Ritorno a casa

Giugno 13, 2004 in Libri da Stefano Mola

Titolo: Ritorno a casa
Autore: Natasha Radojcic-Kane
Casa editrice: Adelphi
Prezzo: € 13.50
Pagine: 200

Ritorno a casaHalid sta tornando a casa, dopo la guerra. Quella che avevamo a due passi da casa, negli anni novanta, giusto al di là dell’Adriatico, quella della Bosnia. Halid è stato ferito, e gli si è appiccicata addosso l’aureola dell’eroe. Fa parte dei vincitori, è mussulmano. Nel villaggio in cui sta per tornare, non troverà invece l’amico d’infanzia Momir, grande calciatore, per lui quasi un fratello. Hanno condiviso tutto, da piccoli. Ma Momir era serbo, e quindi dall’altra parte nella guerra: ed è saltato su una mina. Lo aspetterà invece Mira, la ragazza di cui lui era innamorato, anche lei serba, che non aveva potuto sposare e che si era invece maritata proprio con Momir? Mira ora vive con il figlio avuto da Momir e con la madre di lui, Stana. Che ovviamente, adesso, dopo che la guerra è passata e le ha portato via il figlio adorato, non può che odiare alla morte Halid. Prima, non era importante che Halid fosse mussulmano. Adesso, è il nemico.

Nel villaggio ci sono ancora Pap, ebreo, vecchio e saggio, l’unico a cercare di ricomporre i conflitti. L’oste Shukri, anche lui mussulmano, che si mostrerà amico assai infido. Lo zingaro Ghurge, insediato nel suo accampamento come un re, tra figli numerosi e prostitute, i suoi traffici loschi di armi e di alcool. E la madre di Halid, rimasta vedova. Halid torna con in tasca un bel po’ di marchi. Non si sa bene da dove vengano. Halid vorrebbe usarli per ricostruirsi la vita insieme a Mira.

Ecco qua. Abbiamo messo sul tavolo le tessere che compongono il mosaico di questo libro. L’immagine del mosaico mi sembra efficace. Pensiamo alle singole tessere che compongono il disegno. Possono anche essere fatte di materiali diversi. Possono avere origini diverse, lavorazioni diverse. Poi c’è qualcuno che le assembla, che le incolla le une alle altre. In un certo senso, le forza a stare assieme. Senza la colla, ognuna se ne andrebbe per conto suo, probabilmente. Portando all’estremo questo ragionamento, forse tutte le tessere dello stesso colore vorrebbero ritornare insieme, e mal tollererebbero la presenza delle altre.

Leggere questo libro fa lo stesso effetto. I personaggi, prima ancora che con la loro individualità, devono fare i conti con due aspetti del destino: l’essere etnicamente diversi (differenza non rimediabile), e l’essere inestricabilmente intrecciati. Halid e Momir giocavano insieme da piccoli e probabilmente non avevano fino in fondo coscienza del fatto di essere l’uno mussulmano e l’altro serbo. La dissoluzione dell’ex Jugoslavia e la guerra hanno fatto saltare la colla. Le tessere non volevano più stare assieme.

Colpiscono, in questo libro, la profondità dell’odio, la disarmante elementarità della violenza, la brutalità nei rapporti. Gli atti sessuali sono consumati dagli uomini con una voracità aliena da sentimento, e subiti dalle donne con inevitabile rassegnazione. Si avrebbe la tentazione di parlare di assenza di umanità, se non fosse che l’umanità è, purtroppo, anche questo. Vorremmo poter dire che siamo altro, ma l’orribile evidenza delle recenti vicende ci dimostra purtroppo il contrario.

Natasha Radojcic-Kane rende tutto questo con un impianto narrativo che richiama alla tragedia greca. Fin dall’inizio incombe un clima cupo, si sente nell’aria qualcosa di malsano, si intuisce che lo scioglimento non potrà che essere drammatico. Tutto è descritto con fredda necessità, senza tralasciare odori, umori, caldo, freddo. Utilizza un’estrema asciuttezza ed economia di mezzi, non c’è nulla di più né nulla di meno del necessario, ogni elemento, ogni personaggio hanno una precisa funzione narrativa.

La speranza non appartiene all’universo narrato da questo libro, che lascia sgomenti e perplessi sulla possibilità che abbiamo di costruire una convivenza pacifica.

di Stefano Mola