Tell me why

Giugno 8, 2004 in Arte da Stefano Mola

Tell me whyTroppo spesso confondiamo la fotografia con la testimonianza. Noi, che non siamo artisti, ci mettiamo in posa, magari davanti a un monumento e chiediamo ad uno scatto un sigillo di verità, l’illusione di fissare per sempre un istante, nella speranza che non venga lavato via dal tempo. Ma la fotografia è anche, e forse sempre più, uno dei tanti strumenti che abbiamo non tanto per certificare l’esistenza del mondo, quando per dare forma allo sguardo che abbiamo del mondo. Per fissare i nostri perché, e suscitarne altri negli occhi di chi osserva.

Sabato 29 Maggio, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo ha riaperto gli spazi espositivi di Palazzo Re Rebaudengo, a Guarene d’Alba, con la mostra Tell me why. L’esposizione, curata da Filippo Maggia, presenta i lavori di: Martina Della Valle, Elisabetta Senesi, Silvia Camporesi, Alice Grassi, Leonora Bisagno e Sabine Delafon. Tutte donne (il filo conduttore di quest’annata per la Fondazione Sandretto è proprio la donna nell’arte e nella cultura), e tutte molto giovani (gli anni di nascita sono compresi tra il 1971 e il 1981).

Che tipo di sguardo propongono questi sette progetti, tutti inediti e appositamente realizzati per la mostra? Mi verrebbe da dire che sono sguardi molto frammentati, molto concentrati su dettagli, privi di grandi visioni di insieme, spesso dolorosi, enigmatici, carichi di altro. Come un’ennesima conferma che non sono più possibili grandi rappresentazioni del mondo, in cui ogni cosa trova una sua collocazione precisa. Al contrario, anche le parti del proprio stesso corpo possono costituire un enigma, oppure non avere un confine ben preciso con la materia, come nelle foto di Elisabetta Senesi scattate all’isola d’Elba, in cui ci sono fratture del terreno, luoghi anonimi e ferrosi, oppure parti del corpo ricoperte di terra.

Tell me whyCome già detto, le prospettive sono chiuse, raramente si intravedono orizzonti. Molto significative, da questo punto di vista, le scelte di Michela Formenti. Ha fotografato tre spazi chiusi, tre appartamenti, in tre città diverse, Berlino, Los Angeles, Tokyo. Le città, il mondo fuori, sembrano assenti, oppure qualcosa cui si ha rinunciato. Trasmettono una assordante sensazione di silenzio e di solitudine, gli spazi sembrano vissuti casualmente e funzionalmente, gli occupanti non compaiono in tutte le foto, e quando ci sono, rivolgono gli occhi di lato, apatici. Viste da dentro, le tre città non sembrano distiguersi, ed è significativa forse proprio la scelta di mostrare il risvolto anonimo e alienato della metropoli. Tra i sette presentati, il suo progetto mi è sembrato il più forte e unitario, quello in cui era anche possibile ritrovare un filo narrativo.

Ma la cosa migliore, come sempre, è andare di persona a farsi un’idea. Vale la pena del viaggio non solo Guarene, raccolto sotto il castello, a pochi chilometri da Alba, una magnifica vista sulle colline, ma anche Palazzo Re Rebaudengo. Le stanze al piano terra costituiscono un piccolo labirinto bianco, ideale per una mostra di queste dimensioni, dove si instaura un rapporto tra i diversi spazi e l’esterno, e tra l’austero e antico palazzo e le visioni modernissime delle fotografie. Io credo che uno dei compiti più importanti che ci attendono sia proprio saper dare nuova vita a strutture che appartengono alla nostra storia. Questo caso mi sembra emblematico: il palazzo riesce ad accogliere, senza venirne stravolto, forme d’arte del tutto diverse da quelle che ne costituiscono la struttura.

Iniziative come questa possono inoltre contribuire a rafforzare il legame con i luoghi del territorio, aprendo anche al resto della regione quella vocazione all’arte che rappresenta uno dei fenomeni di sviluppo più importanti nella Torino degli ultimi anni.

Tell me Why

Fondazione Sandretto Re Rebaudengo

Palazzo Re Rebaudengo Guarene d’Alba (CN)

Dal 29 maggio al 4 luglio 2004

Domenica dalle 15.00 alle 19.00

Durante la settimana su prenotazione

Info: tel. 39 011 19831600 fax 011 19831601

[email protected]

www.fondsrr.org

di Stefano Mola