Wonder boys

Febbraio 12, 2001 in Cinema da Redazione

WONDER BOYS (Usa, 2000) di Curtis Hanson, con Michael Douglas, Tobey Maguire, Robert Downey junior e Frances McDormand.

Che Michael Douglas avesse una natura di sciamannato lo sapevamo. Il figlio di Big Kirk, in un trentennio abbondante di carriera, aveva più volte dimostrato di saper entrare molto bene nella parte del sessuomane incallito (“Basic Instinct” e “Attrazione Fatale”), o in quella del business man senza scrupoli (“Wall Strett” e “Delitto perfetto”), o, ancora, in quella dell’avventuriero scapigliato (“All’inseguimento della pietra verde” e “Spiriti nelle tenebre”). Mai prima d’ora lo avremmo immaginato nei panni di professore, quelli che veste in “Wonder Boys”, commedia diretta da Curtis Hanson, regista del ben più incisivo “L.A. Confidential”.

E’ rimasto l’aspetto sciamannato, ma i panni del perdente di successo sono fuori dalle corde di Douglas. A Hollywood ci sono quattro tipi d’attori: i carismatici (Al Pacino), quelli dai toni dimessi (Tom Hanks), gli eclettici (Kevin Spacey) e le maschere (Bruce Willis). A Douglas non fa certo difetto il carisma, né mancano le doti per essere divo e il background per essere maschera, ma i toni dimessi non sono nel suo bagaglio d’attore. E non è tutta colpa sua.

Il regista Curtis Hanson è un bravo professionista, dalla regia asciutta e priva di fronzoli, ma non gli si possono chiedere miracoli. Se in “L.A. Confidential” il soggettista si chiamava James Ellroy, in “Wonder Boys” si chiama Michael Chabon e la differenza si vede.

La storia parte bene, decolla, ma non approda a nulla; c’è qualche raro momento di divertimento, ma niente più. La commedia agrodolce scade spesso nella farsa (per l’insistenza sulle catastrofi che si abbattono sul protagonista, per il voler stare sempre dentro i ranghi del politicamente corretto). I primi 15 minuti creano l’attesa di un nuovo “Attimo fuggente” o, comunque, di una pellicola sulla letteratura. Ed invece la letteratura è solo un pretesto e la pellicola scorre sullo schermo senza lasciare nulla allo spettatore.

Il personaggio di Tobey Maguire, lo studente di scrittura creativa, è apatico, privo di nerbo, la sua psicologia viene sviluppata in maniera eccessivamente superficiale e con notevoli incoerenze. Completano il cast Robert Downey junior, talento sottovalutato da Hollywood, e Frances McDormand, la poliziotta da Oscar di Fargo. Il cast è buono, ma per fare una casa i pilastri non bastano. Degna di nota “Things have changed” di Bob Dylan, che apre e chiude il film, davvero una bella canzone.

di Davide Mazzocco