L’Apocalypto di Mel Gibson

Gennaio 21, 2007 in Cinema da Barbara Novarese

Non è un horror nonostante sangue, crudeltà, presagi, terrore… La storia è ambientata nelle lontane Americhe di 600 anni fa

Apocalypto

Un film di

Mel Gibson

Attori

Rudy Youngblood, Dalia Hernandez, Jonathan Brewer, Morris Birdyellowhead, Carlos Emilio Baez, Israel Contreras

Genere

Azione

Durata

139 minuti

Produzione

USA

Anno

2006

Locandina ApocalyptoSangue, crudeltà, presagi, terrore, ci sono tutti gli elementi principali per catalogare la pellicola tra gli horror… eppure “APOCALYPTO” non è un horror.

Dal greco APOKALUPSIS, che significa “rivelazione, scoprire”, il termine “apocalisse” (in Inglese “apocalypto”) è stato utilizzato nel corso del tempo con sfaccettature di significato diverse, compresa l’opinione diffusa che indichi la “distruzione totale”(per associazione d’idee con gli argomenti contenuti nell’ultimo libro biblico). Mel Gibson, nel timore di sbagliare, li ha abilmente mescolati tra loro come in un grosso calderone senza rivelarci se abbia costruito il suo film intorno al titolo o abbia pensato alla vicenda e per ultima cosa al titolo.

Apocalypto è stato argomento di forti ma inutili critiche, ancora prima che venisse proiettato… probabilmente sulla scia della sua precedente pellicola “la passione di Cristo” che, al contrario, meritava di essere discussa.

Nell’insieme è un buon film, anche se non privo d’imperfezioni e stonature.

Si è parlato del suo valore storiografico, come se si trattasse di un documentario ma i contenuti storici sono minimi: qualche leggenda; sacrifici umani dettagliati; armi e alcune usanze. I costumi sono pressoché inesistenti: i corpi nudi non necessitano di studi approfonditi mentre le maschere sono minuziosamente descritte nei libri di scuola. Un po’ di confusione sul Dio a cui venivano offerti sacrifici umani, riporta il film alla sua vera identità di romanzo che prende solo spunto da un popolo crudelissimo ed allo stesso tempo misterioso.

La lunga marcia, che conduce i prigionieri dal loro villaggio fino al luogo del sacrificio, è bellissima, studiata nei dettagli, costruita con ingegno ed intelligenza. Riesce a far provare il disagio terribile di un racconto vero, la sensazione di conoscere con certezza che non è un’invenzione; l’odore della terra e del sangue s’insinua nella sala insieme con la sete, il dolore, la paura e la morte. Anche i dialoghi parlati nell’antica lingua Maya di Yucateco sono suggestivi, coinvolgono completamente lo spettatore in una specie di trance ipnotico… ma non sarà perchè se si distrae non legge i sottotitoli, dunque non capisce nulla?

La storia è ambientata nelle lontane Americhe di 600 anni fa, non ancora visitate dai conquistadores spagnoli; purtroppo, però, questo s’intuisce circa a metà dello spettacolo, se si guarda il film senza aver prima letto commenti o recensioni.

Gli attori sono indigeni e messicani, ingaggiati fra Mexico City e Yucatan, l’ambientazione è in parte la giungla ed in parte una città costruita da abili scenografi ed ingegneri. La giungla non ha bisogno di ritocchi: è arte già in se stessa; la ricostruzione invece è superba. Di crudeltà se n’è trova davvero tanta ma non abbastanza da rappresentare la realtà di un popolo famoso per la sua impareggiabile organizzazione, per le sue conoscenze astrologiche e per la sua innata predisposizione ad uccidere attraverso inaudita sofferenza.

Il finale, così combinato, è necessario per attribuire significato alla storia tuttavia è povero nei contenuti e negli effetti scenografici. Mel Gibson lo sa bene, ma si crogiola nello stupore suscitato fino a quel momento, dimostrando di essere un bravo illusionista più che un provetto regista.

di Barbara Novarese