte Baumbusch “Cibo”

Giugno 24, 2002 in Libri da Gustare da Stefano Mola

Brigitte Baumbusch “Cibo” La Biblioteca, pagg. 29, Euro 6,45

30743(1)Sugli scaffali dei supermercati: scatole, confezioni, cellophane. Imballaggi. Colori. Asetticità. Mi viene in mente una poesia di Allen Ginsberg che mi piace molto, e che si intitola “Un supermarket in California”. A un certo punto, un verso dice: “Nella mia fatica affamata, e per comprare immagini, entrai nel supermarket di frutta al neon”.

A questo punto, ci si può chiedere che cosa mai c’entri questo inizio con un libro che fa parte di una collana intitolata “Arte per bambini” e dedicato, appunto, al cibo. Innanzi tutto, il volumetto prova a far intuire una prospettiva: nel tempo della storia e nel tempo che precede la fruizione del cibo.

Se in una pagina trovo una donna dipinta da Vermeer che versa latte in un tegame e in quella a fianco un bassorilievo egizio in cui un uno (ovviamente di profilo) munge una mucca, può essere più facile porsi delle domande su quel tetrapak colorato a lunga conservazione che magari la mamma ha appena prelevato dallo scaffale e messo nel carrello, per esempio (non so se è una leggenda metropolitana, ma mi sembra di ricordare che un bambino abbia associato a uno shampoo il profumo di mela, dunque non diamo nulla per scontato).

Quindi un contributo per ricostruire un legame tra la “frutta al neon” del poeta e la frutta che sta sull’albero. E per stimolare altre rappresentazioni delle cose che mangiamo, diverse dalla forma a parallelepipedo (immagino che per ottimizzare lo spazio sia improponibile pensare di mettere gli spaghetti in scatole a forma di prisma retto a base pentagonale, per dirne una).

Non solo. Se qualche pagina dopo il mungitore egiziano trovo una tavola dipinta da un artista messicano, posso iniziare a chiedermi che cosa c’è nel piatto di un bambino dall’altra parte dell’oceano. Insomma, in questo libro possiamo “comprare immagini”, e guadagnare suggestioni. Le immagini troneggiano, i commenti sono discreti e non impongono nulla, non c’è un impianto educativo a gabbia. Insomma, c’è spazio per la libertà (e visto che nella poesia di Allen Ginsberg viene citato Walt Whitman, grande cantore della libertà, il cerchio si chiude).

Se siete curiosi di ascoltare Allen Ginsberg che legge la poesia citata in questo articolo, ciccate qui .

di Stefano Mola