Il grande silenzio

Novembre 14, 2002 in Spettacoli da Redazione

“Il grande Silenzio” (Ita/Fra, 1968) di Sergio Corbucci, con Klaus Kinski, Jean-Louis Trintignan e Mario Brega

32523(1)Con Stefano Della Casa in cabina di regia il Torino Film Festival ha da qualche anno sdoganato la produzione italiana di genere. E’ un dato di fatto. Di questa produzione uno degli indiscussi campioni fu sicuramente Sergio Corbucci. Lo scorso anno Della Casa ripescò “La mazzetta”, un giallo napoletano sottovalutato, con Manfredi, Stoppa e Mastroianni in grande spolvero, quest’anno è toccato a “Il grande Silenzio”, uno spaghetti western girato sulle Montagne del Gran Sasso ed interpretato da Jean-Louis Trintignan e da Klaus Kinski. Per comprendere chi sia il buono (Silenzio appunto) e chi il cattivo (tale Loco) non ci vuole certo un genio, basta un lombrosiano da quattro soldi: l’infame è naturalmente Kinski.

E’ un western nevoso, crepuscolare, con una forte impronta politica (siamo nel ’68). Le musiche sono di Ennio Morricone, anche la storia si aggira nei paraggi di Sergio Leone. In un villaggio di montagna alcuni banditi resi tali da un usuraio vengono uccisi da un cacciatore di taglie. A dargli la caccia è Silenzio, un killer muto che spara solo per difendersi. C’è anche una vendetta da consumare. Un bel saggio di spaghetti western che abbiamo potuto vedere grazie all’intervento della Cineteca di Monaco che si è occupata di restaurarlo.

“Sentieri Selvaggi” (1956) di John Ford con John Wayne, Jeffrey Hunter, Vera Miles, Ward Bond, Natalie Wood, John Qualen

Una porta si spalanca sul deserto, un rettangolo di cielo azzurrissimo invade la penombra di una casa.

E’ il cielo di John Ford, immenso e chiaro, interrotto dalle magnifiche statue di roccia della Monumental Valley.

John Ford amava quella remota zona del Texas, ne amava la terra con cui , per dirla con le parole di Joh Milius, aveva un “love affaire”.

Ai tempi di “Sentieri Selvaggi” la Monumental Valley era il luogo più sperduto di tutti gli Stati Uniti e sicuramente uno dei più impervi.

Tempeste di sabbia, penuria d’acqua, temperature estreme e problemi logistici rendevano le riprese molto avventurose e quindi coerenti con lo spirito del film.

“Sentieri Selvaggi” racconta la solitudine e la vulnerabilità dei pionieri negli spazi infiniti e deserti della frontiera, narra la storia della fragilità di vite esposte ad ogni minaccia.

I selvaggi a cui il titolo allude sono gli indiani ma sono anche i protagonisti, divisi tra l’odio e il rispetto per un popolo con cui condividono l’asprezza della vìta e lo stretto rapporto con la natura.

John Wayne nella parte di Ethan Edwards è molto intenso e commuovente, dà vita ad un personaggio duro ma non sordo ai sentimenti. Come nella leggenda del west l’eroe non è un uomo perfetto e senza macchia, non è il vincente ma l’indomito, colui che nonostante le guerre, le sconfitte, i vizi, non rinuncia alla propria umanità.

di Elena & Davide