La casa della moschea

Aprile 19, 2009 in Libri da Stefano Mola

Titolo: La casa della moschea
Autore: Kader Abdolah
Casa editrice: Iperborea
Prezzo: € 18,50
Pagine: 466

Alef Lam Mim. C’era una volta una casa, una casa antica, che si chiamava “la casa della moschea”. Era una grande casa, con trentacinque stanze. Lì, per secoli, famiglie dello stesso sangue avevano vissuto al servizio della moschea. Ogni stanza aveva una funzione e un nome corrispondente a quella funzione, come la stanza della cupola, la stanza dell’oppio, la stanza dei racconti, la stanza dei tappeti, la stanza dei malati, la stanza delle nonne, la biblioteca e la stanza del corvo.

La casa della moscheaQuesto è l’incipit de La casa della moschea, di Kader Abdolah. Prima di parlare del libro, è bene raccontare qualcosa dello scrittore. Nato in Iran nel 1954, si definisce persiano e non iraniano. Studente di fisica all’università di Teheran, si impegna nel movimenti studentesco, opponendosi dapprima al regime dello scià Reza Pahlavi e poi a quello dell’ayatollah Kohmeini. Nel 1985, dopo la morte violenta del fratello e l’incarcerazione della sorella, lascia il paese, raggiungendo prima la Turchia e poi l’Olanda, dove si stabilisce.

Nuovo paese, nuove generalità: il vero nome dello scrittore è infatti Hossein Sadjadib Gaemmaghami Farahani. Diventa Kader Abdolah per ricordare due compagni di lotta uccisi dal regime degli ayatollah. E dopo i suoi primi due romanzi, sceglie di scrivere nella lingua del paese che lo ospita. La sua prima opera in olandese, la raccolta di racconti De adelaars (Le aquile, aer Edizioni, 2002) si aggiudica subito il Premio Het Gouden Ezelsoor 1993 per l’opera d’esordio più venduta. Di lì a poco Kader Abdolah diventa uno dei più apprezzati scrittori olandesi.

Una lingua nuova, senza rinnegare l’identità persiana. Kader Abdolah scrive per raccontarla, per mantenere la testimonianza, per dare voce a chi non può farsi sentire. Anche per mostrare che l’Islam non è soltanto repressione, ma una cultura raffinata, una tradizione che si è trovata schiacciata tra la spinta alla modernizzazione occidentalizzante dello scià e l’intransigenza di Khomeini.

La casa della moschea è la narrazione delle sue radici, di una casa dove i muri trasudano riti familiari, tradizioni millenarie, un edificio le cui vicende sono strettamente connesse all’adiacente moschea. Tornano figure già presenti nei libri precedenti: Kazem Khan, Aga Akbar, lo stesso Ismail. Le vicende personali sono da un lato sospese quasi con la leggerezza d’una fiaba; dall’altro urge l’impietosa crudeltà della storia.

Kader Abdolah miscela con sapienza la sua autobiografia con la letteratura più alta, ma soprattutto riesce in un intento umano e civile, donare pietà per chi è stato vinto e umiliato.

di Stefano Mola