Finestra sulla goliardia

Febbraio 18, 2001 in il Traspiratore da Redazione

Il XII secolo

Verso il XII secolo, l’oscurantismo culturale cominciò ad attenuarsi e pian piano emerse lo stimolo di nuove esigenze. Gli “Homini novi”, pur fedeli ai dettami di Santa Madre Chiesa, non disdegnavano alcuni piaceri corporali. In buona parte si trattava di uomini di lettere tenuti in gran considerazione, ma comunque uomini che non disprezzavano i conviti sfarzosi e succulenti.

Essendo, però, la cultura e la sua stessa diffusione saldamente in mano al clero, gli “Homini novi” dovevano sottostare all’obbligo della tonsura, non potevano contrarre matrimonio e dovevano ubbidire alle leggi del prelato. Dalla loro condizione semi-clericale, quindi, si potrebbe far derivare il termine “Clericus”.

I Clerici

Spostandosi per le corti d’Europa e viaggiando da una regione all’altra, ospiti graditi e idolatrati dagli studenti delle”Universitates”, i cosiddetti “Clerici” furono dei veri diffusori della sapienza e della cultura. A causa di questo loro peregrinare tra le corti, presero il nome di “Clerici Vagantes”.

L’esponente più noto fu Abelardo, autore del carme “Ordo Vagorum”, una specie di statuto dei Clerici Vagantes. Costoro, però, non si limitarono a diffondere il sapere e la scienza altrui, ma cominciarono ad esprimere una loro poesia, ricca di motivi gioiosi, entusiasta dell’aspetto sensuale e libertino della vita. Questa loro lirica, contrapponendosi alla morale clericale che certamente male si addiceva alle loro menti di liberi pensatori, determinò ben presto la rottura con il Clero.

La loro poesia non solo esprimeva il godimento nel vivere, la sensualità, il buonumore, l’amore per le donne, per il vino e per il gioco, ma conteneva espressioni satiriche ed anche delle dissimulazioni più o meno derisorie sulla stessa religione. Non pochi sono i “carmina”, infatti, nei quali inserivano l’innesto di versi blasfemi su di una base liturgica, quali ad esempio: “Pater noster qui es in shipis” (Padre nostro che sei nei calici); oppure “Confiteor Reo Bacco Onnipotanti” (Confesso al colpevole Bacco onnibevente).

Man mano che la protesta dei Clerici Vagantes si fece sempre più mordace e violenta, rivolgendosi con aspra satira verso la società del tempo, la Chiesa cessò di considerare con benevola indulgenza quegli spiriti liberi.

Il Novello Golia

Dai pulpiti si cominciò a tuonare contro i clerici di Abelardo, che venne soprannominato “il Novello Golia”, nemico di Dio. I Clerici, conseguentemente, cominciarono a subire, da parte della Chiesa, un’emarginazione sempre più feroce che, in alcuni casi limite, determinò anche violenza fisica: lo stesso Abelardo fu evirato dagli sgherri del canonico Fulberto per averne sedotto la giovine nipote Eloisa.

Ben presto i Clerici Vagantes scomparirono; incalzati dal braccio secolare della Chiesa si dispersero per l’Europa, riducendosi lentamente allo stato di semplici uomini di cultura, non più collegati ad alcun movimento culturale. Le loro opere, i “Carmina goliardica”, sparirono dimenticate negli scaffali polverosi delle biblioteche private.

“Goliardus”

L’etimologia del termine “Goliardo” è controversa: secondo alcuni deriverebbe dal francese antico, “goliard”, o dal latino medievale ,”goliardus”. Altri la ricollegano all’incrocio di “Golias” (nome medievale del gigante Golia ed anche denominazione del diavolo) con la parola latina “gula”. Secondo altri ancora, potrebbe derivare dal nome del più famoso dei Clerici, Abelardo, o più probabilmente dal soprannome di questi, “Golias novellus”.

Noi non ci soffermiamo sull’attendibilità dell’una o dell’altra tesi, perché ci sembra del tutto pleonastico. Tuttavia è certo che, in ogni epoca, gli studenti più scanzonati e più disposti ad evitare, con scherzosa ironia, di prendere le cose sul serio furono detti, appunto, “goliardi”.

Nel XIII secolo troviamo, dunque, i Clerici Vagantes che, per ragioni di studio o per spirito d’avventura, vagavano da una città all’altra, preferendo soprattutto quelle che risultavano sedi di “Universitates”.

Le Universitates

Ognuna di queste era già famosa per una scienza specifica: Bologna per la giurisprudenza, Parigi per la teologia e Salerno per la medicina.

La stessa “Universitas” di Bologna, fondata nel 1185 da Federico Barbarossa, raggiunse una fama internazionale ospitando migliaia di giovani studenti. Questi, col tempo, cominciarono a riunirsi in gruppi ben organizzati, che vivevano secondo una medesima regola ed erano retti da capi riconosciuti.

Nacque così, non solo a Bologna, ma anche nelle altre università italiane, il complesso degli “ordini goliardici” retti dai Principes, che solitamente assumevano cariche e titoli analoghi agli ordini cavallereschi del tempo. Era l’epoca in cui i docenti familiarizzavano vo1entieri con gli scolari, anche perché la loro nomina, in molte università, avveniva con l’intervento degli studenti.

Ad esempio, negli Statuti dell’antica Perugia, si legge che gli studenti dell’Università, alla vigilia di S. Giovanni Battista, assieme al Rettore, si recavano presso il Palazzo del Capitano del Popolo e, in presenza di quest’ultimo e del cancelliere del Comune, eleggevano – sembra a scrutinio segreto – i professori che avrebbero dovuto tenere loro lezioni durante l’anno subentrante.

(continua)

Il Traspiratore – Numero 27

di Giovanni Ruotolo