Il Premio Tenco fa trentaquattro

Novembre 21, 2009 in Musica da Redazione

La storica rassegna dedicata a Sanremo alla canzone d’autore ha avuto fra i suoi protagonisti Battiato, Capossela, Manfredi, Angélique Kidjo e un Morgan lontano dall’ovvietà TV

CaposselaQuando si è alzato il sipario sulla trentaquattresima edizione del Premio Tenco, tenutosi fra il 12 e il 14 novembre a Sanremo, il dubbio su chi avrebbe interpretato la sigla della rassegna, Lontano lontano, era fra due nomi, due grandi artisti non ancora sulla lista che annovera i vari Paoli, Vanoni, Milva, Mannoia, Vecchioni, Guccini, Nannini e chi più ne ha più ne metta (persino Gilberto Gil, che del capolavoro di Tenco propose una versione mezza in italiano e mezza in portoghese): Alice e Franco Battiato.

AliceE’ toccato alla prima, sempre ammirevole per pienezza vocale ed eleganza d’interpretazione, che ha fatto seguire poi un breve set, tornando più avanti per duettare proprio con Battiato sulle note dei Treni di Tozeur. Lo stesso Battiato, quest’anno insignito di quel Premio Tenco che, per un artista italiano, mancava dal ’96 (allora fu Renato Carosone), aveva nel frattempo inanellato a sua volta una manciata di brani, in raffinato abbinamento piano e voce (come del resto Alice stessa), culminato, nel bis, con La cura, pressoché imposta dal pubblico.

L’altra presenza di spicco della prima serata era Angélique Kidjo (Premio Tenco all’artista straniera), grande voce del Benin che ha saputo trascinare la platea lungo i suoi sentieri gioiosi e un po’ sovrabbondanti. Dall’Africa (Senegal) proviene anche Badara Sek, che però è in Italia da anni e che l’ultima sera ha illuminato con la sua vocalità quasi inaudita il set di Mauro Pagani, chiusosi (e con esso la rassegna) sulle immancabili note di Domani, “prestata” dal bresciano alla causa dell’Abruzzo, e che ospitava anche Z-Star, londinese con genitori di Trinidad, a cavallo fra country e reggae. Le altre due presenze straniere profumavano invece di Argentina. Di lì arrivò molti anni fa Flaco Biondini, storico chitarrista di Guccini, il quale gli ha consegnato la targa “I suoni della canzone”, destinata da alcuni anni ai musicisti che più hanno contribuito all’affermarsi della canzone d’autore italiana (Bandini, Quirici e Villotti i precedenti). E dall’Argentina arriva anche Daniel Melingo, bizzarro cantattore/mimo/ballerino in bilico fra tango, cabaret e lividezze “underground”, parso peraltro sopra le righe, con poca sostanza (e troppa enfasi, invece, in contrasto con i profumi pudichi del miglior tango) in rapporto alle bocche di fuoco messe in pista.

Pagani Sek.Sempre la prima sera (Melingo era nella seconda), oltre agli Yo Yo Mundi, francamente lontani dalla vitalità degli esordi, si sono registrate tre presenze che ci inducono ad aprire la parentesi-debuttanti. Giovedì 12 c’erano anzitutto gli Elisir, a ribadire quanto la targa assegnata dalla giuria dei giornalisti (come tutte le altre, di cui diremo) come miglior opera prima dell’anno al loro “Pere e cioccolato” sia stata assai generosa. Il gruppo milanese può vantare certo un’ottima confezione (la “bella presenza” della cantante Paola Donzella ne è un po’ il paradigma), ma graffia poco. Senz’altro più congruo – almeno per chi scrive – sarebbe stato premiare per esempio “Lo so che non c’entra niente” (secondo) di Franco Boggero, a sua volta esordiente (a cinquantasei anni, però: nella vita è storico dell’arte), che sabato sera, con la sua arguta e soffice “domesticità”, ha rappresentato la migliore nuova (!) proposta, ben oltre l’imberbe Dente (gradevole, peraltro), i volenterosi post-waits/caposseliani Ex e Alessandro Mannarino, il pur accattivante Piji, i piuttosto improbabili – ad onta dei grandi peana spesi in sede di presentazione – Momo (che si coniuga al femminile) e Edgardo Moia Cellerino.

Kidjo_TencoResta da dire delle esibizioni per cui più è valsa la pena muoversi alla volta di Sanremo per il Tenco 2009. Max Manfredi, anzitutto, geniale ex-puledro (oggi cavallo) di razza il cui splendido “Luna persa” ha vinto quasi plebiscitariamente la targa come miglior album dell’anno (e la concorrenza vantava i nomi di Conte, Capossela, Fossati e compagnia cantante). E poi (anzi appena prima, in avvio di seconda serata) lo stesso Vinicio Capossela, prodottosi (fra l’altro nelle due gemme dell’ottimo “Da solo”, Dall’altra parte della sera e Il paradiso dei calzini) con trio di “strumenti inconsistenti” (la definizione è sua): bicchieri, sega ad arco e theremin. E poi ancora Morgan, magari sempre un po’ sovraesposto nella sua fame di suoni, ma ammirevole per spirito di ricerca (quando non sta su RaiDue, s’intende). E poi Enzo Avitabile e Ginevra Di Marco, rispettivamente targa per il miglior album in dialetto (“Napoletana”) e d’interprete (“Donna Ginevra”). Il primo ha catturato con i morbidi profumi della sua ultima fatica (per sbizzarrirsi poi, però, nell’ultimo degli abituali dopo-spettacolo, che sono ormai leggenda, col suono grondante del suo sax tenore), la seconda sfoggiando una volta di più una voce cristallina quanto imponente.

Vittorio De Scalzi, infine, ha portato in scena un assaggio del suo imminente album dedicato al poeta Riccardo Mannerini, un paio di brani inediti (uno proprio su Luigi Tenco) alternati ad altrettanti ripresi dal celebre “Senza orario senza bandiera”, che nel lontano 1968 costituì, complice un certo Fabrizio De André, il primo esempio di concept album nostrano (testi sempre di Mannerini, musiche e interpretazioni dei New Trolls, di cui com’è noto De Scalzi è membro fondatore). Ora l’augurio è ovviamente che ci si possa ritrovare tutti nel 2010. Magari con un tappabuchi (colui che tiene compagnia nei cambi di palco) brillante come quest’anno è stato Paolo Hendel.

Links

www.clubtenco.it

www.myspace.com/clubtenco

it.wikipedia.org/wiki/Club_Tenco

Foto di Alberto Bazzurro

di Alberto Bazzurro