Armando Testa: il genio della creatività

Marzo 1, 2001 in Arte da Claris

“Non so quando e come è nato Papalla. Le idee vengono improvvisamente mentre ci si sta facendo la barba oppure sono frutto di una lunga elaborazione che neanche noi avvertiamo. Certe volte il nostro subconscio è colpito da un’immagine anche banale, la riceve, la incamera nel nostro cervello, la elabora come un calcolatore elettronico e ce la restituisce, magari dopo tanto tempo, sotto altra forma”.

I concetti espressi in questa dichiarazione, rilasciata da Armando Testa nel ’68, sembrano banali. Se invece riflettiamo sulla percentuale di idee, tra tutte quelle che ci attraversano la mente, corrispondenti a lampi di genio e la confrontiamo con quella del maestro della creatività, allora ci accorgiamo di quanto sia stato estroso l’ideatore di Papalla, Pippo (l’ippopotamo azzurro per la Lines), Caballero e Carmencita e tanti altri personaggi unici… Già, perché proprio di intuizioni si tratta, intuizioni che hanno segnato le abitudini di milioni di italiani per decenni…

Il Castello di Rivoli, fino al 13 maggio, dedica una retrospettiva, comprendente circa 250 opere, ad Armando Testa, considerato il caposcuola della moderna pubblicità italiana. La mostra propone non solo le sue più importanti creazioni, ma ne documenta l’intera attività, dagli esordi agli ultimi lavori.

Tre sono state le caratteristiche fondamentali dell’opera di Testa: il dono della sintesi, la capacità di elaborazione metamorfica dell’immagine ed il sense of humour.

Le perfette geometrie della sfera sospesa sulla mezza sfera per l’aperitivo Punt e Mes (1960), che in dialetto piemontese significa appunto “un punto e mezzo”, sono l’emblema della capacità di sintesi dell’artista: poche immagini, decise nei tratti e nei colori, che trasmettono il concetto di sicurezza nell’avvicinarsi al prodotto.

Immagini e prodotti

Testa amava l’arte astratta, ma si rese presto conto che nella pubblicità l’astrattismo non può condurre a risultati concreti, infatti la gente riconosce solo le immagini. La novità, nelle sue campagne pubblicitarie, consistette nel trasformare in maniera metamorfica immagini note e comuni. Volendo cercare una corrente artistica di cui l’opera di Testa è figlia, possiamo pensare al secondo futurismo. Ecco allora il pneumatico che diventa elefante per la Pirelli, il ciclista trasformato in automobile per Riccadonna… dovunque il desiderio di modificare oggetti comuni per evidenziarci cose che percepiamo come consuete!

Scorrendo i suoi lavori nel tempo, come non citare l’azzardo dei colori fosforescenti per Facis e l’uso di tinte vivaci per Carpano, i riferimenti pittorici illustri negli eleganti manifesti per Borsalino ed in quello per le Olmpiadi di Roma ispirato a Sironi, il rapporto con Carosello, una delle trasmissioni più amate e seguite dagli italiani (19 milioni di ascoltatori…), grazie alle simpatiche storie del caballero che si trasforma in Paulista…

I maggiori contributi innovativi di Testa al linguaggio della pubblicità sono stati elaborati, infatti, per la televisione e sono documentati sia con i filmati dei primi “Caroselli” e dei successivi “spot”, sia con gli oggetti (raffiguranti i personaggi più famosi, da Carmencita a Papalla, a Pippo) impiegati per le animazioni visive.

E ancora, l’uso della donna nella pubblicità. Per la birra Peroni Nastro Azzurro o per i costumi da bagno Beatrix: le donzelle sono accattivanti, ma parzialmente nascoste; il nudo sarebbe stato banale, provocante, ma non fautore di curiosità verso il prodotto.

Dal Salone del Libro ad Amnesty

Altri passaggi importanti delle opere del maestro torinese sono stati l’evidenziazione delle dita e delle mani nei manifesti, la ricerca, tra figurativo ed astratto, compiuta per regalare ai numeri una nuova dimensione promozionale, fuori dal comune riferimento ai prezzi, ma soprattutto la rivoluzione nell’atteggiamento verso l’advertising di prodotti alimentari. Disse stop, infatti, alle tavole imbandite: per primo presentò il cibo in maniera autonoma, lasciandolo parlare da solo, con semplicità di stile. Tanti gli esempi: la busta invito di mortadella, gli spadaccini infiammati con i peperoncini, la poltrona di prosciutto.

Impossibile non citare anche simboli e loghi per eventi, istituzioni e associazioni culturali diventati marchi appartenenti a tutti, senza la consapevolezza della provenienza dalla fervida fantasia di Testa (pur se un occhio attento riconosce una geometria comune): per la GAM, il Salone del Libro e, naturalmente, padrone di casa in questa rassegna, il Castello di Rivoli, Museo d’arte Contemporanea.

Tra tutti gli impegni e le commesse lavorative, l’artista non abbandonò mai l’attenzione sul sociale, verso cui il coinvolgimento fu totale. Tinte forti, generalmente rosse su sfondo bianco sono le peculiarità dei manifesti: la drammatica figura rannicchiata in un angolo per Amnesty International o quella con la lingua verde del centro anti-veleni.

Straordinario il catalogo, curato come quelli che lui amava di più (“sono goloso di cataloghi d’arte… mi terrorizzano i troppi testi criptici… se poi incontro dei volumi dove la parte scritta predomina sulle riproduzioni la mia tristezza non ha limiti”, 1988), con testi critici di Gemma De Angelis Testa, Giorgio Verzotti, J. Deitch e Mauro Ferraresi, oltre ad interessanti testimonianze di artisti di tre generazioni: Michelangelo Pistoletto, Giulio Paolini, Haim Steinbach, Joseph Kosuth, Grazia Toderi e Francesco Vezzoli.

Armando Testa

Periodo: 21 febbraio – 13 maggio 2001

Orario: da martedì a venerdì 10.00 – 17.00; sabato e domenica 10.00 – 19.00; primo e terzo sabato del mese 10.00 – 22.00; lunedì chiuso

Sede: Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea – p.zza Mafalda di Savoia – 10098 Rivoli (To)

Ingresso: L. 12.000 intero; L. 8.000 ridotto

Informazioni: tel. 011.956.52.20

Cenni biografici

Nato a Torino nel 1917, Armando Testa ha frequentato la Scuola Tipografica Vigliardi Paravia, dove Ezio D’Errico, pittore astratto, gli permise di conoscere l’arte contemporanea, cui ha guardato sempre con grande interesse. Nel 1937, a vent’anni, vinse il suo primo concorso per la realizzazione di un manifesto, un disegno geometrico ideato per la casa di colori tipografici ICI. Dopo la guerra operò per importanti case, come Martini & Rossi, Carpano, Borsalino e Pirelli.

Nel 1956 fondò, a Torino naturalmente, lo Studio Testa (ora Armando Testa S.p.A., con sedi anche a Milano, Roma, Parigi, Londra, Madrid, Francoforte, Atene, Bruxelles), dedicato alla pubblicità, non solo grafica, ma anche televisiva. Alcune delle aziende servite dallo Studio divennero leader di settore: Lavazza, Sasso, Simmenthal, Lines. Nel 1958 vinse il concorso nazionale per il manifesto ufficiale delle Olimpiadi di Roma del 1960. Rifiutata in un secondo tempo l’immagine proposta da Testa, venne indetto un secondo concorso nel 1959: vinse anche questo!

Fra gli anni Cinquanta e Settanta nacquero immagini e animazioni filmate per la televisione che sono rimaste nella storia della pubblicità, legate a slogan entrati nel linguaggio comune. Come riconoscimento istituzionale del suo lavoro, venne invitato a tenere la cattedra di Disegno e Composizione della Stampa presso il Politecnico di Torino dal 1965 al 1971.

Nel 1968 ricevette la Medaglia d’oro del Ministero della Pubblica Istruzione per il suo contributo all’Arte Visiva, nel 1975 la Federazione Italiana Pubblicità gli tributò la Medaglia d’oro per i successi conseguiti all’estero. Instancabile la sua attività fino al termine delle forze nel 1992.

di Claris