Leonardo: il genio dislessico

Febbraio 18, 2001 in il Traspiratore da Redazione

La vita

A cavallo tra il ‘400 ed il ‘500 brillò la stella del più grande genio di tutti i tempi, dopo quello della lampada di Aladino: Leonardo da Vinci.

Nato da un rapporto extraconiugale, ebbe un’infanzia difficile, sia per colpa del cognome fittizio (il generico “da Vinci” rivelava immediatamente l’illegittimità della sua nascita), sia per colpa del nome, che con troppa facilità si prestava alle rime e alle cantilene maligne dei bambinetti suoi coetanei (del tipo “Leonardo bast…”). Con queste premesse, non ci si poteva aspettare di avere un bambino normale ed il piccolo Leo non deluse le attese. Fin da ragazzino mostrò particolare interesse per le arti e le scienze tecniche ed, in special modo, per l’anatomia umana.

E fu un avvenimento in particolare che diede una svolta alla sua vita: sua madre un giorno gli si avvicinò e disse “Leoncino – questo era il suo diminutivo – nonnino è morto”. Difficilmente un nonno aiuta a studiare un nipotino, ma il nonno di Leonardo gli fu indispensabile per gli studi di anatomia, come si può tutt’oggi vedere effigiato su alcuni suoi appunti. Con questi studi acquisì una grande conoscenza del corpo umano ed imparò a disegnarlo, applicandosi conseguentemente alla pittura.

Le invenzioni

Ma non fu solo pittore e studioso. Era uno sperimentalista: aveva progettato sculture, ma non solo bronzee. Usò, infatti, anche materiali innovativi: aveva spedito a Palermo una statua in ghiaccio per il re delle Due Sicilie e modellato per il doge di Venezia una statua di molliche di pane, successivamente piazzata nel centro di Piazza San Marco, ma misteriosamente nessuna delle due ci è pervenuta.

Fu un grande inventore: ideò numerose macchine volanti, ad imitazione del volo degli uccelli che osservava ore ed ore.

Come il suo contemporaneo collega, al quale si rivolse dicendo “Anche Michelangelo ha fatto le sue cappelle”, Leonardo fece qualche sbaglio: inventò l’elicottero, ma non l’eliporto, la bicicletta, ma non il doping, il paracadute, ma non Nuvenia Pocket…

I viaggi e la fortuna

Viaggiò per le corti di Firenze, Roma, Parigi, ma a Milano ebbe l’accoglienza più calorosa, circondato da una folla immensa: gli uomini sventolando bandiere rossonere e le donne con le locandine del Titanic urlanti a gran voce “Leonardo! Leonardo!”, anche se, quando capirono che si trattava del “da Vinci”, tutti se ne andarono sconsolati.

In questi viaggi conobbe personaggi famosi: Cesare Borgia a Milano, Lorenzo il Magnifico nei palazzi fiorentini, Renzo il magnaccio in corso Massimo, Ludovico il Moro alla corte sforzesca, Roberto Benigni e Massimo Troisi sul set di “Non ci resta che pian-gere”. In questi anni le opere di Leo-nardo sono state analizzate ai raggi Roentgen (detti anche raggi X), con cui si possono vedere i ripensamenti dell’artista e le intenzioni iniziali, e, più recentemente, ai raggi Sharpen (detti anche raggi “hic”, perché inventati dall’umorista in stato d’ebbrezza), attraverso i quali si possono osservare anche le intenzioni e i pensieri dei personaggi, dando origine a restauri che lasciano molto a desiderare (si veda la foto de “L’ultima cena” dopo il discutibile restauro coi raggi Sharpen).

Nonostante i riconoscimenti in tutto il mondo e nel corso dei secoli, anch’egli non fu profeta a casa sua: si narra che la cittadina, fiera di lui, gli intitolò una via, ma, per un errore dello scalpellino alla fine della scritta, sulla targa si leggeva “VIA LEONARDO DA VINCI!”. Il genio, fraintendendolo come uno sgradito messaggio, mestamente non vi fece più ritorno.

Il Traspiratore – Numero 24

di Sharpen