La solitudine di una mente

Febbraio 6, 2009 in Fotografia da Stefano Mola

La solitudine di una menteAlle Scuderie della Tesoriera (Corso Francia 192, Torino) si inaugura Sabato 7 Febbario, alle ore 16:00 la mostra La solitudine di una mente, ovvero gli scatti che il fotografo Alfredo Gigliotti ha raccolto nelle sue visite a manicomi abbandonati.

La mostra sarà visibile fino al 15 Febbraio, tutti i giorni, dalle 15:00 alle 18:00 (ingresso libero).

Non so più chi ha detto che un uomo solo su un’isola deserta non può essere detto pazzo. Ovvero, che la cosiddetta insania mentale si dà solo per differenza. Banale, no? A volte non si dedica mai sufficiente attenzione alle parole. Le si dà per scontate come sassi lungo la strada, che non solleviamo per vedere cosa c’è sotto, che non teniamo bene in mano per capire quanto pesano davvero. Se ci pensiamo un attimo, a questa storia della differenza, viene da chiedersi: differenza rispetto a cosa, e a chi? Spontaneamente, risponderemmo: dalla normalità.

Un’altra cosa che facciamo con le parole è usarle come scatole per la raccolta indifferenziata. Se ci metti troppe cose, dentro una parola scatola, non serve più a niente. Proviamo a dare un significato alla parola normalità. Normale nel senso puramente statistico del termine, ovvero di cose che la maggioranza farebbe o non farebbe? In questo senso, non è nemmeno normale iniziare a comporre musica a cinque anni. Come fece Wolfgang Amadeus Mozart, per esempio.

Mozart non è finito in manicomio. Molte altre persone invece sì. Rinchiuse non solo nella solitudine della loro mente diversa, ma anche in quella fisica d’una cella.

Io non so niente di manicomi, poco della legge Basaglia. So però quello che le foto di Alfredo mi dicono. In questi scatti non compaiono figure umane, eppure c’è la sensazione fortissima d’una presenza assente. Come se i muri, le finestre, le lame di luce che tagliano in due un bianco e nero, gli oggetti abbandonati, fossero ancora impregnati di tutto quello che hanno visto e ascoltato, e continuassero a rilasciarlo, come una specie di decadimento radioattivo. Qualcosa che stava aspettando una pellicola da impressionare, affinché la testimonianza fosse raccolta.

E poiché le fotografie non ci consegnano soltanto un’immagine, ma anche lo sguardo che sta dietro gli occhi di chi ha premuto l’otturatore, quello di Alfredo è fatto di rispetto, di attenzione. Sembra uno che i sassi per strada li prende in mano, li solleva, ci guarda sotto, li soppesa, e magari se li tiene in tasca. Forse perché sa che la sofferenza non è diversità, la sofferenza è di tutti, in sfumature più o meno drammatiche.

Se volete farvi un’idea dei lavori di Alfredo, andate a visitare il suo sito.

La mostra è organizzata in cooperazione con l’Associazione Culturale Tribù del Badnightcafè.

di Stefano Mola