I film che cambiano la vita

Aprile 29, 2002 in Spettacoli da Redazione

30568Se non ti cambiano la vita migliorano la qualità delle tue visioni.

Le pellicole del 17° festival internazionale di film con tematiche omosessuali di cui parleremo forse non cambiano le nostre esistenze come recita lo slogan della manifestazione, ma aprono uno spiraglio su una produzione che altrimenti non avrebbe visibilità. Non si capisce perché, per legittimare film di tale qualità e che nulla hanno da invidiare rispetto ai film considerati ortodossi dalle case di distribuzione, si debba passare per forza solo attraverso un festival tematico.

Cortometraggi come Uncle Bar at Barbershop (Corea, 2000, 22’) di Kwon Jong-kwan,

Late Summer (USA, 2000, 25’) di David Ottenhouse o Blue Haven (USA, 2001, 17’) di Julian Cautherley affrontano con grazia argomenti che riguardano tutti. Parlano di amore, della difficoltà di vivere in una società che ragiona per schemi, di iniziazione alla vita adulta, di skateboard, della ricerca di una dimensione che sia coerente con il proprio modo di essere.

Uncle Bar at Barbershop è la storia di un barbiere silenzioso e discreto che non beve, non fuma, e non appende alla parete del suo negozio calendari con belle ragazze bionde in costume da bagno. I suoi clienti fanno apprezzamenti sulle vicine di casa, lo incoraggiano ad assumere una giovane aiutante che allieti le sue giornate e finiscono per insinuare dubbi sulla sua identità.

Late Summer racconta di un ragazzino, orfano di padre, che viene affidato ai parenti per qualche tempo. La freddezza e la formalità degli zii è compensata dalla simpatia e dall’esuberanza del cugino Josh che lo coinvolge nelle sue attività, gli confida i propri segreti, e lo inizia alla marijuana.

Blue Haven è un modello di piscina in auge negli anni 70, le sue curve perfette ne fanno il sogno di tutti gli amanti dello skateboard. Henry e Fakie sono amici, amanti e compagni di evoluzioni sulla tavola. Fakie non è veramente soddisfatto di sé, per realizzare il suo sogno ha bisogno di molto denaro…

Marilyn on Marilyn (UK, 2001, 54’) di Paul Kerr è un documentario su Norma Jane. L’originalità di questo film sta nel fatto che la voce fuori campo a commento delle fasi della vita della stella del cinema è quella di Marilyn stessa. Paul Kerr ha utilizzato un’intervista che la diva aveva rilasciato pochi giorni prima della sua morte.

La vediamo bambina in filmati amatoriali e in fotografie, modella agli esordi, attrice e poi mito, sogno delle folle di soldati nella guerra di Corea, moglie di Joe di Maggio e di Henry Miller.

La voce di Marilyn rivela a tratti l’amarezza per la difficile infanzia che ha vissuto e per l’atteggiamento vampiresco dei registi e delle case di produzione. La frase che Marilyn ripete più spesso è “Tutti hanno preso da me quello che hanno potuto, ognuno ha preso un pezzo di me”. La fama, la consapevolezza di essere considerata un oggetto dalle folle che la assediavano sono definite dall’attrice un fardello. Marilyn polemizza con il ritmo eccessivo della vita americana, con l’ansia di produrre, con un sistema cinematografico che trascura la dimensione artistica, lo studio, l’approfondimento a favore della quantità e della velocità. Ma le sue frasi sono sempre ironiche e intervallate da battute, la sua voce è molto espressiva e commovente, viva nei cambiamenti di ritmo e di tono.

Friends and family (USA 2001, 90’) di Kristen Coury.

La visita di un padre e di una madre al figlio lontano scatena imprevedibili sconquassi nella tranquilla esistenza di due gangster e dei loro amici.

Stephen e Danny sono una coppia affiatata nella vita sentimentale come nel lavoro, abitano in una sfarzosa casa a Manhattan e proteggono con grande efficacia un capomafia siciliano e la sua famiglia.

L’ omosessualità dei Stephen e Danny è nota a tutti, parenti, amici, rivali e nessuno osa mettere in dubbio la loro capacità di persuasione con debitori insolventi o la loro impeccabile professionalità. Il fatto che siano gay eleganti e raffinati non interferisce con la natura violenta del loro mestiere.

La notizia dell’imminente e non preannunciata incursione parentale trascina nel panico la coppia, i genitori di Stephen credono infatti che il figlio e il suo compagno lavorino nel campo del catering!

Per uscire indenni da questa spinosa situazione gli amici della coppia, e persino la famiglia mafiosa al completo, fingeranno di far parte della loro società, dando il via ad una commedia degli equivoci ben riuscita che si avvale di una buona sceneggiatura, ottimi attori e dialoghi esilaranti.

Alla vicenda principale s’intrecciano le storie dei due figli maschi del boss, per nulla interessati a curare gli affari di famiglia.

Questo film parla dello scarto che a volte c’è tra quello che si è e quello che si fa per vivere ma anche tra apparenza e realtà (i genitori del promesso sposo della figlia del boss riservano al pubblico un’insospettabile sorpresa).

di Elena Bottari