Guerra: ke business!!!

Marzo 23, 2003 in Medley da Redazione

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Perché si fa una Guerra?

Proviamo ad analizzare i retroscena dell’attacco americano all’Iraq nel 1991 e ci avvaliamo di una lezione del corso di “Modellistica e gestione delle risorse naturali 1” del Politecnico di Milano.

I costi della guerra del Golfo

40 miliardi di dollari, pari a 42 miliardi di euro, ossia 80.000 miliardi di lire.

Chi li ha pagati? Verrebbe spontaneo dire che i 40 miliardi di $ siano stati pagati dagli USA, ma ciò è vero solo in parte.

Infatti: dei 40 miliardi di $, il 25% dei costi è stato coperto dagli USA (10 miliardi di $), mentre il 75% dei costi è stato coperto dai paesi arabi, in particolare da Kuwait ed Arabia Saudita (30 miliardi di dollari).

Ma dove li hanno trovati i soldi?

Il prezzo del petrolio, prima della guerra, era di circa 15$ al barile, ma con la guerra del Golfo è lievitato fino a 42$ al barile, generando un guadagno EXTRA stimato attorno ad almeno 60 miliardi di dollari. Ed a chi è andato questo guadagno? Nei paesi arabi vige la legge del fifty-fifty: il 50% al governo locale, il 50% alla multinazionale che controlla il giacimento. Quindi, per un guadagno netto dal rincaro del petrolio di 60 milardi di $, 30 miliardi sono andati alle compagnie petrolifere e 30 miliardi ai governi dei paesi arabi di Kuwait ed Arabia Saudita.

Ma di chi sono le compagnie petrolifere?

Nel Medio Oriente, l’estrazione ed il commercio del petrolio sono totalmente in mano alle “sette sorelle” (Shell, Tamoil, Esso…), tutte americane, di cui 5 di proprietà statale USA. Quindi i 30 miliardi di $ di guadagno sono stati spartiti così: 21 miliardi di $ al governo americano e circa 9 a privati americani.

La tabella riassume le spese ed i ricavi, espressi in miliardi di dollari:

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Gli USA hanno guadagnato 20 miliardi di dollari dalla guerra del Golfo, riuscendo a fare il business con l’escamotage della liberazione del Kuwait.

In definitiva: ma chi ha pagato la guerra del ‘91?

I consumatori di petrolio: noi! Quindi gli USA, tra aumento del prezzo del greggio e guadagni dell’indotto bellico, hanno guadagnato 11 miliardi di $ direttamente e 49 miliardi di $ dall’indotto.

Dove sono finiti i 40 miliardi di $ spesi per il conflitto? All’industria bellica americana!

Ne consegue che la guerra del Golfo del ’91 è stata combattuta esclusivamente per motivi economici e non per fini umanitari o di difesa della libertà del Kuwait.

Oggi?

Quali sono i motivi scatenanti la guerra in Afghanistan e la nuova guerra in Iraq?

La prima aveva come principale obiettivo l’instaurazione di un governo fantoccio, che desse il via libera alla costruzione di un oleodotto di proprietà USA che, proveniente dal Kazakistan e attraversando il territorio afgano, arrivi fino alle coste con l’Oceano Indiano, per una lunghezza di 2500 km.

Questo oleodotto ha come unica alternativa la costruzione di un altro oleodotto, che attraverso Iran, Iraq e Turchia giunga fino al Mediterraneo, lungo un tragitto di 5500 km, enormemente più dispendioso sia da realizzare, sia da mantenere, a causa delle tasse che i tre paesi imporrebbero agli USA per il passaggio del loro oleodotto.

E’ molto più semplice ed economico quindi radere al suolo un paese già martoriato da 30 anni di guerra e renderlo una propria colonia, con la possibilità di costruire e gestire liberamente l’oleodotto.

Il signor Bush ha dovuto nuovamente attaccare l’Iraq perché oggi gli USA sono in rotta con i vecchi alleati sauditi, loro maggiori fornitori di petrolio dell’area mediorientale. La spaccatura tra questi due paesi sta diventando insanabile, per vari motivi: l’Arabia Saudita è uno dei paesi maggiormente coinvolti nel terrorismo di Bin Laden e l’opinione pubblica mondiale è schierata in massa contro questo Paese, per via del mancato rispetto dei diritti umani.

Quindi per l’amministrazione Bush si è presentato un obiettivo prioritario: cercare un’alternativa petrolifera all’Arabia Saudita nell’area mediorientale. Ecco quindi cadere la scelta sull’Iraq per invasione e monopolizzazione.

Ma perché proprio questo Paese?

Uno, non può difendersi: la povertà causata dall’embargo ha raggiunto un livello tale da provocare la morte di circa 300.000 bambini ogni anno.

Due, l’Iraq offre un facile pretesto per giustificare l’attacco agli occhi dell’opinione pubblica: la presenza di fantomatiche armi di distruzione di massa, che peraltro sono sviluppabili solo con un’altissima tecnologia e notevoli capitali, cose che l’Iraq non possiede.

Il terrore mondiale di queste armi distoglie la nostra attenzione dalla vera causa del conflitto: la lotta per il dominio dell’oro nero.

Tre, al momento l’Iraq non gode dell’appoggio di nessuna grande potenza.

Quattro, è il secondo produttore mediorientale di greggio.

Inoltre negli ultimi mesi è scoppiata in tutta la sua drammaticità la rivolta sociale in Venezuela, conseguente alle disastrose condizioni di vita cui è stata costretta la popolazione, ed il Venezuela è il maggior fornitore di greggio degli Stati Uniti.

Oggi quindi gli USA sono rimasti privi dei loro due grandi fornitori di petrolio, e devono trovare alternative valide per poter ricominciare a vivere in sicurezza.

La guerra inoltre risanerà il debito pubblico americano, con cui Bush sta facendo i conti da mesi sul fronte interno.

La guerra ridarà l’orgoglio di appartenere alla sola e vera cultura.

La guerra permetterà altro benessere, altra narcotica incoscienza.

di Francesco Cantamutto