La bellezza crudele della precarietà

Luglio 5, 2002 in Arte da Sonia Gallesio

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Farfalle, sono farfalle nelle quali il battito del mondo si è come arrestato protetto da una campana di vetro mentre loro continuano a vivere un’esistenza mutante di demoni silenziosi, di angeli che colano colore, di una bellezza brutale e leggera, trasparente e occhieggiante…

[Maria Luisa Caffarelli, dal catalogo della mostra]

Si scrive e si parla molto di Enrico Colombotto Rosso, tanto che sembra quasi superfluo raccontare gli innumerevoli aneddoti e le peculiarità misteriose che contraddistinguono il suo percorso di uomo e di creativo. L’impareggiabile artista piemontese (Torino, 1925) è un poeta visionario, un’anima veggente, un esploratore spintosi nei meandri più terrificanti dell’esistenza umana. Egli viaggia nel sogno, che sempre più assomiglia ad uno stato di trance, narrando di terrore e morte, sofferenza e follia, smarrimento ed ansia. L’autore, illuminato cantastorie, si avvale di una manualità nervosa e tenace; affamato di occasioni interpretative più che di risposte, colora il mondo di un rosso violento ed aspro, stridente ed intenso. Raccolti con meticolosità nella sua casa dalle pareti d’ombra, agitate di segreti, sono gli infiniti souvenirs di un’avventura che dura da una vita. I suoi mondi si popolano presto di simbologie allegoriche ed interpretazioni sovrannaturali; il gatto diviene per l’artista un’entità sacra, ricordata da svariate fotografie e onorata da suggestivi testi come Gattomanzia. Nel lavoro di Colombotto Rosso ritroviamo l’eco di incubi millenari, le influenze di Goya e dei più illustri simbolisti, la prima passione per Géricault e quella per Munch. A tratti nostalgico, tra inquietudini e guizzi efferati, nella sua opera lascia spazio, sorprendentemente, anche al desiderio e all’aspettativa. La sua produzione è vastissima, così come è popoloso il microcosmo sotterraneo a cui ha dato vita, brulicante di esseri decadenti e percezioni striscianti.

31430(1)Gli appassionati, dell’artista, ben ricorderanno le composizioni protette da teche di plexiglass o vetro – assemblaggi seducenti di memorie ed oggetti, gli insetti elegantemente disegnati, la sua Ofelia – che sembra superare, in intensità, il modello a cui si è ispirata (la celeberrima ed omonima opera del preraffaellita John Everett Millais), gli scheletri decorati e le creature urlanti di colore. Come non menzionare, inoltre, le metamorfosi e le mutazioni che – da sempre – hanno caratterizzato la produzione del maestro? E i simboli dell’uovo e del sangue, icone agghiaccianti e ciclicamente ricorrenti? I corpi, sotto il suo gesto, si contorcono o si innalzano, densi di sgomento oppure trafitti da taglienti presagi. Così come negli anni novanta le libellule avevano popolato i suoi turbolenti cieli, la mostra Psyché ci presenta una nuova dimensione abitata da insetti dalle sembianze fantastiche: sono del 2001 le grandi farfalle dipinte a tempera e dei primi mesi del 2002 i disegni a pennino con inchiostro di china. I lavori esposti a Palazzo Guasco sono arazzi prodotti da una genialità inquieta, oscuri quanto sinceri, responsi divinatori di un oracolo di carne e pensiero. Le farfalle di Colombotto Rosso si fanno temuto emblema di precarietà, di un incanto dannatamente effimero: traducono e raccontano di un’intollerabile corrispondenza tra bellezza e declino, rinnovamento e decadenza, luce ed oblio. In alcune delle fitte trame che costituiscono i suoi insetti a china, invece, ritroviamo – indagando minuziosamente con gli occhi – forme che rimandano ad intimi territori del corpo e all’origine della vita. Psyché: una mostra per tutti coloro che hanno fegato. E mente. Ma soprattutto cuore.

Enrico Colombotto Rosso – Psyché

Alessandria, Galleria d’Arte Contemporanea di Palazzo Guasco

Dal 19 maggio al 14 luglio 2002

Orari: tutti i giorni dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 16.30 alle 19.00; lunedì mattina chiuso

Ingresso: libero

Catalogo: in vendita in mostra, € 10,00, Editrice Impressioni Grafiche

di Sonia Gallesio