C.D.G.* 2E

Giugno 14, 2004 in Punti di Vista da Simona Margarino

25/06/03 – 23/05/04

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aeroporto parigi CDG

Some wounds arrive and hit like a earthquake, at times even foretelling you a future in a terminal death.

In that violent shaking of the mind the dream sinks into a nightmare where, while a trolley bag is smoothly sliding on the shining floor, all of a sudden, cement, glass, steel, 30 meters of ceiling, everything starts falling.

If you think at that, the splendour of glittering modernity changes shape right when its false appearance of quiet calmness disappear like a bubble, but with a tremendous crash. Then mirrors turn into grey laminating sheets, bright surfaces get covered with smoke and no difference can be seen any more between what used to be there, what it was supposed to become and what is left.

Architects’ plans, a mistake, some kind of misfortune, an accident collide in a labyrinth of debris. Weird, though you knew that those corridors, polished by the fatigue of working hands, could have taken you anywhere, to the air or under the ground. And that is the trick: despite all doubt, we are prepared to the fadeout of the old, we never expect that it can be the new to collapse.

But this is the naked story: 750 million euros, a million bricks in the right place, metal bars fitting the proper space, while one of them -just one, maybe- leans enough to destabilize all certainties. Under the noise of steps, wheels, feet, cries, frantic movements, in the end something leads to a crack, the last human betrayal: to make people believe that things can survive forever, while the truth is that they often live for less than a single year.

Paris, 23rd May 2004, 7 a.m.: a plane is taking off and today someone is not coming back home.

* Charles De Gaulle airport, terminal 2E

C.D.G.* 2E

25/06/03 – 23/05/04

“E la parola di pietra è caduta / Sul mio petto ancor vivo. / Non è nulla, vi ero preparata, / In qualche modo però. / Oggi sono molto occupata: / Bisogna uccidere il ricordo fino in fondo, / Bisogna che l’anima diventi di pietra, / Bisogna di nuovo imparare a vivere. / Ma non è questo… Il sussurro ardente dell’estate, / Pare una festa dietro la finestra. / Da lungo tempo presentivo questo giorno / chiaro e la casa vuota”, Anna Achmatova, 1934.

Alcune ferite arrivano e colpiscono come un terremoto, a volte persino predicendovi un futuro in una morte terminale*.

In quel violento sconvolgimento della mente il sogno affonda in un incubo in cui, mentre una valigia scorre lenta sul pavimento scintillante, improvvisamente, cemento, vetro, acciaio, 30 metri di soffitto, tutto inizia a cadere.

Se ci pensate, lo splendore della modernità luccicante cambia forma proprio nel momento in cui la sua falsa apparenza di calma quiete svanisce come una bolla, ma in uno schianto tremendo. Allora gli specchi si trasformano in laminati grigi, superfici brillanti si coprono di fumo e non si vede più alcuna differenza tra quel che c’era, quello che doveva diventare e quel che è rimasto.

Progetti di architetti, un errore, una qualche disgrazia, un incidente si scontrano in un labirinto di macerie. Strano, eppure lo sapevate che quei corridoi, ripuliti dalla fatica di mani che lavorano, avrebbero potuto portarvi ovunque, in aria come sotto terra. E questo è l’inganno: a dispetto di ogni dubbio, siamo preparati alla scomparsa del vecchio, mai ci aspetteremmo che sia il nuovo a crollare.

Ma questa è la nuda storia: 750 milioni di euro, un milione di mattoni al posto giusto, barre di metallo a occupare gli spazi dovuti, mentre uno -solo uno, forse- s’inclina abbastanza da destabilizzare tutte le certezze. Sotto il rumore di passi, ruote, piedi, urla, movimenti frenetici, alla fine qualcosa porta a una rottura, l’ultimo tradimento umano: credere che le cose possano sopravvivere per sempre, mentre la verità è che spesso vivono meno di un anno appena.

Parigi, 23 Maggio 2004, 7 a.m.: un aereo sta decollando e oggi qualcuno non tornerà a casa.

* Aeroporto Charles De Gaulle, terminale 2E

di Simona Margarino