Bere il territorio

Dicembre 5, 2001 in Attualità da Stefano Mola

Se avete tra 18 e 30 anni, e avete voglia di raccontare come vi siete avvicinati al vino, ecco un’occasione per voi: il concorso letterario promosso dall’associazione GoWine. Si intitola “Bere il territorio”.

Descrivete il vostro rapporto col vino, il suo ambiente, la sua cultura, cosa vi attratto e cosa vi attrae, le vostre riflessioni critiche: in forma libera, purché la sua lunghezza stia tra le 2 e le 5 cartelle. Ci sono due sezioni speciali riservate agli allievi degli istituti Alberghieri e degli Istituti Agrari. Dettaglio non trascurabile, al vincitore andrà 1.500.000 Lire (1.200.000 ai vincitori delle sezioni speciali).

Potete partecipare da soli o in gruppo, ma con un solo elaborato.

Avete tempo fino al 31 Gennaio 2002 per far pervenire i vostri testi alla sede di GoWine (Piazza Risorgimento 5, 12051 Alba).

Lasciamoci per un attimo trascinare dalle suggestioni. Quando bevo un bicchiere di vino, bevo una storia. Che parte dalla timida comparsa del grappolo sui tralci, va avanti fino al momento in cui qualcuno stacca il grappolo e lo porta via: nel frattempo il grappolo si è nutrito del territorio sopra e sotto. Sotto, prendendo quel che è necessario tramite le radici; sopra, per come il territorio nella sua irrimediabile immobilità soggiace fatalisticamente al ciclo del sole, del vento, della pioggia (non della grandine, si spera: ma ogni storia è potenzialmente tragica).

A questa componente tutto sommato eterna, circolarmente stagionale, se ne somma un’altra, meno eterna: la mano che recide il grappolo, e che lo ha curato (non basta certo piantare le viti e poi tornarsene belli belli per la vendemmia). Una mano che appartiene a un corpo, e questo corpo abita, non solo, vive, magari ama, vicino alla vigna. E la mano fa partire una seconda gestazione, con un evento che da punto di vista del grappolo è particolarmente sanguinoso (per non dire splatter): la pigiatura. Mentre per la mano (sarebbe meglio dire per il piede, ma forse non si fa più) invece è festoso: il solito problema del punto di vista.

E poi questo sangue della terra viene impiantato in quegli uteri della terra che sono le cantine (verrebbe da dire che il prodotto del sole per esaltarsi e trasformarsi ha bisogno dell’ombra). Regole codificate dalla sapienza che risiede nella testa cui appartiene la mano, provenendo dal percorso verticale della sua trasmissione definiscono tutto quello che nell’ombra succede fino a un rumore rotondo: il tappo è stato estratto.

Dunque bere vino significa veramente bere un territorio, la sua posizione, il suo orientamento rispetto al sole, la sua composizione chimica, la sapienza delle teste e delle mani che ci abitano, e quindi significa bere una storia, ovvero l’intersezione della storia ciclicamente eterna (o quasi, c’è sempre l’effetto serra) propria delle stagioni con la storia degli uomini e delle loro passioni.

Un viaggio nella geografia e nel tempo, potenzialmente duplice anch’esso: il tempo della storia del territorio e quello della storia personale di chi racconta come si è avvicinato al vino e quali emozioni ne ricava.

Per chi scrive, l’unico rimpianto è aver superato i 30 anni e non poter partecipare…

Premiazione prevista per il Marzo 2002, ad Alba.

Altre informazioni:

www.gowinet.it (e-mail: [email protected])

Tel. 0173.364.631

di Stefano Mola