Nedved, stakanovista della fatica

Novembre 21, 2002 in Sport da Roberto Grossi

Dopo l’intermezzo infrasettimanale legato alle rappresentative nazionali, la Juve è tornata ieri pomeriggio ad allenarsi a ranghi completi al campo ‘Combi’. Per un giorno quindi (ma accade sovente nelle giornate di pioggia) i bianconeri hanno sgambettato nel vecchio e glorioso impianto che un tempo li vedeva ospiti fissi. Come all’epoca di Platini. E, come ai tempi del francese, è di nuovo ora della Juve stellare, capolista in campionato e protagonista in Europa.

Sabato al Delle Alpi tocca all’ostico Bologna affrontare i lippiani: un impegno che arriva tre giorni dopo gli impegni con le varie nazionali (nove bianconeri impegnati) e tre prima dell’esordio nel secondo girone di Champions League a La Coruna: “Giocando ogni tre giorni è normale che la fatica si faccia sentire – confessa Nedved appena rientrato dall’impegno contro la Svezia – ma ormai un calciatore professionista deve abituarsi anche a questo. E’ il futuro del calcio: giocare sempre di più ed allenarsi sempre di meno. Con il Bologna sarà difficile: loro sono una buona squadra ma noi dobbiamo sfruttare il nostro grande momento e continuare a vincere il più possibile”.

Nei felsinei milita un certo Beppe Signori, compagno di squadra del ceko ai tempi della Lazio: “Grande giocatore, con il miglior ‘sinistro’ che abbia mai visto in circolazione. Come calcia lui non c’è nessuno: l’ultima prova è stata la rete contro il Perugia domenica scorsa”.

Grande Signori ma Pavel non è certo da meno, anzi. Il rendimento sin qui espresso dal centrocampista è straordinario: accelerazioni devastanti, assist, tiri imparabili per i portieri avversari (chiedere a Bucci per conferma). “E’ inutile giocare partite da otto in pagella ed altre da quattro. Io cerco la continuità ad alto livello per l’intera stagione e per ottenerla mi aiuto allenandomi tantissimo”.

Campo e famiglia, stakanovista della fatica, ricerca della perfezione. La filosofia cui si ispira Nedved è solo questa. “Mi alleno anche a casa, da solo e qualche volta mi faccio pure male: qualcuno mi dà del matto ma io sono fatto cosi. Al mio paese mi è stata insegnata questa cultura sin da piccolo. C’era un allenatore che continuava a ripetermi: ‘Più ti alleni e più diventerai forte!’. Io mi ispiro a questo. Modelli? In Cecoslovacchia c’era il comunismo e non avevamo possibilità di guardare il calcio estero: io prendevo esempio da Berger, un giocatore dello Sparta Praga”.

A chi gli domanda se ambisca a diventare il miglior calciatore nella storia del suo paese, Pavel risponde con la consueta modestia: “Sinceramente non ho mai pensato a questo: vedremo a fine carriera cosa avrò combinato e quel che avrò vinto. A proposito, quest’anno vorrei conquistare la Champions League: è il mio sogno da quando sono giunto a Torino”.

Si chiude con un pronostico sull’imminente Pallone d’Oro: “Sono tanti i buoni calciatori in lizza ma se proprio devo fare un nome dico Raul: il bomber madrileno mi è sempre piaciuto”.

di Roberto Grossi