In viaggio per il Roero

Marzo 16, 2003 in Viaggi e Turismo da Tiziana Fissore

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Se il viaggiare può essere un’esperienza di vita, in quanto permette la conoscenza di posti nuovi, mentalità diverse e ritorno nel passato di un popolo, lo è anche quando il viaggio è limitato a luoghi a noi molto vicini, che crediamo di conoscere da sempre e sono abitati da gente simile a noi come modo di pensare, di linguaggio e di comunicazione.

Ciò che intendo dire è che a volte tendiamo a sottovalutare luoghi di rara bellezza solo perché li abbiamo vicini, mentre la tendenza è quella di valutare con esasperazione positiva luoghi lontani (forse perché irraggiungibili).

E’ quello che mi è successo recentemente una domenica in cui mi sono proposta di vagare per il Roero (per chi non lo sapesse è una delle zone più belle del Piemonte), senza una meta precisa, seguendo stradine di campagna e lasciando la strada provinciale. Era una domenica primaverile, ma la strana nebbiolina che avvolgeva la campagna era più autunnale che primaverile, nel senso che era più grigia, più consistente e non lasciava trapelare il minimo raggio di sole. Eppure proprio in questo ambiente che in quel momento appariva come una foto in bianco e nero, con luci soffuse e sfumature evanescenti, riscoprii il paesaggio che mi circondava.

34121M’incamminai nella zona di Canale e, provenendo dalla parte di Monteu Roero, mi apparvero immediatamente le ‘Rocche’.

Le ‘Rocche’ di Monteu Roero come quelle di Pocapaglia sono delle forre che tagliano nel vivo le colline e sono famose perché rappresentano un mondo ormai scomparso da millenni. Sono infatti il risultato del ritrarsi delle acque del mare Astigiano e, se uno si sofferma a rimirarle, ritrova in esse gli ex fondali marini di cui hanno conservato la conformazione morfologica, dando segni di questo loro passato regalando fossili marini, conchiglie ed impronte di animali e molluschi ormai scomparsi.

Proseguendo il cammino feci un continuo saliscendi per le colline e, nel ritrovare paesaggi da favola, il mio animo incominciò a rilassarsi. Percorrere una strada situata sul limite di due valloni, da dove l’occhio può spaziare (nelle belle giornate) fino alle Alpi o, in giornate grigie come quella domenica, fino alle colline più vicine, in un continuo alternarsi di alberi secolari, fittissimi boschetti… Lasciar poi libero lo sguardo di aprirsi su piccole colline tondeggianti, interamente ricoperte da vigneti, lavorati con una precisione incredibile e potati mirabilmente, che si mostrano in maniera che definirei elegante… Vigneti che in primavera spiccano bruni sulla bianca terra, poi verdeggianti al sole estivo ed infine come una tavolozza di un pittore in autunno… E’ come percorrere la propria vita, tra vigneti che ne rappresentano il faticoso lavoro e boschi invitanti dove è facile perdersi.

34122(1)Come fu bello camminando per queste stradine, tra casolari ristrutturati mantenendo però lo stile di un tempo, senza permettere al grigio cemento di distruggere la poeticità del luogo, ritrovare piccoli appezzamenti di terreno completamente ricoperti di primule che si aprivano dolcemente, quasi a cercare quel sole che si faceva attendere come una bella donna velata e ricercata.

E che bello ancora trovare una piccola frazione con la chiesetta dal campanile aguzzo, il piccolo piazzale ricoperto dal riso, ultima traccia di un matrimonio recente, magari di due giovani che avevano preferito la quiete di questo luogo al caos della città, per un momento importante della loro vita; e la piccola locanda con la targa di foggia antica e dal nome arcaico ‘Il cavallo bianco’, con i vetri appannati dal contrasto del caldo interno e dell’aria ancora fresca dell’esterno, dove si può mangiare bene e a poco prezzo il coniglio allevato dagli stessi proprietari del ristorante, le tagliatelle fatte in casa e si può bere un buon bicchiere di Arneis.

34119Ognuno di noi ormai vive una vita caotica, il tempo ‘nemico’ passa troppo in fretta, la giornata dovrebbe essere di 36 ore, non si riesce mai a fare tutto, si corre… si corre troppo, ma è necessario ogni tanto fermarsi e ritrovare noi stessi, fare un buco nella nostra vita come una grotta a parte, per comunicare con noi stessi e con la natura. In quel momento mi sentii in pace con me e con gli altri, riuscivo a manifestare non solo con le parole, ma anche con il silenzio, la pace che era dentro me, anche a chi mi stava vicino! Chi l’ha detto che le parole servono per comunicare? C’è tanta gente che parla, parla fino allo stordimento senza dire nulla e senza rendere partecipi gli altri.

Le vere sensazioni vengono dal più profondo della nostra natura, quando incontra l’altra natura, quella che ci circonda. E’ una simbiosi che si prova solo a contatto con la natura semplice ed è un inno quasi musicale quello che ne scaturisce, una sinfonia ove vi è eleganza e stile… E nel ritorno al passato si ritrova una parte di noi stessi che continua a vivere in questo mondo presente. Siamo come quegli alberi secolari sul ciglio della strada: abbiamo bisogno del terreno del passato per alzare le braccia al cielo del futuro, per continuare a vivere lungo quel ciglio di strada che è la nostra vita; siamo come quelle primule che si aprono al sole delle esperienze ed abbiamo bisogno di un pezzo di terreno fertile che è dentro di noi, come quei vigneti, per dare buoni frutti. Ma ora che ci penso… già, qualcun altro disse a suo tempo che la vigna era grande, ma gli operai pochi.

Vogliamo cercare di essere dei buoni operai e buoni vigneti per fare della nostra vita il nettare degli dei?

di Tiziana Fissore