Metropolis

Luglio 13, 2002 in Cinema da Redazione

“Metropolis” (Giappone 2001) di Rin Taro, sceneggiatura di Katshuiro Otomo da un manga di Osamu Tezuka

31551Lo spunto è “Metropolis” di Fritz Lang, il soggetto è l’omonimo manga di uno dei più celebri fumettisti nipponici, Osamu Tezuka, la sceneggiatura è di un mostro sacro dell’animazione giapponese, Katshuiro Otomo, già regista di “Akira” e “Memories”, veri e propri capolavori del genere. La regia è di Rin Taro. Il film è un capolavoro da non perdere per chi ama le pellicole d’animazione, ma, allo stesso tempo, è un lavoro in grado di soddisfare anche gli spettatori più esigenti, quelli, per intenderci, che difficilmente si lasciano sedurre dal graphic design. Nell’opera di Rin Taro, la fantascienza si mescola con gusto ed equilibrio all’iconografia della prima metà del Novecento sposandone per certi versi anche i criteri estetici.

In un’epoca nella quale la science fiction ci propone storie e movimenti che hanno come unica regola estetica il moto accelerato uniforme, Rin Taro recupera l’obiettività della lentezza. L’abbondanza di immagini degli ultimi “Star Wars” ed i voli mirabolanti di “Spider Man” non appartengono alla poetica di questo prodotto. Recuperare la lentezza in un genere nobile come la fantascienza significa trattare la materia con meno superficialità e, dunque, significa rendere un migliore servizio a chi ha pagato il biglietto. Purtroppo, da qualche anno, nel cinema statunitense – che sta diventando sempre di più un prodotto ad uso e consumo di un pubblico compreso fra i 15 ed i 30 anni – si è sentita la necessità di competere con l’estetica dei videogame. Che cosa sono la corsa di “Star Wars Episode One” o la partita di “Harry Potter” se non delle sessioni di gioco di un enorme videogame? E la proliferazione di scene con arti marziali e calci volanti assortiti non sono forse mutuate dai numerosissimi scazzottamenti da playstation? Sono questi solo alcuni degli effetti della crisi di idee che colpisce quella che è stata per decenni la più grande macchina da sogni del mondo.

Da questa crisi è esente questa perla giapponese (ovviamente) proposta nel periodo estivo. Le fondamenta di “Metropolis” sono solide. La storia è semplice, lineare, c’è anche un evidente sostrato no global, i personaggi sono tratteggiati con mano ferma, ma ciò che fa di questa pellicola un capolavoro è quella che, nel cinema fatto di carne ed ossa, si chiamerebbe la messinscena. La cura dei particolari nell’architettura, la versatilità stilistica, la capacità di destreggiarsi fra le varie tecniche ed i vari registri si uniscono ad una grande talento registico. E’ notevole la cura della colona sonora, un jazz che si sposa alla perfezione con il coté più malinconico del film. L’animazione, in qualche occasione, mima addirittura i movimenti di macchina. E’, forse, il cartone animato più cinematografico che si sia mai visto. In un cinema da tempo dirottato verso l’animazione “Metropolis” viaggia controcorrente.

di Davide Mazzocco