Un raggio | Sudate Carte Racconti I edizione

Dicembre 25, 2002 in Sudate Carte da Redazione

Un sole splendido e fresco mi accoglie all’inizio della mia nuova giornata. C’è un tenue profumo che a tratti si libera dallo smog oppressivo per poggiarsi morbidamente sulle mie labbra, come poche farfalle colorate nate dal buio di un fitto bosco. Come ogni giorno corro a prendere un tram che perdo immancabilmente per colpa di un semaforo. Sconsolato mi siedo cercando nella borsa diversi oggetti che spero di non aver dimenticato a casa. Quando alzo gli occhi colgo quasi istintivamente il passaggio di una ragazza fuori del comune. Non so per quale motivo, ma credo di avere la capacità di riconoscere da poche sensazioni quanto una persona sia interessante, almeno per me. Così giro lo sguardo seguendo un’intuizione che si trasforma in entusiasmo. L’amore di Dio si è di nuovo manifestato davanti ai miei occhi increduli facendo nascere la più perfetta delle bellezze. Così piena di grazia, di bellezza, di forza. Non c’è bisogno di altre prove, la ragazza che sto guardando mi farà innamorare.
Prendiamo lo stesso tram ed ora è qui, seduta davanti a me. Riesco a sentire il suo profumo, a percepire ogni sfumatura del colore dei suoi capelli. Ecco, credo quasi di sentirla respirare. Non posso distogliere lo sguardo, non penso che alla sua bellezza, al suo viso così fine, dolce, come disegnato a tratto di matita, con labbra rosa e sottili, guance così perfettamente lisce. I suoi occhi un miracolo, un incredibile splendore, di quel verde-grigio che non si può dimenticare, appena affusolati e truccati leggermente, perennemente persi verso l’infinito. Mi chiedo che cosa stia cercando, tra suoi pensieri, verso dove stia scrutando. Ora apre appena la bocca, come sarebbe delizioso baciarla, con passione, ma non troppa, mai si potrebbe essere volgari o, peggio ancora, brutali con tale sublime creatura. Vorrei sentirla parlare, vorrei prenderle la mano e baciarla senza mai permettere ai miei occhi di lasciare i suoi e smarrire le mie mani fra suoi folti capelli. Ma non posso…
Com’è dolce svegliarsi fra le sue braccia. Ma cosa dico? Sono solo e, semplicemente, ancora una volta l’ho sognata, come se fosse stata realmente al mio fianco. Più dolce di come avrei mai potuto immaginarla. Sento ancora tutto il calore del suo respiro sul mio collo e, sfiorandolo, rabbrividisco. Quasi mi stupisco quando, voltandomi nel letto, non la vedo. Ed un triste silenzio segue la mia scoperta. Sembra quasi debba rinunciarvi. Sorrido. Ella è tanto vicina, tanto vulnerabile. Non posso rinunciare di certo! Come ogni mattina, dopotutto. Oggi la rivedrò, forse, anzi di sicuro. Va bene, ora mi alzo.
Dopo essermi preparato ed aver fatto una lauta colazione raggiungo il posto in cui la incontro sempre e dove, instancabilmente tento si farmi riconoscere. Ma non le ho mai parlato. Se è da sola non posso rinunciare, devo fermarla. Ma, un attimo, eccola. Prendo un gran respiro e la fermo ostentando un largo sorriso.
“Ciao”-“Ciao”-“Ehm, io mi chiamo Federico”-“Aspetta, noi ci siamo già visti, vero?”-“Sì, sì, anche se non ci siamo mai salutati, in mensa, per esempio”-“Sì, esatto”-sorride appena, ma si fa subito seria-“Dunque?”-“Ti va se facciamo la strada assieme, tanto andiamo nello stesso posto”-“Ehi, mi hai fermata solo per questo?”-“No, no. Ti dispiace, non è che il tuo ragazzo è geloso?”-“No, beh, non credo importi più.”-“Ecco, non so se te lo ricordi, ma ci siamo visti anche alla fermata del tram per venire qua.”-“No, mi dispiace, sai la mattina si è sempre molto assonnati.”-“Beh, tu mia hai dato la sveglia”-“Addirittura, e cos’era successo?”-“Spero che tu non la prenda male.”-“Sono sempre più curiosa.”-“Credo di essermi innamorato di te a prima vista”-“Stai scherzando?”-“No, neanche io volevo crederci ed è per questo che ho aspettato tanto per conoscerti”-“Non è una cosa che succede tutti i giorni, poi, sai, in teoria sono ancora impegnata, poi avevo tanti progetti, mi sembra tutto così improvviso e sconcertante.”-“Mi spiace, ma senza dirtelo sarei impazzito. Se vuoi ti lascio un po’ di tempo per sistemare qualunque cosa tu debba fare, ma vorrei, mi piacerebbe immensamente, sarei veramente felice di stare un po’ assieme a te, insomma, potremmo uscire appena possibile, anche oggi pomeriggio. Ti va?”-“Ma, io, non so, so appena come ti chiami.”-“Niente di impegnativo, solo un caffè, poi, se vuoi che ci vediamo ancora, non aspetto altro.”-“Solo un caffè?”-“Solo un caffè.”
Così, all’ora dell’appuntamento, quasi volo all’uscita aspettandola nervoso. Ancora non ci riesco a credere, così bella, così perfetta, convinta con un semplice invito a prendere un caffè. O va pazza per i caffè o io le piaccio. I minuti passano a tratti veloci e a tratti sembrano interminabili ed io prendo a camminare avanti ed indietro instancabilmente. Dopo pochissimo la vedo scendere e per poco non mi viene un colpo. Non la ricordavo tanto bella! Subito entriamo in un bar lì vicino ed ella si rivela così divertente! Entusiasta, simpatica, intelligente! Sarei un pazzo a lasciarmela sfuggire, non ne troverei un’altra alla pari. Insomma, sembra che la mia vita stia per raggiungere un culmine di perfezione che mi rende veramente felice, sembra quasi che manchi solo che qualcosa vada storto. Sperando in un acquazzone pago alla cassa e le chiedo di poterla accompagnare. Continuiamo un’amabile conversazione che mai si dilunga su argomenti delicati o fastidiosi e il tempo sembra passare al doppio della velocità.
Il bel tempo sembra reggere anche oggi, secondo giorno in cui la vedo questa volta per una cena, ma sento nell’aria un’inusuale tensione, un imbarazzo che mi lascia perplesso. Dopo un settimana di saluti, brevi chiacchierate e sorrisi appena accennati un rifiuto non mi avrebbe stupito, un “spero tu voglia che rimaniamo solo amici” mi avrebbe trovato preparato. Invece aveva accettato quasi distrattamente, forse ha il medesimo significato. Che il perduto ragazzo sia stato ritrovato? Ma non mi perdo d’animo. Scelgo l’abito migliore, mi profumo leggermente, arrivo da lei in perfetto orario, trovandola che già scende le scale. Un sorriso tirato è il saluto che mi accoglie. Non potrei sopportare questo peso per tutta la sera. “Avevi qualche altro impegno?”-“No, figurati, perché?”-“Cosa c’è che non va? Vuoi che disdica la prenotazione?”-“Ma…”-“Devi dirmi se c’è qualcosa di nuovo, sarebbe troppo pesante per me vederti così per tutta la sera”-silenzio per qualche secondo…”E’ che mi ha telefonato il mio ragazzo poco prima che tu mi chiedessi di uscire stasera e mi ha chiesto di rivederci.”-“Ah, ecco”-“Mi ha detto che non può vivere senza di me, che non capisce che cosa può averci diviso e mi ha chiesto se mi manca.”-“Ed è ovviamente così.”-“Già.”.
Torno a casa e, dopo aver messo su un CD degli “Amon Amarth” finalmente riesco a sentire una scossa, qualcosa che credevo di aver perso nel luogo delle mie sofferenze. Chiudo gli occhi. Apro una porta ed un vento gelido mi colpisce in piena faccia, quasi stordendomi, vedo tra le nubi un sole tanto pallido da parer di ghiaccio, all’orizzonte montagne scure, davanti a me la neve e il ghiaccio, così puri e terribili, coprono ogni albero, ogni stelo d’erba, ogni rara baracca. Falchi stridono in lontananza. Ma devo tornare alla realtà, le fantasticherie non sono più ammesse. I miei due minuti di pace sono terminati.
Sono passate ormai due settimane da quando appresi del ritorno del suo ragazzo, non ho avuto più sue notizie, quindi non so se ci sono stati nuovi avvenimenti positivi o negativi per me. Così adesso ho deciso di chiamarla.”Pronto?”-“Ciao, sono Federico, come va?”-“Ciao, bene, tu?”-“Bene, dato che stavo uscendo per venire dalle tue parti mi sono chiesto se potevo passare a trovarti.”-“Ma certo, vieni pure, allora ti aspetto.”-“Sì, tra poco arrivo.” Dubbioso, ma entusiasta, prendo l’auto e raggiungo s
ubito casa sua, passando prima da un fioraio di fiducia. Mi fermo a pensare: allora, è a casa da sola, non aspetta nessuno tranne me e mi ha ‘permesso’ di passare a trovarla. E’ fatta! Basteranno due dozzine di rose? Spero di sì. Forse sono in anticipo, non vorrei però che qualcuno anche solo per caso entri da lei prima di me. Salgo.
“Ciao.”-“Ciao, ma…e questi fiori?”-“Sono per te.”-“Ora vattene e non farti più vedere”-“Ma perché? Cosa ho fatto?”-“Chi credi che sia io, una puttana?”-“Ma, cosa… Io pensavo tu fossi libera, mi hai detto che potevo venire da te…”-“Sì, ma non ti ho mai incoraggiato, quindi ora vattene.”-“Senti, non sono un idiota, tu mi hai dato una possibilità sapendo bene quali siano i miei sentimenti per te, mai mi hai scoraggiato.” Senza più la forza di rispondermi, con gli occhi rossi, alza l’indice e mi indica la porta. Me ne vado col cuore a pezzi, il morale a terra, ancora pallido e sudante per lo sforzo di essere stato onesto. Due giorni dopo ricevo un messaggio sul cellulare: “Scusa. Avevi ragione. Cavolo, non avrei dovuto scriverti.”. E’ vero, non avrebbe dovuto.
Ora il mio unico pensiero, ciò che non mi fa dormire la notte, è la preoccupazione di poterla perdere quando forse, dimostrandole tutto il mio amore, potrei riuscire a stare con lei. Il mio modo di fare tutto ciò è scrivere, scrivere le migliori parole, le frasi più dolci, cercarla per parlarle anche se di nascosto al suo ragazzo, senza mai scoraggiarmi. E così faccio per settimane, ma inutilmente. Dopo due mesi sono costretto a tirare le somme. Ho tentato di tutto: lettere, messaggi, poesie, telefonate, ma lei non vuole più saperne di me ed ormai io sono sfinito. Sfinito di essere ignorato, di amarla perdutamente da troppo tempo e nonostante questo essere meno di nulla ai suoi occhi diventati gelidi ed indifferenti. Quanto le ho scritto, quante volte ho provato a parlarle, mai una risposta, mai neanche un no. Dunque neanche sono degno di essere rifiutato? Così stanco di congelare sotto la neve per aspettarla, stanco di vedere più di un muro fra me e lei, addirittura un destino avverso. E combattere contro il destino è fatica inutile.
Esco, dunque, assorto in questi miei pensieri e mi trascino senza meta fino ad un modesto giardino. Allora mi fermo e mi siedo. Tutto ciò non ha senso. Per cosa sto vivendo, ogni giorno da quasi un anno da quando la vidi per la prima volta? Mi sdraio e fisso il cielo, grigio. Qualcosa si è spezzato e si è perduto per sempre. Sento un dolore profondo, caldo ed intenso, proprio in mezzo al petto, che mi mozza il fiato. E’ il dolore della rassegnazione, dell’aver capito che tanta fatica e tanto tempo sono stati spesi per nulla e del dover iniziare da capo. Tutto è molto più pesante ora, ma in questo momento ho solo voglia di riposare mentre, tenue, un venticello mi accarezza tiepido, poggiandosi sulle guance e sui capelli, leggero e dolce come le mani della donna che ho amato.

di Davide Dispenza