Gli Artisti del Faraone

Maggio 23, 2003 in Arte da Sonia Gallesio

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“Lei che splende di perfezione, brillante di pelle, con gli occhi belli quando guardano, con le labbra dolci quando parlano, essa non ha mai una parola di troppo; lei che alto ha il collo, il petto luminoso con capelli di veri lapislazzuli, le cui braccia superano lo splendore dell’oro, le cui dita sono come boccioli di loto. Lei che ha languide le reni, strette le anche, le cui gambe difendono la bellezza, il cui passo è pieno di nobiltà quando posa i piedi sul suolo, con il suo abbraccio mi prende il cuore”. Contrariamente a quanto si possa supporre, questa non è una bella poesia di un autore contemporaneo, bensì un canto d’amore scritto nell’Antico Egitto (Papiro Chester Beatty). Attraverso più di 300 reperti, in effetti, la mostra torinese Gli Artisti del Faraone dimostra proprio come gli Egizi non avessero abitudini, aspettative ed esigenze poi così diverse dalle nostre. Grazie ai ritrovamenti nel sito archeologico di Deir el-Medina (Nuovo Regno, 1.500 – 1.050 a.C.), oggi si è in grado di far luce su molti aspetti concreti della vita privata e lavorativa al tempo dei faraoni. E questo affascinante allestimento, appunto, anziché celebrare la sontuosità che ha sempre contraddistinto i lasciti dell’intramontabile popolo, illustra con dovizia di particolari la vita quotidiana di un remoto e raccolto villaggio. Sito in una valle non lontana da Tebe, sulla sponda ovest del Nilo…

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Rivolta al grande pubblico ma di alto valore scientifico, la mostra si articola in due differenti spazi. Presso Palazzo Bricherasio l’esposizione è suddivisa in quattro sezioni tematiche dedicate alla vita familiare, al lavoro, alle credenze religiose ed ai riti funerari. Presso il Museo Egizio, invece, è stato appositamente predisposto un percorso volto ad indicare quei reperti della collezione permanete rinvenuti proprio a Deir el-Medina. All’inizio della XVIII dinastia, il villaggio fu fondato da Thutmosi I per ospitare l’insieme di operai, artigiani ed artisti che si sarebbero occupati della costruzione delle tombe ipogee nelle valli dei Re e delle Regine. La sua nascita fu strettamente collegata al significativo cambiamento che ebbe luogo in merito alla sepoltura dei faraoni. Se precedentemente la stessa avveniva all’interno di maestose piramidi, infatti, nel Nuovo Regno si optò per tombe più discrete, nascoste nella valle tebana. Contrariamente a quanto accadeva per la maggior parte dei villaggi, il fatto di essere ubicato in una vallata desertica – lontana dalle zone coltivate e dunque non soggetta alle continue piene del Nilo – ha permesso a Deir el-Medina di preservarsi quasi intatto fino alla sua riscoperta.

La mostra torinese vanta un significativo numero di ostraca scritti e figurati, nonché una buona rappresentanza di ushabti (servitori del defunto). Inoltre, presenta un’interessante selezione di arnesi, mobili, stoviglie, strumenti musicali, gioielli, papiri magici o con testi divinatori, sarcofagi ed oggetti funerari (preparati per sé dagli artisti e dagli artigiani nel tempo libero). In merito all’attività lavorativa, poi, sono raccolti svariati documenti che illustrano l’organizzazione delle squadre di lavoro, i salari, gli scioperi, i motivi d’assenza, nonché schizzi e bozzetti inerenti le decorazioni delle tombe. La totalità dei reperti testimonia un’intensa vita sociale, ma più di tutto palesa una sorprendente corrispondenza tra gli aspetti della vita quotidiana odierna e quella di allora. A tal proposito, basti pensare che le donne godevano di diritti patrimoniali accuratamente definiti, ed ancora che adozioni, separazioni e divorzi erano previsti e possibili. Oppure che la settimana lavorativa durava otto giorni, ai quali ne seguivano due di riposo in cui gli uomini rientravano in famiglia, al villaggio. Da Deir el-Medina ci giungono testimonianze di conflitti privati, turbamenti amorosi, gusti letterari. E’ doveroso ricordare come in nessun altro sito siano state ritrovate tracce così intime della vita privata degli abitanti dell’Antico Egitto. Tra gli altri, si segnalano i numerosi ostraca raffiguranti danzatrici svestite o giovani madri che allattano i loro bambini.

34768Gli Artisti del Faraone, inoltre, documenta in modo piuttosto esaustivo le credenze ed i fenomeni legati alla sfera spirituale, rivelando le infinite sfaccettature della pietà popolare dell’epoca. I numerosissimi ex voto rinvenuti, ad esempio, denotano una religiosità molto forte. Senza dubbio, uno dei fattori di maggior interesse è rappresentato dal culto degli antenati (akhu), i quali erano oggetto di adorazione, non di timore. “Fate un’offerta all’akhu della vostra casa” raccomandava il calendario egizio dei giorni fausti ed infausti, in modo che gli stessi giungessero in aiuto, accordassero la loro protezione. L’antenato venerato, infatti, era designato come akh iker (spirito eccellente), ed insieme a Ra era pregato di vegliare sulla sua discendenza o sull’intera comunità. Di una certa rilevanza era anche il culto degli dei locali. Per via della loro amabilità e della loro indulgenza, spesso quest’ultimi venivano preferiti alle divinità onorate nei grandi templi. In merito al percorso espositivo definito all’interno del Museo Egizio, da ricordare la cappella del pittore Maia (il sepolcro fu ritrovato a Deir el-Medina nel 1905 da Ernesto Schiaparelli) e la tomba dell’architetto Kha e di sua moglie Merit, scoperta appena un anno più tardi.

Gli Artisti del Faraone. Deir el-Medina e le Valli dei Re e delle Regine

Torino, Palazzo Bricherasio, via Lagrange 20 tel. 011 57.11.811

Prorogata fino al 2 giugno 2003

Orari: lun 14.00/20.00; mart e merc 9.00/20.00; da gio a dom 9.00/23.00

Ingresso: intero € 6.50; ridotto serale € 5.50 (dalle 20.00 alle 23.00); ridotto € 4.50

Museo Egizio, via Accademia delle Scienze 6 tel. 011 56.17.776

Orari: da mart a dom 8.30/19.30; lunedì chiuso

Ingresso: intero € 6.50; ridotto € 3.00

Catalogo: Electa, Milano

Per informazioni: 011 57.11.888

Sito consigliato: www.palazzobricherasio.it

I Faraoni a Venezia

Museo Egizio

Ostraca, fogli di pietra

Urei, ushabti & C.

di Sonia Gallesio