Montero, un calcio alle ipocrisie

Febbraio 16, 2001 in Sport da Roberto Grossi

Non potrà mai essere banale né tantomeno noiosa un’intervista con Paolo Montero, colonna difensiva bianconera e della nazionale uruguayana. Anche ieri in sala stampa il sudamericano di ferro non ha smentito la propria fama: parlare poco con i giornalisti, categoria che gli sta indigesta, ma, quand’è il momento, farlo in modo chiaro e preciso, senza reticenze, come è nel suo costume da sempre. Frasi sincere, senza sfumature di grigio, solo bianco o nero, prendere o lasciare. Fuori da tutti gli schemi noiosi e insulsi che popolano il mondo pallonaro e i suoi ipocriti protagonisti.

Quale calciatore, ad esempio, avrebbe il coraggio di ammettere che “Il calcio è dei furbi, lo è sempre stato da quando è stato inventato e lo sarà sempre, perché scandalizzarsi? Io ho sempre sostenuto questo pensiero, mi fa ridere chi parla di simulatori, di cascatori. Tutti fanno la loro parte, si gioca per vincere e stop. Nessun moralismo, quando entro in campo penso ai tre punti e basta, mica ad essere un esempio per i miei figli o per chi mi guarda”.

Una verità appartenente praticamente a tutti, ma che solo il roccioso difensore ha il coraggio di spiattellarla ai quattro venti: “Inoltre non è detto che chi simula in un campo di calcio non sia leale nella vita, anzi..”.

Logico quindi l’apprezzamento per il romanista Totti, dipinto ultimamente da molti come un cascatore ed invece apprezzato da Montero: “Lo hanno criticato – continua Paolo – per essersi buttato in area contro il Bari, io invece gli faccio i complimenti, ha ottenuto ciò che voleva. Non si tratta di ingannare gli arbitri, ma di fare la propria parte, di svolgere ognuno il proprio ruolo: se un attaccante si getta in area sotto i miei occhi io non lo rimprovero, lui sta facendo solo il suo dovere, altro che moviole e dibattiti..”.

La moviola e la prova-tv stanno a Montero come il diavolo all’acqua santa: “Io rispetto tutti, ognuno ha la sua testa e ragiona a modo suo. Il calcio però si gioca in campo, tutto quello che si dice e che succede fuori, è secondario. Il mio sogno sarebbe giocare in un paese dove la moviola non esiste. D’altronde in Sudamerica non succede come qui. Prendete ad esempio Maradona: il suo gol di mano ai Mondiali fu considerato da tutti la mano di Dio…”.

Nessuna polemica col Perugia, non sarebbe “maschio” sfidare gli umbri a parole: “Domenica sarà una gara come le altre, utile per recuperare punti alla Roma e basta. Certo, il ricordo dello scudetto perso l’anno scorso non è dei più piacevoli, ma ormai è acqua passata.”

Paolo riserva l’unica piccola concessione all’ipocrisia a sé stesso, una bugia lampante detta per modestia: “Anche senza il sottoscritto la nostra difesa ha disputato ottime partite, per cui non mi sento affatto indispensabile. L’unico da cui non si può prescindere è Zidane: lui si che è un vero fenomeno”.

Si chiude con una battuta ironica: “Sento che da più parti si invoca il pagamento dei calciatori in base ai risultati: sarebbe una tragedia, tutti i soldi se li prenderebbe Zidane….”

di Roberto Grossi