International Jazz Festival

Luglio 11, 2002 in Spettacoli da Redazione

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Poliedrica e ricca questa edizione 2002 dell’International Jazz Festival di Torino appena conclusasi. Edizione che ha saputo conciliare “passato e presente del jazz” in un programma vario e di indiscutibile interesse.

Ad inaugurare il palco di piazza Mollino la sera del 27 Giugno, il Mario Rusca Trio, con Riccardo Fioravanti al contrabbasso e Stefano Bagnoli alla batteria. Il set presentato dalla formazione si è articolato sulle note sempre ben equilibrate dei tre strumenti : il tocco pianistico di Rusca, incisivo e delicato allo stesso tempo, il pizzicato efficace di Fioravanti, la percussività prorompente di Bagnoli. Il tutto abilmente coordinato, con ampi spazi in solo che altro non hanno fatto che sottolineare la bravura e l’originalità di Rusca in primo piano, ma anche degli ottimi musicisti che. con inequivocabile maestria, lo hanno accompagnato.

La seconda parte della serata intitolata “Il jazz parla torinese” ha avuto come protagonista il progetto Outline del contrabbassista Furio Di Castri qui in sestetto con eccellenti musicisti tra cui le special guests della serata, Flavio Boltro alla tromba e Emanuele Cisi al sax tenore.

I brani proposti hanno saputo conciliare uno stile un po’ più free ad uno meno improvvisato, risultando ottimi sia per scelta che per esecuzione.

“Sui generis” la programmazione della seconda serata del festival, volta a dar spazio a sonorità forse più lontane dal jazz vero e proprio, ma comunque coinvolgenti.

Perniati di un vitalismo contagioso i suoni latinoamericani della Big Band di Alfredo De La Fè hanno da subito riscaldato l’atmosfera. Ritmi cubani scanditi dal suono di congas e timbalos e dagli acuti virtuosi del violino del leader, hanno fatto da padroni, preparando la platea alla seconda parte della serata in cui il trombettista Roy Paci e il suo gruppo Aretuska hanno divertito con il loro stile ska e i loro sketches da cabaret.

Una serata gradevole anche per coloro che non amano molto questi due generi musicali.

Dopo una brevissima pausa il festival è ripartito lunedì 1 Luglio con un grande nome del panorama jazzistico , Wayne Shorter e il suo quartetto.

Ad aprire la serata è stato però il trio del musicista Sergio Cammariere con la speciale presenza di Fabrizio Bosso alla tromba. Lo stile di Cammariere frutto di più influenze musicali , di quella jazz ma anche di quella classica, è uno stile tipicamente italiano.

I suoi brani cantati con l’accompagnamento del piano e degli altri strumenti hanno infatti quella vena malinconica ma accattivante, riscontrabile in vari nomi del cantautorato italiano, sempre piacevole all’ascolto.

Atteso nonostante l’incessante pioggia, Wayne Shorter, ha conquistato il pubblico con lunghi set dallo stile molto maturo, conferma della sua bravura ormai già consolidata.

Danolo Perez al piano, John Patitucci al basso e Brian Blade alla batteria, magistralmente lo hanno accompagnato regalando momenti di alta musica, molto gradita alle orecchie dei jazzofili più accaniti. Senza lasciarsi andare a eccessivi virtuosismi Shorter ha dato prova della sua maturità di stile, uno stile che ha raggiunto un’essenzialità e una concisione degna di un grande musicista.

A concludere la rassegna, due formazioni non meno importanti, il Trans Europe Trio di Christian Escoudè e Joe Zawinule i Syndicate.

La chitarra di Escoudè , la tromba di Marco Tamburini e il basso di Paolo Ghetti hanno dato vita a brani molto delicati e avvolgenti, tipicamente mediterranei, molto originali nello stile e nell’esecuzione.

Zawinul e il suo quintetto hanno chiuso in bellezza con il loro stile elettro-rock forse un po’ datato ma ancora attuale per chi ha apprezzato e continua ad apprezzare quegli stili intramontabili che hanno fatto la storia della musica e del jazz.

Un festival di tutto rispetto, ospitato da una città che sta dimostrando molto interesse verso la musica jazz in tutte le sue rappresentazioni.

di Chiara Conti