La salamandra

Febbraio 15, 2001 in il Traspiratore da Redazione

Ci troviamo nel bel mezzo dell’enorme parco che circonda il castello di Chambord, ebbene sì, nella Loira. C’è un’aria singolare qui e te ne accorgi subito: prima la foresta inghiotte tutto, poi la spianata, il fossato di cinta, gli sbarramenti del corso d’acqua e questo stranissimo castello. Abbiamo lasciato la macchina qui vicino, al parcheggio, e fermi sulla spianata stiamo osservando il castello: non c’è ancora molta gente in giro, c’è silenzio e il posto dà l’impressione di una grande pace.

La salamandra L’occhio si posa sulla struttura del castello, i primi tre piani appaiono piuttosto compatti. E poi c’è il tetto. E mentre guardo questo tetto, mi dico: “Ma qua deve esserci qualcosa di sbagliato!!!”. Mi ricordo di aver visto qualcosa di simile da piccola, su un libro delle favole: era un castello con tutte torrette, balconcini, spioventi, orologi…Insomma, un macello, una festa di particolari che non sapevi più da che parte guardare! Ecco, la sensazione è la stessa, rifletto.

Approfittando dell’assenza di turisti, entriamo a fare foto nel cortile. Una scala esterna, balconata, si avvita accompagnando fin quasi sui tetti. Saliamo e ci infiliamo in un porticina posta proprio in cima, ritrovandoci sotto una parte del tetto: suolo in terra battuta, architravi che si profilano, camini, scheletri di uccelli morti e strane apparecchiature cinematografiche… Mah… Che sarà mai? Usciamo fuori perché ci tarda vedere ancora questo bel sole d’autunno e ci mettiamo in coda per la visita guidata.

La guida che ci accoglie è molto preparata, parla in modo chiaro e comprensibile; ci conduce nel corpo principale del castello. Si tratta di una struttura ripresa da un antico mastio medioevale: un corpo centrale sormontato da una torre e quattro torri laterali.

Ci viene spiegato che il castello è nato per essere il “castello di caccia” di Francesco I e per dimostrare a tutti la sua potenza, all’epoca della sua disputa con Carlo V per il titolo di Imperatore del Sacro Romano Impero. Nel corso di tutti questi secoli è stato abitato pochissimo. E di una guerra è stato il frutto: Francesco I, sceso in guerra in Italia e fatto prigioniero laggiù, appena adolescente, aveva avuto tutto il tempo di apprezzare le meraviglie architettoniche del Rinascimento italiano e, una volta tornato, aveva ordinato la costruzione di questo castello. I primi tre piani, infatti, vennero portati a termine durante il suo regno, con il grosso mistero del progetto originale e del suo autore. La leggenda vuole, infatti, che fosse Leonardo da Vinci, che fu spesso alla corte del sovrano (come dimostra la presenza della Gioconda al Louvre…), ma che morì il giorno stesso della posa della prima pietra del castello.

Le chiuse che imbrigliano il corso d’acqua utilizzato per il fossato del castello, in ogni caso, ce lo ricordano tanto: è a lui che dobbiamo questa praticissima invenzione!

Ma il castello non venne terminato durante il suo regno, bensì continuato da tutti i suoi predecessori, tra cui il figlio Enrico II, quello che, come previsto da Nostradamus, morì durante un torneo (per essersi beccato una lancia in un occhio, berk!), fino a quando Luigi XIV non apportò le ultime modifiche alla facciata.

L’ultimo abitante regale fu il Conte di Chambord, nipote di Carlo X, che sarebbe potuto diventare Enrico V, ma fu spodestato dalla Rivoluzione e, rifiutandosi di giurare fedeltà alla Repubblica, morì in esilio.

La sala centrale è ampia e maestosa e, proprio in centro, c’è la portentosa scala che funge da torre centrale e che ha una particolarità: si compone di due rampe avvolte ad elica, per cui, salendo su una di esse, non è mai possibile vedere chi sale sull’altra, per la serie, evitate i vostri nemici, gli invitati scomodi, nascondetevi ascoltando… Per ognuno dei tre piani che contribuiscono a formare il corpo del castello, vi è una struttura che si ripete sistematicamente: una camera con soffitti alti sette metri, tre camere con soffitti alti solo tre metri, perché in realtà al di sopra di esse si vengono a trovare altre tre stanze, riunite alle sottostanti da comode scalette di servizio. Gli appartamenti con il soffitto alto avevano funzione di saloni di ricevimento pubblico, le altre di stanze private. Per esempio, nel “quartier” al primo piano in cui abitò Francesco I, la stanza grande era la sua camera da letto, mentre di sopra vi era quella della sua amante, e di fianco vi era una cucina personale, separata da quelle del castello, tramite la quale il sovrano, dotato di buon appetito, poteva farsi servire a tutte le ore del giorno, e soprattutto della notte, un rapido pasto, dando origine al modo di dire “l’en cas”, ovvero “in caso di appetito…”. Ci tengo a specificare che a quei tempi e in quei luoghi si mangiava soprattutto selvaggina, quindi bisogna pensare ad uno spuntino di mezzanotte con un quarto di cervo… Che direbbero i nostri dietologi?!?

Insomma, la vita al castello era… Tutta vita, e di regine ne ha viste poche, data la funzione essenzialmente ludica del posto: si andava a caccia e si andava a donne (un buontempone esclama: “Anche quella è una caccia!!!” e la guida sorride: “… Un altro tipo di caccia…”) e di certo, anche nello studio di Luigi IV, tutto boiseries, non furono molte le decisioni importanti prese, riguardanti più che altro lo stile delle uniformi di caccia delle guardie o la quantità di cani da assegnare ad ogni battuta.

Continua la visita: saliamo e scendiamo scale, grandi e piccole, passiamo per balconate esterne. Anche nelle quattro torri poste agli angoli si ripete il fenomeno delle stanze a due altezze, ma con sole due + due camere con soffitto basso.

Insomma, anche la struttura centrale, che da fuori sembrava così semplice, si rivela invece un labirinto di più di cento camere e ben presto abbiamo completamente perso il senso dell’orientamento. La guida ci racconta che anche loro, quando hanno organizzato il servizio delle visite e fatto un primo sopralluogo, han rischiato di perdersi…

E intanto, arriviamo in una stanza posta in una torre, tutta piena di “F” sormontate da corone e di… Boh?!? Sembra un dinosauro, ma piccolo… O allora una lucertola, ma grossa… Cos’è?!? E finalmente ci viene chiarito il rebus: non è una lucertola, né un dino, ma una salamandra!!! Il simbolo di Francesco I, un animale quasi mitologico che, secondo la leggenda, mangia il fuoco e sputa acqua, ovvero, per il sovrano, mangia il male e diffonde il bene… C’è un’antica porta di legno con una bella riproduzione, la osservo da vicino: ci sono piccole fiamme tutte intorno e la salamandra che sputa goccioline d’acqua.

E’ curioso, come simbolo, per un sovrano, niente grifoni, leoni, aquile, animali possenti o maestosi, ma un animaletto modesto, al limite anche un po’ repellente, ma con poteri magici…

Intanto la visita è finita, indugiamo ancora un po’ sui tetti osservando i particolari e il paesaggio circostante, spettacolare, e intanto si sono fatte le quattro e lo stomaco reclama la sua parte.

Ci ritorneremo dopo al castello: abbiamo visto all’entrata che durante i fine settimana viene realizzato uno spettacolo di suoni e luci, intitolato “Les métamorphoses de Chambord” e abbiamo deciso di fermarci fino a sera. Tanto la giornata è bella, vi sono alcuni negozietti di specialità campagnole nei quali ci quali ci fiondiamo per provare i vari formaggi caprini, pecorini, ecc.…

Mentre la macchina si allontana nel fitto della vera foresta, ad andatura moderata per non travolgere qualche cerbiatto, che qui ancora ce ne sono, mi chiedo stupita se tutto quello che ho visto è vero…

Il Traspiratore – Numero 22

di Gabriella Gibiino