21° JazzAscona: la maratona è finita
Luglio 11, 2005 in Musica da Claris
Un week-end di magie musicali e vocali (su tutte le performance di Niki Haris, sabato in uno stage Chiesa gremito e festoso, ieri all’elegante gala finale dell’hotel Giardino) ha chiuso la 21a edizione del Festival di Ascona dedicato al jazz classico. Il bilancio conclusivo è ottimo da un punto di vista musicale e buono per quanto riguarda incassi e numero di spettatori (pur se in leggero calo rispetto l’anno scorso, a causa dei temporali devastanti della scorsa settimana). Realizziamo una valutazione finale della rassegna con un’intervista al direttore artistico Nicolas Gilliet e con il consueto tabellino-voti con i più e i meno salienti del festival, in attesa del 23 giugno 206, giornata inaugurale della 22a edizione.
Direttore, qual è il suo bilancio del XXI JazzAscona, a livello musicale e personale?
A livello musicale sono soddisfatto. Si è realizzato quello che immaginavo, ovvero tutti hanno risposto in maniera almeno adeguata alle aspettative. Sono particolarmente contento della reazione del pubblico ad alcuni gruppi di ‘test’, quali la J.A.B. (Just Another Band) di Roy e Kevin Bennett e gli Yalloppin’ Hounds di Joey Cavaseno, col loro ‘ghetto swing’, misto di suoni jazz tradizionali e fraseggi rap moderni.
A livello personale il livello di stress è stato sempre sottocontrollo, anche se lo sconforto per i due temporali, di sabato 25 giugno e di mercoledì scorso, è stata una mazzata psicologica. Prepari la manifestazione per un anno intero e poi rimani impotente di fronte a certi fenomeni fuori controllo. Devo però dire che la capacità di risposta di tutto il team del Festival è stata ottima, grazie anche ai ristoratori che hanno accettato i fuori programma nei loro locali. In questo senso, si è dimostrato che lo ‘show must go on’ sempre: anche questo è jazz, improvvisazione continua, nelle note come nella programmazione. Tra l’altro, giudico la decisione di rendere la serata di mercoledì scorso gratuita per tutti, anche se le finanze del Festival ne risentiranno, la più corretta verso il pubblico.
Alcuni puristi sono rimasti scandalizzati dall’aumento del blues e del funk…
La percentuale di band che non suonano jazz tradizionale resta molto bassa, e comunque l’anno scorso son stato quasi crocifisso perché non c’erano abbastanza blues, soul e funky. L’offerta di musica in contemporanea sui vari palchi è talmente alta che chiunque, spostandosi di cento metri, può trovare il suo posto privilegiato.
Alcuni spettatori hanno notato una diminuzione dei luoghi dedicati ai concerti nel borgo a favore di una programmazione satura nei palchi sul lungolago. Altri hanno sentito la mancanza di qualcuno che riempisse il vuoto dalle 14.00 alle 16.00, soprattutto nei week-end.
Relativamente alla prima osservazione, posso dire che le ore di musica sono state 400 distribuite in circa 200 concerti, esattamente come l’anno scorso; comunque, al di là dei dati numerici, contano la sostanza e la qualità della musica, che non giudico inferiori, anzi. Un locale in meno dedicato alla musica c’è stato, ma per motivi contingenti. Se altri vorranno sostituirlo la porta dell’organizzazione è sempre aperta.
Per quanto riguarda il vuoto del dopo pranzo, non è un’affermazione completamente vera. Le brass band in quell’orario sono in giro, pur senza avere un luogo preciso e risaputo: vanno a stuzzicare a sorpresa i potenziali spettatori al lido o nelle piazze… In certe edizioni passate gli spettacoli programmati in questa fascia oraria sono stati un flop di pubblico; forse il compromesso è coprire i week-end, quando ci sono più turisti affamati di musica per una sola giornata. Anche se uno degli obiettivi che sto perseguendo in maniera rigida è quello di aumentare le presenze nei giorni dal lunedì al mercoledì, con una programmazione di alta qualità regolare ed evitare di concentrare i grandi eventi nei due week-end.
Il tuo parere sulle jam session.
Ho letto l’intervista a Marty Grosz [pubblicata martedì 28 giugno]. In questo momento siamo su due linee diverse, penso che lui ci abbia creduto tutta la vita ed ora sia un po’ stanco. Secondo me le jam session siano l’anima della notte. Certo è impossibile sapere se saranno un successo: magari una sera si ritrovano dieci musicisti molto ispirati e nasce qualcosa di imprevedibile e stupendo, magari la notte dopo sono tutti stanchi, quasi a dormire! Ma nel jazz i fuori programma, musicali intendo, sono quasi sempre fonte di energia e gradimento.
Condividi l’utilizzo spinto dell’elettronica nel jazz?
No, per nulla. L’esempio di mercoledì sera alla tenda Dannemann, quando in un’atmosfera quasi surreale, ma apprezzata e magnifica, si sono esibiti Moroni e Washington senza luci e senza amplificazione, è stato importante. Dimostra che il jazz non deve obbligatoriamente scendere a patti con l’utilizzo del PC, che occorre riscoprire e valorizzare i suoni puri, diretti, senza la necessità di sentire le vibrazioni sulla pelle. Se il suono prevale, si rischia di perdere la capacità fine di ascoltare. Spero che l’utilizzo sempre più spinto dell’elettronica sia una moda, e come tale passeggera.
I più e i meno del Festival
Voto 2 al vandalo che, subito dopo il “pronti partenza, via!”, nella notte di venerdì 24 ha distrutto un pianoforte riempiendolo di schiuma.
Voto 3 ai temporali che sabato 25 e mercoledì 29 hanno danneggiato pesantemente le strutture dei palchi Lago, Piazza e Chiesa.
Voto 4 ai musicisti troppo irruenti che salgono, non invitati, sui palchi durante i concerti altrui. Per le improvvisate ci sono le jam session al Delta Beach.
Voto 5 al battello dedicato al festival in partenza dalla sponda italiana del Lago. Ottima l’idea per la domenica (voto 7), peccato non averla realizzata anche il sabato (voto 3), impedendo agli appassionati di godersi un intero weekend di jazz.
Voto 6 a Lino Patruno, quest’anno in veste di giornalista per Rai Sat e il prossimo, si spera, di ritorno come musicista.
Voto 7 al palco Torre, per il nuovo look (con struttura coperta, più posti a sedere, miglior acustica) e per gli eventi speciali (tutti di alta qualità) che ha ospitato.
Voto 8 al binomio jazz-cibo. Come non citare la musica d’incanto e le cene prelibate dei gala di apertura e chiusura (hotel Eden Roc e Giardino) o gli ottimi brunch all’hotel Tamaro, impreziositi dai sapori della Lousiana, grazie alla chef Nora Dejoie.
Voto 9 alla J.A.B. (Just Another Band) e a Dado Moroni, che hanno saputo catalizzare migliaia di spettatori con suoni, voce e grande carisma.
Voto 10 all’organizzazione, per tutto il programma ed in particolare per le rapide soluzioni approntate nelle due serate devastate dai temporali.
Voto 10 e lode alle cantanti e trascinatrici Linda Hopkins (ottant’anni, ma un’energia infinita) e Joan Faulkner, che dice “Canto per tutti gli innamorati di adesso e che verranno”.
di Claudio Arissone