La notte di Shannon Powell

Luglio 1, 2010 in Musica da Claris

Shannon PowellQuest’anno l’Ascona Jazz Award premia due dei batteristi più famosi ed acclamati di New Orleans. Sul palco di Piazza Torre stasera sarà possibile vedere in azione prima Herlin Riley, ‘drummer’ della band che accompagna la sempre affascinante Niki Haris, e, a seguire, l’eclettico Shannon Powell, che alla sua quarta apparizione asconese, accompagnato dalla sua All Star Band, trascinerà il pubblico con le sue proverbiali “sfuriate” musicali. Un sottile fil rouge unisce i due artisti, visto che uno dei principali mentori di Powell, David Lastie, è lo zio di Herlin Riley.

Powell, incoraggiato da una famiglia di musicisti (la nonna, Veronica Batiste, era una pianista che, oltre ad esibirsi in chiesa, componeva brani per le colonne sonore dei film muti), già a sei anni si dimostrava un talento in erba, suonando regolarmente la batteria in chiesa ogni domenica. L’incontro con il leggendario Danny Barker, un veterano della Cab Calloway’s Orchestra, rappresentò il suo punto di svolta. Ancora alle elementari Shannon venne scelto come nuovo componente della Fairview Baptist Brass Band. Da quel momento la sua ascesa è stata inarrestabile ed è diventato un punto di riferimento nel mondo del jazz, cooperando con personaggi come Ellis and Jason Marsalis, Leroy Jones, Nicholas Payton e Donald Harrison Jr, e guadagnandosi anche, durante la collaborazione con la Harry Connick Jr’s Band, due dischi di platino.

E’ la quarta volta che vieni ad Ascona, qual é il tuo feeling con questo festival?

E’ inspiegabile la magia di Ascona. Qua si crea un’atmosfera con il luogo, il pubblico e gli altri musicisti che non ha eguali in Europa e poche similitudini nel mondo. Suonare guardando il tramonto sul lago, chiacchierare con gli appassionati nei pomeriggi di sole ed esibirsi rilassati nelle jam session notturne é semplicemente meraviglioso.

E’ raro trovare luoghi che ti regalino un feeling complessivo così elevato, di certo non lo sono i night club bui dove passo tante serate dell’anno! A prova di ciò, questo è uno dei posti dove mia moglie mi segue più volentieri.

Come giudichi questa edizione del Festival?

Ogni volta che vengo qui, la qualità musicale aumenta, ma in realtà i maggiori complimenti al direttore artistico Gilliet sono doverosi perché ha saputo svecchiare e ampliare il raggio d’azione del Festival. Una volta si sentiva solo jazz tradizionale, adesso c’è più swing, rythm and blues, insomma è un ottimo spot per la musica di qualità in genere.

Che definizione dai del tuo strumento di lavoro, la batteria?

Io non uso la batteria, io suono la batteria di New Orleans! Che è qualcosa di diverso, di più coinvolgente, perché fin dall’infanzia in Louisiana siamo abituati a suonare col cuore, non con la mente, regaliamo emozioni, non note musicali.

I nostri ritmi sincopati contengono i profondi drammi delle popolazioni dell’Africa deportate come schiavi, inglobano le lamentele della popolazione cubana, la povertà del Brasile e degli altri Stati dell’America Latina, ma soprattutto hanno dentro la volontà di dare allegria e gioia al pubblico. Questo è il fortunato segreto di chi è nato a New Orleans ed io ho realizzato il sogno che avevo da bambino di diventare famoso e trasmettere al mondo questo messaggio positivo.

I tuoi concerti durano almeno due ore, in cui ti scateni, non ti fermi un attimo e inciti il pubblico. Poi alla fine sembri ancora fresco…

Certo, e infatti potrei andare avanti altre ore, anche la notte intera, come mi succede quando entro in certe jam session infinite. La mia opinione è che la musica sia un dono, non un lavoro, quindi se sei stanco dopo un concerto o non sei un vero artista o qualcosa non va in te ed é meglio che cambi attività. I musicisti fanno un mestiere bellissimo e hanno il dovere di divertire la gente e saper rendere le persone felici con le loro note e le loro parole.

Sabato sera ricevi l’Ascona Jazz Award, l’ennesimo premio alla tua straordinaria carriera…

Sarà un momento di grande gioia, ma anche uno stimolo a continuare a migliorarmi. Ho sempre visto premi e riconoscimenti come tappe importanti, come segno del rispetto del lavoro che faccio, ma mai come conclusione della mia carriera. Posso ancora dare molto al pubblico che mi segue e desidero farlo!

Tra i tuoi tanti concerti ce n’é uno che ricordi più degli altri? E c’è un artista con cui vorresti collaborare, ma non vi siete ancora trovati sul palco?

Il mio più bel concerto penso sia stato quattordici anni fa con il genio del piano Harry Connick Junior. Un’atmosfera particolare ha unito le nostre band e si è creato uno straordinario feeling col pubblico.

Tra i sogni, beh, non mi dispiacerebbe trovarmi sul palco con Chick Corea, che considero veramente uno dei migliori geni musicali.

di Caludio Arissone