Saudade a Bahia

Luglio 5, 2002 in il Traspiratore da Simona Margarino

La notte se n’era andata da un niente e le note di un blues da pianoforte stavano cadendo sulla testa del vecchio Thomas, che andava sbraitando parole piene di vino e bestemmie, allorché, poco più in là,

“Scendi”,

gli disse, piano, Aileen.

In un sussurro.

Che sapeva di tutto, tranne che di musica.

Lì a Bahia.

Presto.

Alla luce di un’alba pigra.

E di una ferrovia ancora addormentata.

E lui, Alonso, scese.

Scese gli scalini di ferro perdendo il treno, e magari anche di più, senza saperlo. Per esempio quella voce, sprecatasi mica tanto nell’allontanarlo.

Ma che dire d’altro a chi spera di avere qualcosa da cercare? Come fargli capire che è ora di smetterla, che ci sono cose che non durano, nemmeno a volere? Non si può, maledizione, perché spesso non viene in bocca quel bel discorso, quello semplice, che non è che la voglia di tornare a casa, dall’altra parte dell’oceano, al di là dell’orizzonte. Davvero non ci si riesce, così non resta che andarsene, a bassa voce, finché si può, fino alla fine di questo mondo meraviglioso, di questo mondo da schifo, a volte, sì, fino alla fine.

Alonso posò la valigia a terra, sull’asfalto che scottava di sole, come se avesse tutto il tempo per darsi da fare a capire. Poi piegò il giornale sotto il braccio e, sospirando, asciugò la fronte dal sudore.

Il capostazione fischiò di nuovo, un suono sordo e prolungato, da non immaginarsi, che affrettò i passeggeri in ritardo, quello strano ritardo in cui ci si accorge di essere sempre un attimo dopo. Dopo aver perduto.

Rimase lì fermo, Alonso, a guardare il treno partire, col cappello in mano e la tristezza nel petto. Per un’eternità, che era mattino. L’orologio appeso alla cintura batté le sette, quando in tasca trovò l’addio di Aileen ad aspettarlo. Mentre lo leggeva, da lontano il piano riprese a cantare, sempre più forte, sotto le parole che lui ripeteva, in un sussurro, quasi a scusarsi del disturbo, con il silenzio, il suo.

Non molto distante, Thomas sputò sulle rotaie, con quel blues che gli girava nel cervello e la lingua che sentiva nostalgia di un po’ d’alcool. Poi, facendo un cenno del capo ad Alonso, gli si avvicinò, gli batté su una spalla, col fare comprensivo di chi la sa lunga, e, senza troppo tergiversare, trascinandolo via, gli promise:

“Lo so io dove andare, vieni con me, che quella vacca di Caterina ti riporta alla vita”.

Il Traspiratore – Numero 37-38

di S. Margarino