All’Enoteca del Roero
Luglio 18, 2004 in Libri da Gustare da Stefano Mola
Titolo: | All’enoteca del Roero: una finestra sulle colline del vino |
Autore: | Eugenio Comencini, Davide Palluda, Luigi Sugliano |
Casa editrice: | Sorì |
Prezzo: | n.d. |
Pagine: | 180 |
Tra Langhe e Monferrato, nel cuore della terra del vino c’è il Roero. Ma se i primi due nomi forse ce li troviamo più facilmente in tasca e un’immagine di colline dolci e ben pettinate dai filari della vite si proietta immediatamente dietro gli occhi, per questo angolo di Piemonte forse occorre uno sforzo in più.
Le colline si, quelle ci sono. E anche il vino: uno dei bianchi più prestigiosi, il Roero Arneis, tanto per iniziare. E poi il Roero, tout court, un rosso, altra incarnazione di quel prolifico e proteiforme vitigno che è il Nebbiolo (e secondo il mio modesto parere vino grandissimo, con al momento uno dei migliori rapporti qualità prezzo).
Ma non ci sono solo le colline. C’è anche la frattura delle rocche. Una specie di canyon scavato dal Tanaro, che a un certo punto ha cambiato idea e percorso, in un terreno che tantissimo tempo non vedeva sopra di sé il cielo, ma il mare. Provate ad andarci, e guardate bene dove mettete i piedi (non solo per non scivolare giù dai dirupi): talvolta vi sembra proprio di camminare sulla sabbia e vi aspettereste appunto il mare. E invece, le uniche onde sono quelle eterne delle colline intorno, qui però leggermente più aspre, leggermente più selvagge e meno popolate. Sembra che il tempo si sia rallentato, qui.
Non c’è da stupirsi se la leggenda voglia che le Rocche siano state scavate da Belzebù in persona. Una ferita nella terra è già di per sé qualcosa di inquietante. È una tentazione verso il mondo di sotto, da sempre associato nella fantasia e nel mito con gli inferi.
Scusate se come sempre ci siamo lasciati trascinare dalla corrente delle divagazioni, ma nei mesi passati nel Roero ci siamo stati più volte. E il libro, di cui dovremmo parlare in questo pezzo, ci ha ulteriormente istigato.
Partiamo dal complemento del titolo: una finestra sulle colline e sul vino. Uno sguardo, dietro delle lenti molto particolari, che mettono a fuoco la principale ricchezza del territorio, ovvero i suoi prodotti e la loro trasformazione. E questa finestra, come è giusto, viene lasciata aperta per tutte e quattro le stagioni. Ognuna della quattro parti dell’anno viene introdotta da un racconto di Luigi Sugliano, giornalista. Più che racconti sono evocazioni: in poche righe viene creata un’atmosfera in cui la dimensione del tempo scorre in due direzioni.
C’è un insieme di elementi che fissa le coordinate di temperatura, frutti, attività tipiche. Ma in questo presente ci sono sempre dei fili sottili e robusti come quelli di una ragnatela, che rimandano verso presenze del passato. La circolarità delle stagioni, apparentemente immutabile, si inquadra così nella dimensione implacabile del tempo, dove si innesta quella degli affetti, della scomparsa delle persone care (si vedano soprattutto i racconti dedicati all’autunno e all’inverno).
È giusto e necessario mantenere ben vive e presenti queste due dimensioni, la coscienza del presente e i fili verso il passato soprattutto quando parliamo di cibo, ovvero di cultura, risultato di un processo che si misura sui secoli. Questo è tanto più vero se si ricorda che molti dei prodotti che adesso fanno la ricchezza di queste terre, un tempo non erano che un corollario alla fatica, distillato della saggezza e dell’esperienza.
Per ricordarci questo, ad ogni racconto di Sugliano segue un’introduzione ai prodotti e ai cibi della stagione a cura di Luigi Bertello. E infine, sempre suddivise per stagione, ecco le ricette di Davide Palluda, nato a Canale, che dal 1995 conudce con la sorella Ivana il prestigioso ristorante All’enoteca, annesso all’Enoteca regionale del Roero, insignito nel 2000 della stella Michelin. Ricette che pescano nella tradizione, aprendosi all’invenzione, con una presenza importante dei dolci. A fare da collante, poi, i disegni di Eugenio Comencini, ricchissimi di colori gioiosi, dedicati ai prodotti o a scene richiamate dal testo (molto bello quello dedicato al trifolao).
Un volume del tutto degno del territorio cui è dedicato. Ma non basta leggere, dovete senz’altro fare quattro passi nel Roero. Magari, partendo proprio dall’Enoteca.
di Stefano Mola