Cosa cambia per le donne afgane?

Dicembre 17, 2001 in Attualità da Claris

La guerra non è finita, ma quasi, invece gli strascichi, quelli economici, sociali e u-mani, iniziano solo ora, ed in maniera pesante. La scorsa settimana si è riunita la Commissione Pari Opportunità del Comune di Torino, insieme alle consigliere delle dieci circoscrizioni, per incontrare il Comitato di Difesa delle Donne afgane, rappre-sentato da Margherita Granero e Matilde Adduci.

Tanti ovviamente i problemi aperti per una popolazione vessata in maniera iniqua per decenni ed in particolare per le donne, le quali, per un’interpretazione arbitraria della legge coranica, erano diventate, sotto il regime talebano, dei puri oggetti, sen-za linfa vitale, senza possibilità di emersione dalle mura del paese, delle case, del velo sul viso…

Matilde Adducci è reduce da un viaggio in Pakistan, nei campi profughi afgani, e perciò ha portato la testimonianza della sua missione, sottolineando come sia forte il dialogo con le donne afgane, in particolare con l’Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afgane (Rawa), nata a Kabul nel 1977 come organizzazione indipendente delle donne afgane che lottano per i diritti umani e per la giustizia sociale nel loro Paese.

“Nella visita ai campi profughi e negli incontri con le associazioni di pace locali è emerso come sia molto forte il bisogno primario legato al reddito, alla salute e all’istruzione per la costruzione di un percorso di cittadinanza futura. Soprattutto è stato sottolineato dalle donne Rawa come sia importante investire sull’istruzione dei bambini per far capire loro il passato, il presente e per poter scegliere il futuro del proprio paese. Da circa un decennio le donne Rawa hanno portato avanti il progetto di scolarizzazione per i bambini tanto che in uno dei campi profughi i bambini sape-vano scrivere e leggere.”

Questo è stato raggiunto grazie all’impegno delle donne Rawa che son riuscite a portare i bambini nelle scuole donando ai genitori degli stessi dei telai per tessere tappeti ed evadere il problema del reddito familiare. “Una delle esperienze che più mi hanno colpita – dichiara Matilde Adduci – e che al campo profughi utilizzassero spettacoli teatrali come strumento per far passare parecchi messaggi di denuncia alle violenze subite dalle donne e di lotta al fondamentalismo”.Insomma l’uso del te-atro come momento formativo, alla pari dell’antica civiltà greca, e del resto proprio di momento ‘primitivo’ si può parlare del recente passato afgano.

Le preoccupazioni dell’associazione Rawa, rilevate dalla delegazione italiana in Pa-kistan, sono quelle riguardanti il futuro del Paese e la sua possibile democrazia. Se-condo le donne afgane, la sostituzione, al Governo dell’Afganistan, dei Mujaiddhin per i Taleban rischia di non portare alcun cambiamento, tantomeno la democrazia, visto che già dal 1992 al 1996 questo potere era stato portatore di stupri e violenze di ogni tipo verso le donne, nonché di crimini di ogni sorta contro la popolazione civi-le. Si teme insomma un’altra ondata di ingiustificata violenza, solo sotto diverso no-me.

Al riguardo la consigliera Monica Cerutti, presidente della Commissione, ha sot-tolineato come la tragedia delle donne afgane nasca ben prima dell’11 settembre, quando l’Occidente si è finalmente accorto di loro. Dopo aver ascoltato la testimo-nianza della delegazione, la Commissione Pari Opportunità della Città di Torino si è interrogata su cosa stia effettivamente cambiando in questo momento per le donne afgane, ritenendo fondamentale che venga mantenuta viva l’attenzione nei loro con-fronti, anche nei prossimi mesi, soprattutto in corrispondenza di un loro coinvolgi-mento nel processo di pace e nel nuovo governo afgano.

di Claris