Air Show
Maggio 16, 2006 in il Traspiratore da Redazione
Lascio partire il mediaplayer, prima playlist che mi capita sotto mouse, luce improvvisa e localizzata in una camera buia, tè al cocco nuovo di zecca ed io.
Stavo pensando che a furia di rifugiarmi in questa mia torre d’avorio, verde di silicio e azzurra di pixel, finirò per esiliarmi spontaneamente, senza neppure rendermene conto… mi accorgo di aver lasciato la finestra socchiusa, uno spiraglio punta dritto a me, un piccolo attentato casalingo alla mia salute… soprassiedo spudoratamente alla contemplazione del peggio, forse l’aria entra solo per accarezzarmi… il collo, i capelli raccolti, i pensieri, le labbra, l’animo, le parole… i ricordi, anche.
Lascio che la mente si liberi dallo smog quotidiano che ottenebra ciò che penso, che il cuore respiri finalmente senza paura di soffocare per il PM10, lascio che le parole, le mie dita accelerino la loro folle corsa grazie al vento a favore. E poco mi importa se la gara verrà annullata, se i risultati saranno falsati e non potranno fare record nella mia personale olimpiade della corsa contro il tempo e contro quello che sono o quello che vorrei essere… Per un attimo chiudo gli occhi, mentre taglio il mio traguardo mobile; lascio che l’aria fresca mi punga la faccia, mi spettini i capelli, mi ossigeni la pelle, morbida, lascio che porti via la nebbia, che il vento trascini via le nuvole gonfie di pioggia, quella dei miei occhi, lascio che sia l’aria a plasmare la mia aerodinamica emozionale e non viceversa.
“e soffiò” nelle sue narici… “e l’uomo ebbe vita”.
Io, demiurgo platonico della mia vita o semplice velo di Maya schopenhaueriano di ciò che non potrò mai conoscere fino in fondo? Io, ologramma di mille vite e mille esseri o gioco di specchi che distorce in modi diversi la stessa figura? Corrente ascensionale calda che alleggerisce le emozioni o spiraglio di aria gelida che tempra lo spirito senza possibilità di appello?
Rimango appesa a questo mio dubbio amletico tra l’essere e il non essere, tra la libertà di respirare l’aria che voglio e l’insicurezza di non sapere quale scegliere, travolta da un enten-eller che mi rendo conto di non saper gestire da sola… e così continua l’air show del mio animo, tra secche imbardate e veloci richiamate, tra ripide salite e picchiate fragorose, fino allo stallo, la quiete, l’assenza di aria, che uccide, lentamente, silenziosamente, subdolamente…
Sapete che vi dico? Che mi sa che domani mi serviranno vagonate di fastum gel® per il mio torcicollo!
di D. Argirò