Il Protocollo di Kyoto

Agosto 4, 2005 in il Traspiratore da Redazione

Le speranze per l’ambiente del futuro prossimo

Timido, forse, comunque si tratta di un primo, valido ed incoraggiante risultato per le politiche ambientali a livello internazionale. Mai, prima di questi anni, infatti, era stato sancito un accordo così esteso ed ampio, tanto che la maggior parte dei Paesi (europei e non) hanno trovato il coraggio di andare avanti anche contro gli Stati Uniti (o per lo meno senza il loro consenso). Un primo passo rappresentato dal Protocollo siglato a Kyoto, documento nel quale gli scienziati hanno unanimemente affermato che i cambiamenti climatici avvenuti sinora sul nostro Pianeta non si arresteranno, anzi continueranno a verificarsi, fino a che il mondo intero non muterà in modo radicale il proprio modo di, cito testualmente, “fare affari”. Al di là del catastrofismo gratuito, ci sono dati precisi ed inconfutabili. Ad esempio, l’Artic Climate Change Assesment ha riscontrato che il riscaldamento nella zona artica sta procedendo a ritmi molto superiori rispetto a quelli ipotizzabili con studi statistici. Riflessi a breve termine? Minaccia seria di estinzione per l’Orso bianco e problemi di sussistenza, a causa dell’innalzamento del livello marino, per tutte le Nazioni composte da piccole isole. Per tutti, eventi climatici sempre più anomali ed estremi, nonché carenza di acqua potabile, in quanto i ghiacciai (fonti indispensabili di acqua dolce per milioni di persone) si stanno inesorabilmente sciogliendo. Sono problemi immani, che l’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto potrebbe (e speriamo potrà) risolvere, almeno in parte. Il fatto che Paesi del calibro di Russia e Giappone vi abbiano aderito è importante; altrettanto determinante è che il Documento sia stato ratificato dall’Unione Europea, Italia in primis, che, in virtù di leggi decise e forti contro l’inquinamento, si è dichiarata orientata a rinforzare la propria azione. Sicuramente, come sottolineano autorevoli esponenti del WWF, molto resta ancora da dire e da fare, soprattutto per ridurre le emissioni di CO2, sia negli Stati in via di sviluppo (Filippine, India, Tailandia), sia in quelli effettivamente già industrializzati. Il settore più allarmante, in quanto più inquinante, è quello energetico, come in effetti è, e resta, un problema la produzione di energia “pulita”. Ad esempio, molte delle centrali elettriche continuano ad essere alimentate a carbone, combustibile tra i più dannosi per il clima. Fortunatamente esistono nuove tecnologie, tutte, come si suole dire, economicamente sostenibili. Il problema, a tutti gli effetti, però non risiede nelle disponibilità tecnologiche, piuttosto nella volontà politica internazionale di indurre tanto i cittadini, quanto l’intero mondo industriale e produttivo verso un concreto risparmio energetico, nella speranza che sia accompagnato da un urgente, conseguente cambiamento bio-climatico. Dalle scelte dei leader di tutto il mondo dipende non solo il nostro presente, ma anche, e soprattutto, il futuro delle generazioni a venire.

Il Protocollo, firmato nel dicembre 1997 a Kyoto (Giappone) a conclusione della terza sessione plenaria della Conferenza delle parti (COP3), contiene obiettivi legalmente vincolanti e decisioni sull’attuazione operativa di alcuni degli impegni della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici (United Nation Framework Convention on Climate Change). L’accordo, entrato in vigore il 16 febbraio 2005, prevede per i paesi industrializzati una riduzione, nell’arco temporale 2008-‘12, delle emissioni inquinanti del 5,2% rispetto a quelle del 1990. Sono esclusi dal negoziato i paesi in via di sviluppo, per evitare di ostacolare la loro crescita economica.

Il Traspiratore – Numero 54

di M. Reggio