Mauro Pagan, poeticità dell’anima

Settembre 22, 2003 in Musica da Gino Steiner Strippoli

Mauro PaganiE’ un suono rock molto raffinato, tanto World, quello che è contenuto nell’ultimo album di Mauro Pagani “il magnifico”. “Domani” (NUN) infatti è un disco tanto lineare quanto fresco di sonorità che conducono intorno al mondo. Basti ascoltare la bellezza e il ritmo di un brano come “Per sempre” per introdursi in un ambient particolare con le percussioni a tratteggiare una danza africana elegantissima. Il pezzo scritto insieme è stato scritto insieme ai Sintesis, gruppo cubano di ricerca che si occupa del recupero e della salvaguardia della tradizione Yoruba, importata nell’Isola dell’Africa con la tratta degli schiavi e rimasta viva nelle tradizioni dei neri di Cuba. La magnificenza di Pagani in questo suo ritorno al disco, dopo ben 12 anni di silenzio, è assoluta attraverso un percorso artistico che guarda la forma canzone miscelarsi alla poeticità dei testi.

La voce di Mauro è roca ma che si apre alle mille emozioni e alle collaborazioni con Ligabue in “Fine Febbraio”, con Morgan in “Parole a caso”, a Raiz (Almamegretta) nella bellissima e suggestiva, quanto cupa, “The Big Nothing”: “Questa canzone – ha dichiarato Pagani – è nata da un reading creativo che io e Rais facemmo in studio, un giorno di parecchi anni fa, di “Rhapsody of a windy night” di T.S. Eliot. All’inizio c’era solo il loop di chitarra, niente ritmica , niente acordi. Poi arrivarono i groves, le modulazioni, le mie improvvisazioni sulla chitarra accordata a quinte, un testo definitivo e tutto il resto”. Ma Pagani in questi dodici anni cosa ha fatto? Intanto tante colonne sonore e moltissime produzioni tra cui gli ultimi lavori con Roberto Vecchioni “Il lanciatore di coltelli” e con Enzo Jannacci in “uomo a metà”. La storia poi lo ricorda come a metà degli anni ’70 miglior violinista elettrico nelle classifiche rock stilate dal Melody Maker. Erano gli anni della Premiata Forneria Marconi e i grandi concerti di successo negli States. Mauro Pagani può essere considerato ad onor di cronaca uno dei grandi musicisti di ogni epoca italiani. E sentire quest’album “Domani” ne è l’ennesima conferma.

L’emozione si fa forte ascoltando “Fronte Freddo”: “L’ho scritta – ci dice Pagani – di getto a Marina di Taranà, a pochi chilometri dall’Avana. Era il giorno di capodanno, e la radio diffondeva il discorso di Fidel, quattro ore di parole, accuse, scuse e orgoglio. Ad un certo punto ci è passato vicino un gruppetto di bimbi che venivano da Chernobyl, mandati lì per essere curati o quantomeno coccolati. I segni delle radiazioni erano cosi evidenti da rendermi quasi incapace di guardarli, poveri piccoli martiri incolpevoli della nostra abissale stupidità”. Poi arriva anche la composizione che racchiude immense sonorità, quella che riporta il nostro alla sua grande bravura di polistrumentista. “Fine Febbraio” è il pezzo cantato insieme a Ligabue una sorta di blues, molto oscuro, delicato. “Questo è un pezzo del Liga – ricorda Pagani – affidatomi un paio d’anni fa da lui quasi per scommessa. Per strada, ha raccattato un inciso nuovo, un bel vestito e il fascino delle foto in bianco e nero piene di ombre”. Il suono World si tinge poi di ricordi legati all’incontro tra Cassius Clay (Mohammed Alì) e George Foreman. Un brano intitolato “Alibumayè”, dal ritmo molto africano, quasi al rallentatore: “Alì buma yè”, “Alì uccidilo” era il grido della folla!

C’è anche spazio per un testo pieno d’amore in “Gli occhi grandi: “… amore mio queste tre note di violino mi stacco dal cuore se le guarderai volare lasceranno una scia che è tutto quel che brilla della vita mia…”. Un disco che ha l’imperativo di essere veramente magnifico, una musica che sa ancora ascoltare la voce dell’anima.

di Gino Steiner Strippoli