Cibo come media

Dicembre 8, 2003 in Libri da Gustare da Marinella Fugazza

Oscar Marchisio – Cibo come media – La rotta italiana tra la Scilla del McDonald’s e le Cariddi della nouvelle cuisine – Franco Angeli Editore – pag. 160, € 13.50

1687 o 1688: anno in cui Edward Lloyd inaugura in Tower Street, a Londra, la prima caffetteria, creando uno spazio entro cui la socialità diventa il collante e la risorsa del mercato, utilizzando come strumento del processo produttivo il cibo. Così facendo, tutti gli esercizi pubblici che in seguito si sono “generati” hanno creato una dimensione nel quale l’uomo può riacquistare il suo privato in un ambito collettivo.

15 aprile 1955: Ray Kroc apre il suo primo McDonald: inizia il “consumo seriale” e l’occupazione di luoghi più ampi in cui creare aggregazione mantenendo comunque l’individualità e il privato del “gruppo”.

Oscar Marchisio nel suo “CIBO come MEDIA. La rotta italiana tra la Scilla del McDonald’s e le Cariddi della nouvelle cuisine”, del quale è il curatore, analizza il complesso universo alimentare scomponendolo nei suoi molteplici e variegati aspetti collegati comunque da uno stesso filo conduttore: l’”ingrediente” sociale e comportamentale dell’individuo nelle diverse forme di ritrovo alimentare.

Il libro è composto da tre parti ognuna delle quali è suddivisa in capitoli che trattano in modo più specifico la tematica da sviluppare. Esperti dei più svariati settori, che hanno però come minimo comune denominatore l’eterogeneo mondo del cibo, esprimono la loro opinione sulla base della specifica competenza ed esperienza. Marchisio riunisce sociologi e gastroenterologi, filosofi e dietiste, tecnologi alimentari e trendsetter, specialisti e manager per segnare e tracciare la strada che può unire aspetti, sfumature, storia e realtà di un settore fondamentale per la nostra economia, nonché nostro “fiore all’occhiello” agli occhi del mondo intero.

Il curatore, fra l’altro, oltre ad essere un sociologo e ricercatore, è una persona che di strada ne ha tracciata e percorsa una molto lunga: lui, originario di Calosso (in provincia di Asti) è arrivato fino a Pechino dove, nel mese di giugno, ha visto realizzato il suo progetto di un maxi ristorante italiano, una specie di borgo tricolore con stradine, botteghe e prodotti tipici, il tutto a prezzi accessibili per il grande pubblico cinese. Dalla lettura del volume emergono tutti gli aspetti contraddittori che caratterizzano l’italico mondo alimentare e che, paradossalmente, diventano elementi di prestigio e di vanto…

Come scrive Marchisio: “Di fronte ai competitors mondiali della ristorazione collettiva e della commerciale la posizione delle aziende italiane è debole sia come dimensione che come architettura d’investimenti, poche aziende quotate e poche catene all’estero ma ha un atout straordinario, quello di operare e svilupparsi nella più grande riserva d’oro a cielo aperto del mondo e cioè la varietà enogastronomica italiana.

La sensazione che si avverte immediatamente giungendo al termine del testo è quella che anche in campo alimentare si riflettono i segni caratteristici, distintivi e comportamentali del nostro paese e dei suoi abitanti: varietà e complessità, fantasia e creatività, individualità e convivialità.

Il libro si avvale anche di numerose note bibliografiche per chi volesse approfondire curiosità ed interessi. Non è neppure trascurata la componente salutistica e nutrizionale oggi sempre più rilevante in seguito alle nuove norme igienico-sanitarie ed ai corretti comportamenti alimentari. In ogni caso un libro che parla di cibo, seppure in modo inconsueto dal come immaginiamo i volumi che trattano questo argomento, non può esimersi dal riportare almeno una ricetta: gli ingredienti ed il procedimento sono quelli della “Torta della Nonna”.

Essa viene presa come riferimento per lanciare una sfida, l’ennesima nella storia della nostra evoluzione gastronomica: siamo sicuri che un processo produttivo industriale che si avvale di materia prime di buona qualità non riesca a riprodurre perfettamente la “mitica” torta di fanciullesca memoria? A voi l’ardua sentenza ma ad una condizione: sgomberare la mente ed il cuore dal richiamo affettivo e dalla memoria famigliare.

di Marinella Fugazza