Roast-beef con finanziera

Agosto 23, 2004 in Libri da Gustare da Momy

Titolo: Roastbeef con finanziera
Autore: Armando Gambera
Casa editrice: Sori’ edizioni
Prezzo: n.d.
Pagine: 158

Roast-beef con finanzieraL’apparenza inganna, l’abito non fa il monaco… perle di saggezza popolare, che le nostre mamme e le nostre nonne ci hanno ripetuto chissà quante volte. Soprattutto quando eravamo bambini, e non riuscivamo a comprendere appieno quanto quelle parole volessero dire. Per noi piccoli, un signore trasandato equivaleva ad una persona povera, un pomodoro sporco di terra era cattivo… e così via.

Non che crescendo la sensazione della prima impressione non ci colga (ai nostri sensi non si comanda, fanno parte del nostro DNA…), ma si impara ad essere più riflessivi, a scavare sotto la superficie, sotto l’apparenza, per capire se questa prima impressione è corretta, o se, ad un esame più approfondito, si rivela parzialmente o del tutto infondata.

Questa premessa per farvi capire che cosa mi è successo con questo libro…

Il contesto innanzi tutto. Il volume in questione partecipa al concorso “Libri da Gustare”, una selezione di venti libri che hanno a che fare con il cibo, con la sua storia e le sue tradizioni: il passo mentale che porta dal titolo ad un’idea di un libro di ricette è davvero breve…

Aiuto! Un accostamento di questo genere (il roast-beef con la finanziera!!!!) non potrebbe osarlo nemmeno un Vissani in una giornata particolarmente trasgressiva, pensate una persona normale!

Poi, avvicinandosi con un certo timore alle pagine bianche di carta spessa e pregiata, si entra in un altro mondo, e si scopre che questo strano piatto non è una ricetta da provare, ma una delle voci del menù dell’eccentrico ristorante Belvedere, che lo serviva, nel lontano 1921, accompagnato da Dolcetto e Barolo.

Roast-beef con finanzieraAddentrandosi nelle pagine emerge a poco a poco una storia, ambientata a La Morra, un piccolo paese della provincia cuneese, negli anni a cavallo tra l’ottocento e il novecento. La storia di personaggi dell’epoca: il pretore Facchinotti, il deputato del Regno Teoboldo Calissano, l’oste Vigin Borgogno accompagnato dalla fedele cuoca nonché consorte Elide, il parroco don Agostino Cuniberti, il farmacista Celestino Boglietti, il notaio avv. Giovanni Bovio e tanti altri ancora, nella quale il cibo è pretesto e allo stesso tempo tramite per raccontare la vita del paese.

Vita che viene sconvolta da un acrostico (componimento poetico nel quale le lettere iniziali di ciascun verso vengono a formare una parola o una frase n.d.r.) che mette alla berlina un maggiorente della comunità, con carica pubblica di un certo rilievo. Chi sarà il responsabile della beffa?

Tutto il paese lo cerca. Se ne discute nelle piazze, nelle case e, soprattutto, nei ristoranti e nelle osterie, di fronte ad una fonduta con i tartufi bianchi, servita alla trattoria le Indie la sera di San Martino, oppure centellinando una bottiglia di Barolo durante il cenone di fine secolo.

Una sorta di caccia al tesoro, le cui tappe salienti coincidono sempre con un ricco menù, da percorrere con gusto, deliziando il palato con specialità ormai dimenticate.

Al centro della storia, conduttori delle danze, il vice-cancelliere di Pretura Giovanni Gambera e il suo amico pittore, Renzo Savio.

Riusciranno i due a scoprire il novello Pasquino? Lo scoprirete (forse) solo all’ultima pagina di questo bellissimo romanzo…

di Monica Mautino