Iago al teatro Tangram di Torino

Marzo 27, 2007 in Spettacoli da Roberto Canavesi

Iago_LATINI SCATOLATORINO – E’ proprio il caso di dire che gli assenti hanno avuto torto nel non assistere a “Iago”, lo spettacolo-concerto scritto a quattro mani da Roberto Latini e Gianluca Misiti per Fortebraccio Teatro, andato in scena nel fine settimana nella sala del Tangram Teatro, la casa adottiva torinese del bravo attore romano: sessanta minuti filati per una rilettura della saga simbolo di amore e gelosia che diventa occasione per un concerto sonoro di grande intensità e forza dove Roberto Latini, in scena solo un’asta e due microfoni, è perfetto nel dar vita a tutti i personaggi della tragedia. Da Otello a Jago, da Desdemona a Cassio, passando per Brabanzio, la declamazione scivola via con (apparenti) semplici modulazioni di una voce che diventa personaggio, insinuandosi nei meandri di un testo appositamente riscritto, ma lasciato intatto nel suo originario nucleo tragico espressivo.

Un lavoro di fine cesello che perderebbe linfa vitale se non fosse supportato dalle musiche di Gianluca Misiti, fedele braccio destro di vita artistica, anch’egli geniale nell’individuare un tracciato sonoro che amplifica, sonoramente e concettualmente, le parole di una vicenda presentata dal punto di vista di Jago, il cui occhio clinico scruta e fotografa la torbida realtà alimentata da delazione e gelosia.

Uno spettacolo lineare per costruzione ed impianto, in questo molto diverso dai precedenti allestimenti del gruppo romano, dove all’indagine sperimentale, elemento da sempre distintivo dell’attività di Latini, si mescola una ricerca fine ma mai esasperata sulla componente sonora e sulle sue potenzialità: il riscontro scenico è di grande forza e suggestione, al pari dei numerosi e meritati applausi finali.

“Iago” di Roberto Latini e Gianluca Misiti: una produzione Fortebraccio Teatro in collaborazione con Il Gruppo Libero Teatro San Martino. In scena Roberto Latini, musiche originali di Gianluca Misiti, luci e direzione artistica di Max Mugnai.

di Roberto Canavesi