Le Argonautiche

Dicembre 8, 2002 in Spettacoli da Redazione

32800(1)

Il Teatro Civico Matteotti di Moncalieri ha ospitato, il 4, 5 e 6 dicembre, lo spettacolo di Domenico Castaldo “Le Argonautiche”, nell’ambito della rassegna “Teatro FuoriLuogo” organizzato dalla compagnia SantiBriganti di Moncalieri, nel cui seno si è formato il lavoro del giovane regista.

Infatti il Laboratorio Permanente di Ricerca sull’Arte dell’Attore, curato da Castaldo e da Katia Capato, nasce nel 1996 proprio come struttura sperimentale del gruppo SantiBriganti, rimanendo comunque una realtà autonoma che nel giro di soli tre anni ha permesso al Laboratorio di ottenere il premio Bartolucci (1999).

Il lavoro di Castaldo passa attraverso l’insegnamento dei suoi maestri (Grotowski, Ronconi, ecc…) e si situa in un ambito che privilegia l’aspetto del corpo come perno all’espressione scenica, che parte dalla povertà dei mezzi teatrali per porre l’essere umano al centro dell’universale potenzialità comunicativa del corpo.

In queste Argonautiche, che nel tempo hanno subito mutazioni ed elaborazioni molteplici, è evidente il lavoro effettuato in questo senso dal gruppo guidato da Castaldo e dalla bravissima Katia Capato: un incastro preciso ed ordinato, ritmico e veloce di corpo e voce, strumenti rodati all’infinita precisione tecnica, alla perfetta coscienza della presenza scenica fatta di una gestualità corporea che parla un linguaggio universale di azione e reazione. Lo spettacolo, come afferma lo stesso regista, nasce da un’intuizione iniziale: riuscire a ricreare ambienti e luoghi solo attraverso l’actio dei mezzi espressivi del corpo dell’attore.

Perciò le Argonautiche di Apollonio Rodio, e degli autori a lui seguenti, costituiscono un testo ideale: il viaggio per mare degli Eroi radunati da Giasone alla conquista del Vello d’Oro passa attraverso terre ed incontri della più svariata natura che si susseguono in un dipanarsi di eventi contigui, come stanze autonome in cui è possibile mostrare eventi senza la necessità di una complessità narrativa.

Castaldo infatti non intende raccontare le vicende del gruppo, bensì evocarle soltanto: si avvicendano allora infinite mutazioni di personaggi animati dallo stesso corpo-attore che mostra e restituisce in rifrazione le azioni e le reazioni degli Eroi messi di fronte alle situazioni più diverse, attraverso metamorfosi improvvise e continue di voce, aspetto, movenze, con l’utilizzo di oggetti comuni che assumono mille realtà differenti (l’ombrello che da remo si fa timone, scudo, ecc…) in una galleria sterminata di soluzioni.

Abbondano naturalmente elementi mimici e di pantomima, giocoleria e clownerie che pongono l’accento su di un’espressività corporea derivata dal terzo teatro. Anche l’uso della voce come puro strumento evocativo senza alcuna pretesa narrativa passa attraverso tutte le gamme espressive: dallo sfasamento dei toni al falsetto, al grammelot. Allo stesso modo i canti rivestono un ruolo importante in queste “Argonautiche”, alternandosi nei momenti del viaggio, delle remate che indicano l’inizio di una nuova traccia episodica: cori e assoli, interferenze e scarti improvvisi, spesso troncati da pause espressive vivissime, donano pienezza scenica e complessità drammatica ad uno spettacolo di un’ora in cui sei attori restano in scena continuamente in maniera magnifica, intrecciando trame ritmiche straordinarie attraverso un utilizzo universale ed immediato del corpo umano.

di Alan Vai