La tartaruga di Gaugin

Novembre 3, 2005 in Libri da Redazione

Titolo: La tartaruga di Gaugin
Autore: Andrea Bocconi
Casa editrice: Guanda
Prezzo: € 12,00
Pagine: 130

Tartaruga GauginParlare di viaggio ai carcerati. La tartaruga di Gauguin riuscirebbe a fare anche questo. Anzi, annulliamo l’ipotetico. La tartaruga di Gauguin riesce a parlare a chi non ha mai viaggiato. A chi è sempre stato chiuso fra quattro mura, casomai in una piccola città. Una piccola città come quella in cui l’autore, Andrea Bocconi, è nato e cresciuto. Andrea però è riuscito ad allontanarsi dalla sua realtà, per raccontarne altre. E sono quattordici le storie che questo lucchese, aretino d’adozione, ci presenta nel suo ultimo libro. Storie in cui parla di quattro continenti. C’è l’Europa. L’Italia dove ad Arezzo un bambino impara a parlare, usando parole apparentemente insensate. L’Italia dove a Forte dei Marmi un uomo va sempre in vacanza nella seconda metà di giugno. C’è l’Asia, con Bombay e Singapore. C’è l’Oceania con Bali, Uttar Oradesh, Giava. C’è Tahiti, dove si snoda il racconto che dà anche il titolo al libro. Il racconto più bello, forse. Protagonista è Sandro Manetti, professore di storia dell’arte di Lucca, che parte alla ricerca del pittore preferito: Gauguin, inseguito già in Bretagna e in Danimarca. Manetti che lascia a casa la bella fidanzata, si invaghisce di una montagna di donna, Ayu, conosce un uomo misterioso, lo zio della ragazza thaitiana. Un mistero, che collega il pittore parigino all’insegnante lucchese, nasce e cresce durante la narrazione, attraverso una tartaruga che vive nella natura delle descrizioni, attraverso le parole del saggio zio. “Non tutti muoiono” dice, il vecchio, a Manetti quando calpesta il Pesce Pietra e gli chiede come fa ancora ad essere vivo.

Protagonisti delle storie sono i personaggi, che diventano un tutt’uno con i luoghi. Facce e storie così simili anche se così lontane dal punto di vista geografico. C’è il ragazzo che non alza lo sguardo e studia e conosce e parla con il mondo guardandogli le gambe, i piedi, il modo di camminare. C’è la donna che dopo un viaggio in India quando torna è cambiata, grazie ad un bellissimo acquisto. Ci sono poi quelli che riconoscono gli elfi e quelli che non ci credono, o almeno vorrebbero. E poi c’è il Dott. Agung, che comunicava con la pittura. Dipingeva in maniera ossessiva sempre lo stesso soggetto, appendendolo alle pareti di casa, pretendendone l’affissione in quelle degli altri. La normalità e la realtà quotidiana, che si intrecciano e si annullano, o completano, quando, d’un tratto, sopraggiunge la volontà di stare zitti. Di chiudere la bocca. Cucirla. Forse ascoltare. Un’espressione di sé che si articola, poi, in passeggiate nelle risaie, caffè al bar, musica di xilofono. Un silenzio che è fatto, soprattutto, di aquiloni costruiti con sacchetti di plastica. Aquiloni che volano nel cielo, mossi dal vento. Senza pretese.

C’è chi viaggia sempre e non parte mai; c’è chi parte e va lontano senza bisogno di viaggiare; c’è chi parte e non viaggia e chi non parte e non viaggia dice Andrea. E lo fa attraverso le parole scritte sulla copertina, su uno sfondo verde e rosso, con delle palme gialle, stilizzate. E sembra quasi impossibile non credergli, che esista qualcuno che arriva lontano anche senza preparare i bagagli. Soprattutto dopo aver letto. Anzi, dopo aver viaggiato con lui, in Sierra Leone, in Turchia, in molte parti del mondo. Dopo aver viaggiato così a lungo. Con così tanto piacere.

di Flavia Piccinni